lunedì 31 luglio 2023
Nella terra del degrado dimenticato, dove spesso i migranti sono invisibili, il racconto drammatico di un padre nigeriano che in poche ore perde la moglie incinta al nono mese e il piccolo
La mamma Edith

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Il piccolo Emmanuel sembra dormire con la bocca aperta e i pugnetti stretti, come fanno tutti i neonati. La mamma Edith ha le braccia aperte come volesse abbracciare il suo piccolo. Ma Emmanuel e Edith sono morti, proprio mentre il piccolo stava per uscire alla vita. Una tragedia che però non fa notizia. Forse perché la mamma e il suo bimbo sono nigeriani. O forse perché il dramma è accaduto a Rosarno (Reggio Calabria), terra di immigrazione sfruttata, emarginazione, degrado. Dove per gli immigrati è difficile vivere, ma è più facile morire. Anche per cattiva assistenza sanitaria. Fin da piccoli. Ancor prima di nascere. Come Emmanuel e la sua mamma. Due morti che potevano essere evitate, con più attenzione, ascolto, vicinanza. Una vicenda sulla quale la Procura di Palmi vuole vederci chiaro, a partire dall’autopsia, ipotizzando il reato di omicidio colposo. Una storia comunque esemplare della condizione degli immigrati in questo territorio. Ce la racconta don Roberto Meduri, il parroco di riferimento di tanti immigrati della Piana di Gioia Tauro. Edith, 31 anni, e il marito Richard, di 25, anche lui nigeriano, vivono in un gruppo di case popolari all’ingresso di Rosarno. Appartamenti occupati, mercato degli affitti in nero, immigrati e italiani poveri. Cavi elettrici volanti per allacci abusivi, strade non asfaltate. Il degrado nel degrado. Richard non ha permesso di soggiorno, domanda respinta, ricorso inoltrato. Così è costretto a lavorare in nero. Edith è a casa, anche perché la gravidanza è difficile. È il primo figlio, ci tengono molto. Così si fa visitare spesso, fa analisi e controlli. Le hanno programmato la nascita per l’1 agosto, forse sarà necessario il parto cesareo. Il 26 luglio Edith non si sente bene. Si fa portare all’ospedale Morelli di Reggio Calabria. Ma le dicono che senza prenotazione non la possono visitare e che comunque il parto è imminente e deve stare tranquilla. Così torna a casa. Anche il marito si è tranquillizzato, così il 27 si sposta a Tropea per cercare lavoro. Lavoro nero, per lui non c’è altro. È in arrivo il piccolo e c’è bisogno di soldi. Saluta la moglie e parte. Verso mezzanotte la chiama al telefono. Le parla. Nessun allarme. Ma poi la mattina dopo, il 28 luglio, nessuno risponde alle sue chiamate. Corre a casa e trova Edith a terra. All’ospedale di Polistena accertano la morte della giovane donna. Provano a salvare il piccolo con un intervento urgente. Purtroppo non c’è nulla da fare. In poche ore si è passati dalla gioia alla morte.
Perché è così la vita degli immigrati in questo territorio. Nelle stesse ore arrivava a casa Sion, figlio di Beauty, anche lei nigeriana. Nato il 25 luglio, San Giacomo. Dorme col suo pigiamino bianco a pois blu con due allegri coniglietti. È una bella storia dopo un altro dramma. Poco più di un anno e mezzo fa Beauty stava aspettando il suo primo figlio. La avvertono che il piccolo ha una grave patologia al cuore e dovrà essere operato subito dopo la nascita. Le indicano anche l’ospedale dove andare. Ma le arrivano le doglie, la portano all’ospedale di Polistena, dove quell’intervento non è possibile. Nasce la figlia, ma non viene trasferita. Non viene attivato l’elisoccorso. Lei la allatta. Sembra andare tutto bene. Ma dopo quasi un giorno la bimba muore. Ora Beauty è felice col suo piccolo Sion. La vita che vince, proprio mentre la morte si porta via Edith ed Emmanuel. Emarginati in vita. Fino all’ultimo. Ma qualcuno ora è vicino a loro. Così saranno sepolti nel cimitero di Rosarno vestiti di bianco, lei con un abito da sposa, lui con un abitino da festa. Regalati da alcuni negozianti.
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