martedì 28 agosto 2018
La pastora etiope denuncia il vicino. A Trento scatta la gara di solidarietà
Agitu Ideo Gudeta mentre pascola le sue caprette in val dei Mocheni

Agitu Ideo Gudeta mentre pascola le sue caprette in val dei Mocheni

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Non riesce più a dormire, s’immagina ogni notte la stalla bruciata, le sue capre sgozzate. Finora aveva realizzato un grande sogno d’integrazione, Agitu Ideo Gudeta, la quarantenne pastora di origini etiopi, raccontata per la sua “migrazione felice” dai media internazionali. Vive invece da mesi con un incubo che il 14 agosto ha deciso di denunciare ai carabinieri: un vicino di casa che la perseguita e l’ha aggredita due volte, urlandole in faccia «ti uccido, brutta negra», facendole poi trovare uccisa una delle sue 140 caprette, con le mammelle tagliate da un coltello.

I documenti non mancano: Agitu ha consegnato alle forze dell’ordine una testimonianza video in cui l’assalitore la minaccia con un bastone dicendole «Pensi di farmi paura?», prima di strapparle il cellulare. Ora è indagato per stalking con l’aggravante di odio razziale nel fascicolo aperto dalla magistratura trentina. E la notizia ieri ha scosso la piccola valle e gli amministratori, pienamente solidali con «questa ragazza semplice e solare che ci ha portato un fascio di energia e di luce incredibile», come dichiara Bruno Groff, il sindaco di Frassilongo, che tre anni fa ha favorito l’avvio della sua impresa d’allevamento, mentre il governatore del Trentino Ugo Rossi auspica che «la vicenda si possa ascrivere più alla sfera della prepotenza e delle patologie ossessive che al razzismo».

Fra i primi messaggi anche quelli degli amici della val di Gresta, dove Agitu aveva insediato la sua azienda di prodotti prima di trasferirsi in val dei Mocheni, dove produce anche creme biologiche, rilancia la razza “pezzata mochena” e collabora con le donne dell’associazione che raccolgono lana: «Ci tengo a dire che i trentini mi hanno avvolto con la loro simpatia; quella persona non appartiene a questa cultura di accoglienza », distingue nel suo preciso italiana (si è laureata vent’anni fa in Sociologia a Trento).

Proprio lei che era stata costretta a fuggire da Addis Abeba nel 2010 dal governativo Fronte di Liberazione del Tigrè per il suo impegno coraggioso contro il land grabbing, l’accaparramento di terra da parte delle multinazionali. E al recupero della terra incolta si era dedicata nella valletta della minoranza etnica, trovando supporto dal Comune mocheno e dalla Provincia (che l’ha invitata con i suoi formaggi caprini a presenziare all’Expo di Milano nel 2015 e poi al Salone del Gusto), dentro un progetto di agricoltura sostenibile che porta l’etichetta della sua azienda 'Le capre felici'.

Finora le 140 bestie lasciate pascolare su 11 ettari di prati incolti doveva temere solo l’orso, ora invece il pericolo viene da un uomo. Che ha apostrofato con epiteti razzisti anche l’aiutante del Mali che in queste settimane dà una mano ad Agitu. Un’altra attenzione per cui la mite pastora etiope si batte come “leonessa gentile” è quella di accogliere al lavoro riabilitativo altri richiedenti asilo, come un altro ragazzo del Gambia che negli anni scorsi al pascolo con le sue capre ha ritrovato sicurezza e voglia di vivere. Nella primavera scorsa “Agi” aveva preferito non parlare troppo di questa sua condivisione in un’intervista al settimanale diocesano Vita Trentina: probabilmente già era sotto il tiro della minaccia di chi ora le ripete: «Voi non potete stare qua, tornatevene al vostro paese». E fra i tanti a sperare che Agitu possa ritrovare tranquillità ci sono i fedelissimi clienti che ogni giovedì mattina la incontrano al “mercato contadino” a Trento.

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