sabato 22 dicembre 2018
Nuovi problemi sul maxi-emendamento, che slitta alle 14 (con voto alle 20). Conte: nessun imbarazzo Il Pd occupa l’aula: «Trattati da zerbini». Bernini: «È Caporetto politica»
Senato ostaggio. Oggi il maxi emendamento in Aula
COMMENTA E CONDIVIDI

Slitta ancora una volta la presentazione del maxi-emendamento alla manovra, atteso invano per altre 24 ore. E al Senato si infiamma lo scontro politico, con le opposizioni che fanno le barricate contro l’«esproprio del Parlamento». Il nuovo testo, che per recepire l’esito del compromesso con Bruxelles sul deficit rivoluziona quello votato dalla Camera, arriverà solo nel primo pomeriggio di oggi, alle 14, direttamente nell’aula di Palazzo Madama. Salvo nuove sorprese. Dopo il "salto" della commissione Bilancio, l’aula avrà una manciata di ore per esaminare un testo di 253 pagine, stando all’ultima bozza. Il voto di fiducia sulla legge di Bilancio è fissato intorno alle 20. L’annuncio è arrivato ieri pomeriggio al termine della riunione dei capigruppo, protrattasi per ore in attesa di notizie sul nuovo testo, ma la sostanza era già stata anticipata a Palazzo Chigi da Matteo Salvini e dal premier Giuseppe Conte. «Sono sufficientemente sicuro che domani (oggi per chi legge, <+CORSIVO50>ndr<+TONDO50>) arriva il maxiemendamento alla manovra e non ci saranno ulteriori slittamenti», ha risposto il vicepremier ai cronisti dopo il Consiglio dei ministri. Più sfumato il capo del governo: «Siamo al rush finale, in zona Cesarini... confidiamo che nella giornata di sabato la legge possa essere approvata al Senato».

Sul ritardo nella presentazione non c’è una spiegazione ufficiale. Ma il motivo sta nel fatto che la Ragioneria ha bisogno di altro tempo per poter leggere approfonditamente le nuove carte e tabelle presentate. Le modifiche introdotte a valle dell’accordo con l’Europa comportano infatti una forte variazione dei saldi complessivi attraverso l’introduzione di una serie di misure volte a contenere la spesa pubblica e aumentare le entrate.

In rivolta le opposizioni. «Per la prima volta il Parlamento non avrà modo di vedere la manovra, siamo contro la Costituzione, è una vergogna, pensano che Palazzo Madama sia lo zerbino del governo», ha commentato il capogruppo del Pd in Senato, Andrea Marcucci, durante una simbolica occupazione dell’aula. Per Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia «siamo alla Caporetto politica del governo che fa una cosa sconcia contro il popolo italiano, incapace di presentare in Parlamento il maxi-emendamento. Ci chiediamo cosa stanno nascondendo agli italiani», ha affermato annunciando il gesto del gruppo, che in aula ha voltato le spalle ai banchi del governo. Mentre Stefano Fassina (Leu) si domanda «se l’Italia sia ancora una democrazia parlamentare» e Giorgia Meloni, leader di Fdi chiede ironicamente che sia «il commissario europeo Moscovici a riferire i Parlamento sulla legge di bilancio», perché «non se ne può più di rinvii».

Una protesta partita già giovedì sera con le dure critiche alla maggioranza lanciate da Emma Bonino e proseguita ieri mattina con quelle di Mario Monti. Accuse alle quali il presidente del Consiglio ieri ha risposto tirando in ballo l’Europa: «Ci sarebbe piaciuto lasciare un più ampio margine e agio al Parlamento per poter discutere la manovra. Ma non abbiamo alcun imbarazzo né senso di colpa. Il negoziato si conduce tra due parti e se fosse dipeso da me lo avrei concluso il giorno dopo. Non mi devo giustificare se abbiamo impiegato tutto questo tempo». Il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, ha contrattaccato sostenendo che «è la prima volta che la manovra la scrive il governo, ci vuole quindi più tempo rispetto al "copia e incolla" dei fax di Bruxelles a cui ci eravamo abituati». Mentre Stefano Patuanelli, capogruppo 5s, ha ricordato che anche nel 2016 la manovra arrivò in aula senza un voto in commissione. Parole che non hanno convinto la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati: «Pur comprendendo le difficoltà che ci sono state» nell’interlocuzione con l’Europa, «mi corre l’obbligo di invitare la maggioranza e il governo ad avere un percorso legislativo più regolare, non con questa tempistica a singhiozzo, e rispettoso dell’assemblea del Senato», è il monito lanciato nel pomeriggio.

Il clima di incertezza sui tempi e la forte contrapposizione politica ha finito per investire anche la conferenza stampa di fine anno del premier. Ieri mattina era stata messa in programma per oggi alle 11. Ma poche ore dopo è stata sconvocata e rinviata a dopo Natale. L’appuntamento era fissato proprio in Senato e le opposizioni avevano minacciato proteste. «Se Conte verrà qui a vantarsi di una manovra non presentata dopo averci umiliati, ci troverà ad aspettarlo», aveva annunciato Marcucci. Ormai è una corsa contro il tempo. Perché una volta approvata da Palazzo Madama la legge dovrà tornare alla Camera per il voto finale, tra il 27 e il 28 dicembre. Con lo spettro dell’esercizio provvisorio se i tempi dovessero allungarsi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: