martedì 13 maggio 2025
Aumenta il pressing europeo per la ratifica del Meccanismo. Salvini si intesta il no e alza la posta: «Riprendiamoci i soldi italiani messi nel salva-Stati»
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Anche se il pressing di Bruxelles si fa ogni giorno più serrato, la possibilità che Roma ratifichi la riforma del Mes nei tempi auspicati dai partner dell’Unione è ancora piuttosto remota. Il partito della premier è contrario, la Lega di più e Forza Italia, che a determinate condizioni sarebbe anche favorevole, non sembra farne un dramma. Senza gli altolà di Giorgia Meloni e Antonio Tajani, nessuno ha potuto impedire Matteo Salvini di alzare la posta, fino a proporre di riavere indietro i soldi destinati dall’Italia al fondo salva-Stati.
Il capo del Carroccio non ha lasciato margini all’interpretazione, spiegando che la Lega «non ratificherà mai» il Mes, perché «dalla trasformazione in salva-banche non avremmo nessun vantaggio, visto che i nostri istituti godono di ottima salute». Meglio piuttosto «liquidare la quota italiana per riprenderci i nostri quindici miliardi con cui potremmo abbassare le tasse, fare investimenti e aumentare le pensioni, lasciando liberi gli altri di fare quello che vogliono». Non che Fratelli d’Italia la pensi troppo diversamente, anzi per il vicecapogruppo in Senato, Raffaele Speranzon, il no al Mes è addirittura «una scelta di responsabilità verso l'Italia», perché si tratta di «uno strumento profondamente inadeguato» e «privo di qualsiasi visione strategica utile alla crescita», oltre ovviamente a mettere a rischio «la sovranità economica degli Stati» con «commissariamenti mascherati». Per di più, ha ricordato ancora Speranzon, non è mai stato utilizzato come garanzia alla stabilità finanziaria degli Stati e «i Paesi che oggi ne chiedono l'adozione eviterebbero di ricorrervi per non subirne le condizioni capestro».
Visto il quadro, Forza Italia non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione. Anche perché di fatto, per dirla con il portavoce nazionale Raffaele Nevi, «nel programma di governo il Mes non c’è» e quindi «non c’è neanche un vincolo di maggioranza». «Il Mes non è una priorità», ha sostenuto lo stesso Tajani, e anche se «non siamo contrari per principio, abbiamo forti dubbi sulla carenza di controlli e sul fondo. Saremmo pronti a votarlo se ci fosse il controllo democratico».

Le preoccupazioni che mancano in maggioranza abbondano però tra le opposizioni, fatta eccezione per il Movimento 5 stelle. Per il capogruppo dem in commissione Affari europei della Camera, Piero De Luca, il governo «sta giocando con il fuoco», mettendo in pericolo la credibilità del Paese e «la tenuta finanziaria dell'Ue». Ormai, ha aggiunto, «siamo gli zimbelli d’Europa: si calendarizzi immediatamente la ratifica e si ponga fine alla narrazione demagogica e deleteria della destra su questa vicenda». Con Salvini se l’è presa Carlo Calenda, convinto che le parole del leader leghista «non hanno nessun valore tranne che per far fare al governo italiano la figura di un governo confuso e nel pieno del caos». Salvini, ha incalzato, «ha fatto fortuna dicendo “fuori dall'euro!” e ha finito per appoggiare il governo Draghi: a uno così, quando dice una cosa, gli si dovrebbero fare le pernacchie e neppure discuterne». Più o meno lo stesso concetto espresso da Luigi Marattin, deputato e fondatore del Partito Liberaldemocratico, per il quale quelle del ministro dei Trasporti non sono altro che «balle sovraniste» e «cialtronate». Solo Giuseppe Conte ha un’opinione diversa e ieri ha anche confidato che un Consiglio Europeo informale l'allora cancelliera tedesca Angela Merkel premeva perché l'Italia accettasse di prendere soldi in prestito dal Mes. «Ma se avessimo acconsentito – ha rivendicato - non ci sarebbe stato Next Generation Eu». In ogni caso il dibattito sul Mes, ha aggiunto, non mi appassiona affatto, lo dissi a quel tempo e non ho cambiato idea».

Cos'è il Mes

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) nasce nel 2019 dal vecchio fondo salva-Stati, che l'Ue ha voluto riformare dopo il salvataggio della Grecia per rimuoverne il controverso Memorandum che imponeva tagli e riforme lacrime e sangue in cambio degli aiuti. La riforma eliminerebbe il Memorandum per sostituirlo con una lettera d'intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità. Un elemento, quest'ultimo, che metterebbe alle strette i Paesi con deficit e debiti alti, che non potrebbero fare altro che accedere a una linea di credito “a condizionalità rafforzata”, ovvero ricevere aiuti solo a fronte di correzioni dei conti. Il nuovo Mes fornisce inoltre un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora dovesse finire le risorse a disposizione per completare i “fallimenti ordinati” degli istituti in difficoltà. Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi, ed è uno dei tasselli mancanti dell'Unione bancaria.

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