mercoledì 31 maggio 2023
Con due inondazioni a settimana, per l’Osservatorio sulle risorse idriche «la priorità assoluta è la manutenzione del territorio e il piano invasi»
I danni dell’alluvione in Romagna

I danni dell’alluvione in Romagna - Anbi

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L’alluvione in Emilia Romagna è l’ultima puntata di una lunga serie di disastri dovuti all’acqua. E proprio ieri, l’ultimo forte nubifragio, con strade completamente allagate. Una bomba d’acqua che ha riversato in poche ore nella zona del Meilogu 43,6 mm di pioggia. Un’eccezionale ondata d’acqua che ha divelto l’asfalto lungo la strada che collega il paese con Bessude. Il cimitero è stato completamente allagato, una fila di loculi è crollata e si registrano danni in molte parti.

L’ultimo evento estremo di una lunga serie. Una sequenza che ha percorso l’Italia in lungo e in largo e che è arrivata dopo un’ondata di siccità che ne ha amplificato gli effetti. A far il conto su quanto accaduto ci ha pensato l’Anbi (l’associazione dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue) che ha messo in fila gli eventi che hanno squassato il Paese. Con un risultato: nel 2022 le alluvioni sono state 104, due alla settimana. Nei primi 60 giorni dell’anno l’Italia è stata toccata da tre “medicane” (uragani del Mediterraneo). Nel 2023 siamo già arrivati a 73 eventi estremi.

«Tutto questo dovrebbe sollecitare un grande piano di manutenzione del territorio, la più importante opera pubblica di cui l’Italia ha bisogno», dice Francesco Vincenzi, presidente di Anbi. A scorrere l’elenco c’è davvero da perdersi in un mare di acqua e fango. Basta qualche esempio. Il 5 agosto 2022 in Val di Fassa piogge fino a 123 millimetri che in un’ora provocano allagamenti, frane, torrenti esondati ed oltre 150 persone evacuate. Dopo pochi giorni (il 12 agosto) è la volta di Calabria e Sicilia, ma anche Stromboli. Da Ferragosto in avanti, nubifragi e vento forte perseguitano Emilia, Liguria, Toscana e Veneto: 2 morti e 100 evacuati. Stato di emergenza in Toscana e Veneto, stato di crisi in Emilia Romagna. A metà settembre le Marche sono percorse da un’alluvione che fa 13 vittime, 150 sfollati, 2 miliardi di danni. Il 21-22 novembre sulla Campania arriva il Ciclone Poppea. Sabato 26 novembre la tragedia di Ischia: in una mattinata piovono 170 millimetri di acqua. La frana di Casa Micciola uccide 12 persone e ne ferisce 5, gli sfollati sono 450, la case danneggiate 40. Fino a dicembre, altre grandi piogge bersagliano Sicilia e Calabria. Il 3 dicembre 2022 in provincia di Messina piovono quasi 300 millimetri di acqua. E il 2023 non è da meno. In gennaio una serie di “bombe d’acqua” percuote la Campania.

In febbraio un medicane rovescia sulla Sicilia 309 millimetri di pioggia in 48 ore. In maggio le alluvioni in Emilia-Romagna, Toscana e Marche provocano 14 morti e miliardi di danni. Pochi giorni fa, poi, tra Sicilia e Sardegna si scatenano altri nubifragi. L’Italia, dopo aver rischiato di morire di sete, finisce travolta da un mare di fango. Con tutte le conseguenze del caso, prima di tutto in vite umane e poi in termini economici. Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, sottolinea: « In Italia, ogni anno, si spendono circa 4 miliardi per riparare i danni da frane e alluvioni; di fatto, però, ai cittadini viene risarcito solo il 10%». E non basta. Anbi ricorda di aver presentato un piano di 858 interventi per aumentare la sicurezza idrogeologica e che «con un investimento di 4 miliardi e 439 milioni di euro, garantirebbe oltre 21.000 posti di lavoro».

La morale? Basterebbe una cifra quasi pari a quanto si spende in un solo anno per le emergenze, per iniziare davvero a gestire meglio il territorio dal punto di vista delle acque.

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