sabato 30 marzo 2019
Il corpo del giovane morto di freddo sulle Alpi è tornato in Togo. L'articolo che «Avvenire» gli aveva dedicato, facendo visita alla sua famiglia, è stato ripubblicato da un giornale togolese
Un momento dei funerali di Taminou Derman (Sadate Boutcho)

Un momento dei funerali di Taminou Derman (Sadate Boutcho)

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Sono le 2:07 di giovedì mattina all’aeroporto internazionale Gnassingbé Eyadema di Lomé. L’aereo della Royal Air Maroc è appena atterrato. All’interno c’è la bara di Tamimou Derman, il migrante togolese morto assiderato tra le Alpi mentre cercava di attraversare a piedi il confine dall’Italia verso la Francia.

Da oltre tre ore, un gruppo formato da una decina di familiari e amici attende paziente ai bordi della strada. Le guardie dell’aeroporto gli hanno detto di aspettare fuori dalla struttura. Sono solo uomini: padre, fratelli, cugini, zii e qualche amico d’infanzia. Hanno percorso tre ore di strada da Madjaton, il villaggio dove è cresciuto Tamimou. Il furgone bianco noleggiato per il viaggio avrà il compito di riportare indietro il corpo del ragazzo morto a 29 anni. Dopo essersi seduti al tavolo dell’unico bar ancora aperto, il gruppo spiega cosa è successo in queste settimane. «Un nostro cugino che vive in Italia ci ha dato la notizia settimana scorsa», racconta ad Avvenire Samoudine Derman, il fratello maggiore. «Ha raccolto i soldi per rimpatriare Tamimou. Siamo molto contenti – continua Samoudine –, finalmente potremo seppellirlo».

Il migrante togolese era ancora vivo quando è stato trovato da un camionista lo scorso 7 febbraio sul ciglio della strada statale 94 del Colle del Monginevro. Come altri suoi compagni, Tamimou ha rischiato la vita per raggiungere clandestinamente la Francia dall’Italia. L’ambulanza l’ha trasportato nell’ospedale di Briançon dove il giovane ha però esalato il suo ultimo respiro. «Ringraziamo molto la stampa italiana per aver parlato di Tamimou – afferma Sadate Boutcho, un amico d’infanzia –. Dopo aver recuperato la bara torneremo subito al villaggio per il funerale». La cerimonia è stata annunciata su una radio locale. «Siamo musulmani, abituati a interrare il corpo il prima possibile e a ricevere per giorni le persone che vogliono dare l’ultimo saluto – afferma con un tiepido sorriso Isak, un altro amico e coetaneo della vittima –. Nel caso di Tamimou abbiamo però aspettato quasi due mesi».

Il 19 febbraio Avvenire aveva pubblicato la storia del migrante intitolata 'Il sogno spezzato di mio figlio'. Lo stesso articolo è stato ripubblicato sul giornale togolese L’Alternative il 22 febbraio. «È preoccupante che a parlare della morte di un nostro fratello sia stata prima la stampa italiana rispetto a quella togolese», ha ammesso Ferdinand Mensah Ayite, direttore della rivista. Nei giorni seguenti, per volere della famiglia Derman, due buste con dentro entrambi gli articoli e una lettera di richiesta di aiuto per il rimpatrio del cadavere sono state consegnate alla presidenza e al ministero degli Affari esteri togolesi. Nel mentre, Ganiou, il cugino di Tamimou residente in Italia, si è occupato delle formalità in Francia. «Abbiamo raccolto almeno 3.500 euro per le spese del trasporto – spiega Ganiou, arrivato a Lomé in anticipo per assicurarsi che tutto andasse a buon fine –. Ho ricevuto sostegno da un’organizzazione francese di cui preferisco non rivelare il nome». Il bar chiude e ci ritroviamo in strada. Ganiou è andato a seguire le ultime formalità. Il tempo continua a passare.

Nessuno sa cosa stia succedendo con esattezza. Alle 4 e mezza di mattina, il padre di Tamimou, Inoussa Derman, si siede sul marciapiede vicino a un parente. Samoudine e gli altri si addormentano. Solo verso le 10 di mattina viene spedito ad Avvenire un messaggio con la foto della bara nel furgone. «Finalmente abbiamo recuperato il corpo – scrive Sadate –, il funerale è stato spostato quindi alle 3 del pomeriggio». La folla osserva la bara mentre viene calata in una buca scavata nella terra rossa di Madjaton. Il villaggio sprofonda nel silenzio. Potrà la morte di Tamimou arrestare la migrazione dei togolesi verso l’Europa? «Qui non c’è lavoro – aveva spiegato Isak durante l’attesa fuori dall’aeroporto –. Ho studiato da meccanico e, nonostante la drammatica fine di Tamimou, sono pronto a partire verso l’Italia o la Francia».

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