giovedì 5 dicembre 2013
«Incostituzionali il premio di maggioranza e la mancanza di preferenze». I giudici bruciano i tempi mandando un avviso al Parlamento: «È possibile approvare un nuovo sistema». Le motivazioni note solo nelle prossime settimane. Ora rimane una legge proporzionale con soglie differenziate. (Giovanni Grasso)
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Un colpo di spugna sul Porcellum, destinato a pesare grandemente sui prossimi sviluppi politici. Con una decisione lampo la Consulta ha di fatto cancellato i due aspetti più rilevanti e, insieme, più discussi della legge Calderoli, approvata nel 2005 e utilizzata nelle ultime tre elezioni politiche.Sotto la scure della Consulta sono dunque finiti l’abnorme premio di maggioranza per la Camera, che scattava senza il raggiungimento di alcuna soglia, e il listino dei candidati, eletti secondo l’ordine di presentazione e senza la possibilità, per l’elettore, di esprimere il voto di preferenza.Quello che rimane ora del Porcellum emendato – nel linguaggio giuridico si tratta di «dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale» – è una legge largamente proporzionale con soglie di sbarramento differenziate per Camera e Senato. Una sistema che, per quanto imperfetto, può essere utilizzato immediatamente in caso di elezioni anticipate. In questo modo, i giudici della Corte hanno evitato il cosiddetto vuoto legislativo – ovvero la mancanza di un sistema elettorale fruibile –  che avrebbe comportato gravi  problemi di carattere costituzionale. Non è invece accaduto quello che qualche giurista si era spinto a ipotizzare nella vigilia della decisione. Ossia che la Corte avrebbe potuto dichiarare incostituzionale l’intera legge, decretando in contemporanea la risurrezione del Mattarellum, ossia della legge elettorale che vigeva prima del Porcellum.La rapidità della decisione della Consulta fa capire che tra i giudici c’erano ben poche remore nel considerare fuori dalla Costituzione quei due aspetti del Porcellum. Ma, del resto, la decisione era nell’aria, dato che già da tempo la Corte Costituzionale aveva espresso forti perplessità sulla mancanza di soglie per far scattare il premio di maggioranza. I giudici avevano stigmatizzato la possibilità concreta che un partito del 20 per cento, in un quadro di forte frammentazione, potesse conquistare la maggioranza dei seggi in Parlamento. Le motivazioni della sentenza – – che sarà scritta dal giudice relatore Giuseppe Tesauro – saranno rese note nelle prossime settimane. La pubblicazione della sentenza coinciderà con la decorrenza degli effetti giuridici. In un comunicato stampa, emesso dopo la decisione, la Corte nota, ovviamente, che a questo punto nulla vieta alle forze politiche di trovare un accordo che superi il Porcellum azzoppato: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Esultano i promotori del ricorso, a cominciare dall’anziano avvocato Aldo Bozzi. Considerato fin qui un ottantenne visionario, da ieri passa alla storia della caduta della Seconda Repubblica. «È una vittoria per tutti i cittadini italiani: siamo tornati ad essere cittadini e non dei sudditi», è il stato il suo primo commento. La decisione della Consulta, comunque la si valuti, è destinata a creare un certo scompiglio nei piani di quelle forze politiche interessate alle elezioni anticipate prima del semestre. Ma anche, si spera, a spingere i partiti in Parlamento a trovare un’intesa per una legge elettorale che possa, insieme, garantire la governabilità e una maggiore capacità di scelta degli eletti da parte dei cittadini.
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