lunedì 1 aprile 2019
Il segretario generale aggiunto Gilmour: «Stranieri sottoposti a "orrori inimmaginabili", anche da parte delle autorità, dal momento in cui entrano nel Paese»
Foto Alessio Romenzi / Unicef / Ansa

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Restano ancora molte domande sul "dirottamento" della petroliera con 108 migranti sbarcati a Malta. Gli investigatori de La Valletta stanno riesaminando le dichiarazioni dell’equipaggio, e in particolare la posizione del comandante libico. Intanto dalla Libia arrivano altre accuse ufficiali sul trattamento inumano riservato dalle autorità ai migranti.
A La Valletta su una cosa le indagini concordano: i migranti non volevano tornare in Libia ed erano disposti anche a gettarsi dalla nave. Timori più che fondati. Dopo le smentite di Onu e Ue al ministro Salvini, che in una direttiva aveva considerato la Libia come «Paese affidabile», arrivano adesso nuove valutazioni dalla missione Onu a Tripoli e dall’Altro commissariato per i diritti umani, che descrivono condizioni orribili.
Il 21 marzo nel corso di un aggiornamento nella sede Onu di Ginevra, il segretario generale aggiunto per i Diritti umani, Andrew Gilmour, ha rinnovato la preoccupazione: «I migranti vengono sottoposti a "orrori inimmaginabili" dal momento in cui entrano in Libia». Gilmour ha confermato la veridicità della relazione dell’Unsmil, la missione delle Nazioni Unite a Tripoli, che a dicembre aveva documentato «gravi violazioni dei diritti umani e abusi sofferti da migranti per mano di funzionari statali e membri di di gruppi armati, così come le atrocità commesse dai trafficanti». La quotidianità per i migranti è fatta di continue «torture e maltrattamenti» che anche nei centri di detenzione governativi «continuano senza sosta».

Gilmour ha anche riferito di avere incontrato in Niger nei giorni scorsi un gruppo di «migranti e rifugiati recentemente liberati dalla detenzione in Libia». Ognuno di loro, «donne, uomini, ragazze e ragazzi, era stato stuprato o torturato, molti ripetutamente con scariche elettriche. Tutti hanno testimoniato sulla tecnica estorsiva diffusa, in base alla quale i torturatori costringono le vittime a chiamare le loro famiglie a cui fanno ascoltare le urla dei propri cari che, minacciano, continueranno fino a quando pagheranno un riscatto». Il giorno prima, riferendo davanti al Consiglio di sicurezza Onu a New York, l’inviato del Palazzo di vetro a Tripoli, Ghassam Salamé, ha confermato il deterioramento delle condizioni di vita per i migranti e per i libici: «Si stima che 823.000 persone, inclusi migranti e 248.000 bambini, abbiano bisogno di assistenza umanitaria in Libia». Parole che raramente ottengono una reazione delle autorità di Tripoli, al contrario di quanto avvenuto con una intervista nella quale Salamé accusava di corruzione la classe politica del Paese. Un nervo scoperto che ha visto reagire un’alleanza inedita. Di «insulto» hanno parlato l’Alto consiglio di Stato libico (Hsc) la Camera dei Rappresentanti (Hor), organismi che di solito si danno battaglia ma che davanti all’accusa di arricchirsi grazie alla propria posizione, hanno ritrovato l’unità. Salamé ad Al Jazeera aveva affermato che «i leader politici in Libia sono corrotti in maniera indicibile. Usano i loro posti per prendere il denaro e investirlo a loro beneficio all’estero».
L’attenzione internazionale, però, è spostata su Malta e il "dirottamento" di cui sono accusati i migranti. Il tribunale della Valletta ha confermato gli arresti con l’accusa di terrorismo per tre delle persone fermate al momento dello sbarco del mercantile "El Hiblu 1", dirottato verso Malta mentre stava apparentemente riportando verso la Libia un gruppo di 108 naufraghi. Si tratta di un 19enne e due minorenni di 16 e 15 anni. Secondo l’accusa, i tre hanno preso possesso della nave «con minacce e intimidazioni». Fonti militari maltesi dicono che non sono state però trovate armi e non è stata opposta alcuna resistenza al momento dell’abbordaggio da parte delle forze speciali maltesi. Secondo il codice penale maltese il dirottamento di una nave è un «atto di terrorismo» ed è questa l’accusa che è stata confermata oggi a carico dei tre arrestati.
Il capitano della nave non è indagato ma fonti di polizia hanno detto al "Times of Malta" di «non poter escludere» che il comandante libico abbia fornito una versione di comodo, e potrebbe rischiare l’accusa di traffico di esseri umani.

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