lunedì 15 aprile 2024
Il testo di un emendamento al decreto Pnrr su cui il governo ha prontamente messo la fiducia, che si limita peraltro a ribadire quanto già previsto all’art. 2 della legge, scatena il putiferio
Un colloquio in un consultorio

Un colloquio in un consultorio - Fotogramma

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Le Regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, «possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». Il testo di un emendamento al “decreto Pnrr” su cui il governo ha prontamente messo la fiducia ieri, che si limita peraltro a ribadire l’attuazione di quanto già previsto all’art. 2 della legge 194 sull’aborto, ha scatenato un putiferio di parte delle opposizioni contro la maggioranza. La proposta, a prima firma di Lorenzo Malagola di Fdi, è passata in commissione Bilancio, ma il solo aver evocato il coinvolgimento delle associazioni “pro-life” nei consultori rappresenta un atto «vergognoso», l’»ennesima offesa ai diritti della donna e alla sua autodeterminazione», a sentire M5s e Pd.

Oggi a Montecitorio si prevede dunque una seduta infuocata dopo mezzogiorno, quando sono previste le dichiarazioni per il voto di fiducia sul decreto per il completamento dell’attuazione del Pnrr (mentre alle 14 inizierà la chiama). La polemica è definita «dal notevole tasso ideologico e strumentale» da Domenico Menorello: il coordinatore del network “Sui tetti” ha sottolineato che «si tratta della mera trasposizione di una facoltà nota all’ordinamento» e «di per sé auspicabile alla luce del principio di sussidiarietà orizzontale». E, in effetti, la 194 già prevede che i consultori «possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono aiutare la maternità difficile dopo la nascita». I primi a infuriarsi, invece, sono stati i rappresentanti del M5s nelle commissioni Affari sociali di Camera e Senato: «Viviamo in un Paese in cui il diritto all’aborto, all’interruzione di gravidanza è già sotto attacco, in cui le donne devono viaggiare fuori provincia o addirittura fuori regione per riuscire ad abortire - sostengono -. E mentre altri Paesi inseriscono la tutela del diritto all’aborto in Costituzione, l’Italia sceglie di fare un ulteriore passo indietro. Noi continueremo a opporci a questa politica oscurantista del governo Meloni».

A stretto giro ha alzato la voce anche il Pd, con Silvia Roggiani e Marco Furfaro, responsabile welfare: «Questo governo continua nella sua battaglia contro i diritti delle donne e contro il diritto all’interruzione di gravidanza. Ci batteremo in Parlamento e fuori, a fianco alle associazioni femministe». Mentre Francesco Boccia, capogruppo Pd in Senato, ha criticato il «modo, quasi di soppiatto in un decreto sul Pnrr», con cui «la destra prova ad assestare un altro colpo alla libertà delle donne. Invece di garantire loro servizi e stabilità, scegli d’indebolire luoghi fondamentali con figure appartenenti ad associazioni senza specifiche competenze». In passato, già il Piemonte a guida centrodestra ha deciso di dare spazio anche ad associazioni “pro-vita” nei consultori. Mentre nel Lazio, Regione guidata da Francesco Rocca (vicino a Fdi), maggioranza e opposizioni si sono scontrate invece sull’esclusione dei consultori dalla gestione dei “bonus mamme”.

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