giovedì 19 settembre 2019
Il conduttore parla di "amore" e si scatena la polemica. Lui si difende, ma all'ordine dei giornalisti arrivano gli esposti. La donna prima ringrazia, poi si dichiara turbata
Bruno Vespa e Lucia Panigalli nella trasmissione "A Porta a Porta" del 17 settembre su RaiUno (Ansa)

Bruno Vespa e Lucia Panigalli nella trasmissione "A Porta a Porta" del 17 settembre su RaiUno (Ansa)

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Le intenzioni sicuramente erano buone: portare all'attenzione il dramma di una donna massacrata dal suo ex, che dopo la galera ora vive a un passo da lei facendole vivere uno stato di continua insicurezza. Ma non sempre le buone intenzioni bastano: qualche frase oggettivamente sbagliata, qualche ammiccamento di troppo e Bruno Vespa, che mercoledì sera a Porta a Porta ha intervistato Lucia Panigalli, si è trovato al centro della bufera.

Nel mirino alcune sue frasi, estrapolate da un colloquio ben più lungo, che rilanciano alcuni dei più pericolosi fraintendimenti sulla violenza contro le donne. "Lui era così follemente innamorato di lei da non volerla dividerla, finché morte non vi separi, proprio", incalza Vespa. E Lucia: "Quando si usa la parola amore in casi come questo mi si accappona la pelle", replica lei. Ma il giornalista non la ascolta neppure, e insiste: "Quanto è durato il vostro amore?". Ma come, lei ha appena detto che non si può parlare di amore, e Vespa insiste?

Un altro passaggio contestato è questo: "Lui la picchiava", afferma Vespa. E Lucia: "Ha cercato di uccidermi con un coltello.... ". "Be' se avesse voluto ucciderla l'avrebbe uccisa". Una frase oggettivamente inaccettabile, che sminuisce la gravità del gesto dell'aguzzino di Lucia, e in un certo senso lo "assolve" dallo stesso reato per il quale è stato in effetti condannato, cioè il tentato omicidio.

Per la cronaca: Lucia il 10 maggio 2010 ha subito una aggressione dall'uomo con il quale aveva una relazione, Mauro Fabbri. Condannato a 9 anni e 4 mesi per tentato omicidio, è uscito con uno sconto di pena. Mentre era in carcere, aveva chiesto a un altro detenuto di uccidere la donna, promettendogli denaro e un trattore. Fu processato, ma fu assolto grazie all’articolo 115 per il quale se più persone complottano per commettere un crimine che poi non viene commesso, nessuno è imputabile. Mauro Fabbri è uscito dal carcere, vive vicino a Lucia Panigalli, la quale ogni volta che esce di casa deve avvisare i Carabinieri almeno un’ora prima per ottenere protezione.

Comunque, la vicenda non è finita qui. Sui social si è sviluppata la reazione di varie sigle femministe, con attacchi anche veementi (e talvolta violenti) al giornalista. La Rete delle Giornaliste Libere e Indipendenti GiULIA ha scritto: "Vespa attua in modo scrupoloso quella vittimizzazione secondaria della sopravvissuta ad un tentato femminicidio che viola oltre alla decenza tutte le carte dei doveri del giornalismo, compreso il manifesto di Venezia promosso da noi di GiULiA, dalla Commissione pari opportunità della Federazione nazionale della stampa e anche dal sindacato dell’azienda per cui lavora, l’Usigrai".

In seguito all'esposto di una cittadina, Vespa è stato deferito al Consiglio di disciplina dell'ordine dei giornalisti su richiesta dall'Odg nazionale e ora sarà sottoposto a procedimento disciplinare di prassi. Una nota della Commissione Pari Opportunità di Fnsi e Usigrai si rivolge ai vertici della Rai chiedendo come si possa tollerare "una tale, distorta, tossica rappresentazione della violenza contro le donne", riferendosi anche alla puntata del 12 settembre della Vita in diretta che descriveva l'uomo che a Piacenza ha ucciso la sua amica come "ossessionato" da lei.

E lui? Il giornalista si difende, ricorda di essersi scusato e precisa però di aver ricevuto, in chiusura di puntata, i ringraziamenti della donna intervista e del suo legale "per la sensibilità mostrata nei confronti di un caso umano". Rivendica la sua storia professionale, costellata di attenzione alle tematiche delle donne vittime di violenza. In effetti, non si può negare che aver portato Lucia Panigalli a Porta a Porta le garantisca un surplus di attenzione che può essere utile alla sua sicurezza.

Anche la reazione della donna pone qualche domanda: se è vero, come dice Vespa, che Panigalli ha ringraziato il suo intervistatore e lo staff di Porta a Porta, perché dopo 24 ore ha invece detto di sentirsi "profondamente offesa dal tono e dai modi" usati dal giornalista? Lei lo spiega con il concitamento, i ritmi veloci dell'intervista, l'emozione del momento che le ha impedito di capire cosa stava succedendo.

In serata l'amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini scrive di condividere "la forte contrarietà suscitata dai toni dell'intervista" e spiega che "considera la difesa e la tutela dei diritti delle donne un principio imprescindibile e indiscutibile della Rai, su cui non sono mai tollerabili equivoci. Assicuro che saranno svolti tutti gli approfondimenti necessari per fare chiarezza sulla vicenda".

A ogni modo, a prescindere dal caso di ieri, è necessario che nei casi di violenza alle donne e di femminicidio i giornalisti, che hanno l'enorme responsabilità di indirizzare l'opinione pubblica e il comune sentire, usino le parole giuste. Non si può parlare di amore ma di una relazione malata, né suggerire, in nessun modo, una corresponsabilità della vittima. I tribunali applicano la legge. I giornalisti raccontano i fatti. E la violenza è un fatto senza se e senza ma.

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