lunedì 15 gennaio 2024
Il leader di “Noi moderati”:«Con il premierato si accetta la sfida di una democrazia decidente, in Parlamento natalità e libertà educativa diventino temi di tutti»
Maurizio Lupi

Maurizio Lupi - Fotogramma

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«Non si tratta di difendere un nostro spazio, dei ruoli, e nemmeno solo dei principi che abbiamo a cuore». Per Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, si tratta, per i cattolici, di «misurarsi con le sfide epocali che abbiamo davanti». Cita la denatalità, la libertà educativa, il lavoro, l’intelligenza artificiale. «È una sfida affascinante all’intelligenza della nostra fede. Ne va del futuro dei giovani». E da presidente dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, auspica che - come avvenuto per la legge sull’assegno unico per i figli - «il dialogo sia aperto a tutti e le soluzioni condivise».

Ma a 30 anni dalla fine dell’esperienza unitaria, l’accusa è di non essere né incisivi, né coraggiosi, né visibili.
Il tema ciclicamente ritorna, ma la prospettiva andrebbe ribaltata. Don Giussani, che da grande educatore non ebbe paura di confrontarsi con i cambiamenti epocali di 50 anni fa, diceva che «il metodo è imposto dall’oggetto». Non si tratta di imporre la nostra visione in un mondo di cui ci interessa poco. Perché tutto, alla luce dell’esperienza cristiana, ci interessa eccome, ci interpella. La vocazione a impegnarci per il bene comune ci viene, immutabile, dal catechismo, dalla Dottrina sociale della Chiesa. Ma cambiano le soluzioni, e con l’esplosione del Covid, delle guerre e ora con la rivoluzione in vista dell’intelligenza artificiale, non possiamo non interrogarci su come garantire la centralità della persona su cui è imperniata la nostra Costituzione, con quali strumenti, in un mondo che cambia così velocemente. E non possiamo non occuparci, come chiede il Papa, anche della sostenibilità ambientale, di che cosa sarà il nostro Paese fra 10 anni.
Ci si interroga, però, sugli strumenti politici da usare.
Il punto di partenza non può essere un nuovo partito. Si tratta, come dicevo, di partire dalla realtà. Di costruire opere, di garantire libertà, di sostenere esperienze reali in cui il cambiamento è già in atto. Don Sturzo il famoso appello ai “liberi e forti” non lo preparò a tavolino, il partito popolare nacque dopo aver girato l’Italia, ascoltando associazioni, conoscendo esperienze di economia sociale, istituti di credito legati al territorio. Da lì bisogna ripartire anche oggi.
Ma l’elezione diretta del capo del governo non rischia di penalizzare proprio i corpi intermedi cari a don Sturzo?
Il livello raggiunto di disaffezione dal voto impone di accettare la sfida di una democrazia decidente, per ridare al cittadino la possibilità di incidere. Con l’elezione diretta, ma anche con il ritorno a un sistema elettorale che permetta la selezione della classe dirigente.
Come ridare vera centralità al Parlamento?
Liberando la discussione dai retaggi ideologici che continuano a pesare:penso al dibattito sul salario minimo. Ci sono tanti ambiti su cui lavorare. Penso alla natalità. Alla centralità della scuola e alla libertà educativa. O alla conciliazione lavoro famiglia. Lavoriamo insieme per portare a 5 mesi i congedi parentali retribuiti all’80% (oggi sono già a due), e sulla parità scolastica per il raddoppio del tetto di detraibilità delle rette scolastiche, attualmente di 800 euro. La natalità, la libertà educativa non sono temi “cattolici”, ma priorità assolute per il futuro del Paese.

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