sabato 10 maggio 2025
Al congresso della società scientifica Fadoi, la fotografia dei primari: carenze di personale, ricoveri impropri, scarsa prevenzione. Schillaci: al lavoro per ridefinire gli standard ospedalieri
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Reparti di Medicina interna sotto stress nel nostro Paese, con tasso di occupazione dei letti molto alto, e in “overbooking” (cioè con più pazienti dei posti disponibili) nel 58% delle unità operative a livello nazionale, costringendo a collocare pazienti in sistemazioni di fortuna. E carenza di personale, che impedisce ai medici di fare ricerca in modo adeguato. È la fotografia che emerge da una indagine condotta dalla Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi), la società scientifica degli specialisti in Medicina interna, tra i primari in 216 reparti, tra i più grandi dei circa mille presenti nel nostro Paese, ma rappresentativi per almeno la metà di medici e posti letto.
La ricerca è stata presentata in occasione del 30° congresso della Fadoi che si è aperto oggi a Torino, a cui ha portato il suo saluto anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, annunciando nuovamente un decreto ministeriale che ridefinirà gli standard ospedalieri. Il presidente di Fadoi, Francesco Dentali, ha ricordato l’importanza – spesso misconosciuta – di una specialità che, con circa un milione di ricoveri l’anno, rappresenta circa il 50% di tutti i ricoveri non chirurgici nel nostro Paese. E che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, si pone come “medicina della complessità”, avendo in cura pazienti, spesso anziani, e affetti da più patologie.
Come spesso accade nella gestione della sanità, da 24 anni regionalizzata, la situazione si presenta molto variegata tra i diversi territori. Se infatti, secondo le segnalazioni degli internisti ospedalieri, Toscana (27%), Veneto (33%) e Piemonte (35%) presentano un livello di overbooking relativamente basso, Umbria e Sardegna sono al 100%, Lazio al 90% e Calabria all’83%. A scendere Abruzzo (71%), Emilia-Romagna (69%), Trentino-Alto Adige (67%), Basilicata (66%), Marche (62%), Sicilia e Liguria (57%), Lombardia (52%), Molise e Puglia (50%) e Campania (45%).
Va peraltro ricordato la riduzione dei posti letto ospedalieri è stata decisa con il Decreto ministeriale 70/2015 che stabilì uno standard complessivo di 3,7 posti letto ogni mille abitanti, con possibili differenze tra i diversi reparti. E richiedendo che si raggiunga un tasso medio di occupazione del 90% dei posti letto. Attualmente, secondo gli ultimi dati disponibili (relativi al 2023) del ministero della Salute sulle Schede di dimissione ospedaliera, il tasso medio di occupazione di posti letto nel nostro Paese, comprendendo tutti i reparti si colloca intorno all’80%. Ovviamente le Medicine interne, dove talvolta vengono ricoverati anche provvisoriamente coloro che escono da un Pronto soccorso, possono essere più spesso affollate.
Del resto, nel suo saluto al congresso Fadoi, il ministro Schillaci ha riconosciuto che «le Medicine interne oggi accolgono pazienti con bisogni assistenziali elevati, con necessità spesso di un continuo monitoraggio, con multiple fragilità e questo richiede una presa in carico integrata e competente». Tuttavia, ha aggiunto Schillaci, «ancora troppo di frequente la Medicina interna non trova un pieno riconoscimento nei modelli organizzativi regionali che collocano spesso le Medicine interne tra i reparti a bassa intensità. Proveremo a correggere questo con un decreto ministeriale che ridefinirà anche gli standard ospedalieri». Ma ha anche ammonito a non «pensare alla Medicina interna come a un serbatoio per supplire a carenze dei sistemi di assistenza sociale».
L’indagine ha evidenziato anche una carenza di personale nell’85,65% delle risposte dei primari Fadoi. Per cercare di ovviare almeno in parte a questo problema il ministro Schillaci ha rivendicato che, nell’ultima Manovra, è stato «aumentata la parte variabile del trattamento economico delle specializzazioni che sono considerate meno attrattive, tra queste anche la Medicina interna».
La carenza di personale rende difficile anche trovare il tempo per fare ricerca, lamentano i primari: il 48,61% non riesce proprio, e il 43,06% ne fa meno di quanto vorrebbe. E il presidente Dentali ricorda «dove si fa ricerca migliora anche la qualità dell’assistenza».
I primari Fadoi segnalano anche che una migliore rete di assistenza territoriale potrebbe evitare in media un ricovero su quattro. Così come una migliore attenzione alla prevenzione potrebbe evitare ricoveri inutili.
Per correggere questa situazione di sofferenza si guarda con un certo interesse alle Case di comunità e agli Ospedali di comunità, strutture intermedie, previste dal Decreto ministeriale 77/2022, che sono finanziati da fondi del Pnrr. In questo caso, il 72,2% dei primari Fadoi interpellati ritiene che le nuove Case di comunità potranno effettivamente ridurre il numero dei ricoveri, «ma bisognerà vedere come verranno realizzate».
Anche sul tema prevenzione, il ministro ha concordato sull’importanza di aumentare la quota di finanziamento, attualmente intorno al 5%: «Serve un cambio di passo: la prevenzione non è una spesa, ma un investimento». E ha riferito che si sta lavorando con le Regioni perché l’investimento salga almeno all’8%.

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