domenica 4 maggio 2025
Frassi (Prometeo): «Il Papa ha cambiato le cose. Alle suore di clausura ho detto: pregate per i bimbi abusati»
Massimiliano Frassi (sullo sfondo) durante un incontro con i bambini

Massimiliano Frassi (sullo sfondo) durante un incontro con i bambini

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«Mi occupo di vittime di abusi da 25 anni. Ma posso dire che non è cambiato nulla. Anzi la situazione è peggiorata. Perché il lato oscuro della Rete ha amplificato il fenomeno». Massimiliano Frassi, presidente dell’Associazione Prometeo, sceglie la Giornata nazionale contro la pedofilia (di cui lui stesso è stato tra i promotori) per lanciare l’allarme: oggi l’orco sbircia in cameretta attraverso lo smartphone. « I predatori, io li chiamo così, fingono di essere coetanei. Conquistano la fiducia dei ragazzini, specie magari di chi ha pochi amici e finalmente si illude di aver trovato chi lo capisce. Poi iniziano a chiedere di mandare immagini, e a quel punto scatta il ricatto. Ti mandano messaggi e video osceni, ti iniziano alle loro perversioni. E se ti ribelli, minacciano di dire tutto ai genitori. A quel punto entra in gioco il senso di colpa e di vergogna, l’arma migliore per i pedofili». Una leva morale che viene usata per alzare un muro verso l’esterno, che gli stessi genitori faticano a scalfire. « Ma sono proprio mamma e papà a dover vigilare: bisogna controllare l’attività online dei figli, spegnendogli lo smartphone alla sera. La maggior parte delle chat con i pedofili si svolge tra le 22.30 e l’una di notte…. Meglio ancora, non bisognerebbe dare il cellulare prima delle superiori». Isolamento e solitudine sono gli effetti collaterali di chi subisce abusi. La vittima non si confida, oppure quando trova la forza di farlo sono già passati tanti, troppi anni. Tempi lunghissimi, segnati da un atroce tormento interiore, trascorsi a puntare il dito più contro se stessi che verso i loro aguzzini.

«Gli abusanti ti manipolano. Ti dicono: “Ti piaceva…” Oppure: “Eravamo in due”. Una violenza psicologica che si somma a quella fisica, e che rende sempre molto difficile la denuncia. Mi viene in mente una donna lombarda che si rivolse a noi: sussultava a ogni cigolio, perché ricordava quando negli anni ’80 veniva chiusa in cantina dal padre insieme a altri bambini della cascina in cui viveva, costretta a mangiare da una ciotola. Alla fine era scappata con la madre, senza mai trovare la forza di rivolgersi alla polizia». Storie terribili, cui Frassi è purtroppo abituato. «Quando tengo delle conferenze racconto solo il 20%, perché altrimenti la gente lascerebbe la sala per l’orrore di certe vicende. L’anno scorso abbiamo seguito più di 3mila casi, e basti dire che l’età variava fra i 4 mesi e gli 86 anni. Segno da una parte che ci sono abusi pure sui neonati, dall’altra che tanti riescono a raccontare quello che hanno subito solo una volta divenuti adulti. Ma il nostro motto è: il dolore non può durare per sempre. E infatti nella sede della nostra associazione, vicino a Bergamo, ci sono due grandi fiocchi: uno rosa e l’altro azzurro. Sono il simbolo di tutti i bambini nati da chi è riuscito a superare il trauma. Spesso mi chiedono: perché lo fai? Hai subito abusi da piccolo? Per fortuna no, e proprio perché sono stato un bambino felice voglio aiutare chi ha visto calpestare la sua infanzia». Frassi conduce la sua battaglia con due armi. Tiene corsi di formazione, invitando esperti di Scotland Yard e Fbi, con cui collabora da anni. E poi organizza incontri in scuole e oratori, sempre molto partecipati. Di recente è stato addirittura in un convento di clausura.

«È stata un’esperienza intensa. Le suore mi hanno chiesto: ma cosa possiamo fare noi, da qui dentro, per questi bambini? Ho risposto: pregate per loro, ne hanno bisogno. La Chiesa può fare moltissimo, è necessario che sia al nostro fianco. Molti strumentalizzano i ruoli pseudoreligiosi, penso alle sette e ai finti esorcisti: la Chiesa può aiutare a capire che la fede è ben altro. Papa Francesco ha fatto molto, ha cambiato le cose non solo a parole ma con i fatti, sanzionando anche figure apicali che si sono macchiate di abusi. Occorre andare avanti su questa strada, tenendo presente che la pedofilia è anche e soprattutto un problema culturale, come ha ripetuto il vescovo di Bolzano, Ivo Muser, di recente». Guai però pensare che l’orco si nasconda solo in sacrestia. « Non è così, i pedofili si annidano ovunque ci siano bambini. Il mondo dello sport, ad esempio, ha grandi problemi di cui nessuno parla. In generale, nella società civile hanno contatti e coperture importanti. Si organizzano in reti e sanno bene come difendersi dalle accuse. L’importante è imparare a riconoscerli, anche se non è facile. Bisogna ricordare la favola di Cappuccetto Rosso: quando incontra il lupo nel bosco non gli si avvicina, perché non si fida. Ma quando entra in casa e lo vede travestito da nonna cade nel tranello».

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