Meno figli di dipendenti, tante spese: come cambiano i nidi aziendali
di Cinzia Arena
Un'iniziativa della Fondazione "Cresciamo il futuro" ha creato un meccanismo per far incrociare la domanda e l'offerta degli asili: sono 800 i posti in 10 città

«Molti degli strumenti ideati per combattere la denatalità, penso ad esempio all’estensione dei congedi parentali, rischiano di allontanare le neo-mamme dal mondo del lavoro e non di includerle». Romina Chirichilli, direttrice Risorse Umane di Open Fiber, va dritta al punto. Il problema delle donne non è restare a casa un mese in più dopo la maternità ma poter lavorare serenamente, e in maniera coerente agli studi fatti. Nasce dalla volontà di sostenere l’occupazione femminile, e di conseguenza le nascite, l’impegno di nove grandi aziende (oltre ad Open Fiber, A2A, Engineering, Eni, FiberCop, Fincantieri, Intesa San Paolo, Ita Airways e Leonardo) che hanno dato vita alla Fondazione “Cresciamo il futuro” con l’obiettivo di mettere in rete i loro asili nido aziendali, creando un modello diffuso sul territorio. Il progetto, nato dopo lo “svuotamento” dei nidi aziendali causato da un lato dall’inverno demografico che ha colpito il Paese e fatto salire in maniera esponenziale l’età media dei dipendenti e dall’altra dal cambiamento radicale delle modalità di lavoro con l’introduzione in maniera massiccia dello smartworking, ha avuto un’accelerazione grazie all’interesse dimostrato dal governo. È stato firmato prima un protocollo con il ministero del Lavoro e poi, martedì scorso, quello con il ministero per la Famiglia. All’inizio gli asili erano soltanto dieci adesso già sono diventati 26, compresi quelli convenzionati, con 800 posti a disposizione per i bambini da zero a tre anni in dieci città (Milano, Roma, Torino, Moncalieri, Firenze, Napoli, Trieste, Monfalcone, Bergamo e Brescia). Dopo una fase sperimentale e una di avvio si punta ad un’estensione maggiore, coinvolgendo tutto l’indotto delle aziende della Fondazione, destinate a crescere visto il grande interesse. «Ci sono già un’altra dozzina di grandi imprese che hanno chiesto di aderire – spiega ancora Chirichilli – ma la sfida sarà quella di includere in questo meccanismo anche i dipendenti della filiera che lavorano in piccole realtà». La rete diffusa avrà anche finalità sociali con posti riservati a bambini provenienti da famiglie in difficoltà. Il meccanismo di “match” tra lavoratore e asilo nido è semplice ed è ispirato ad una nota piattaforma di annunci immobiliari: le strutture a disposizione appaiono sulla mappa, con tutte le informazioni sul servizio offerto, sui posti disponibili e sulle modalità per raggiungerle. Per quanto riguarda le rette risultano più contenute rispetto a quelle dei nidi privati, ovviamente con livelli differenziati tra le diverse città. Le agevolazioni concesse ai dipendenti variano in base alle politiche di welfare adottate da ogni azienda. L’idea di fondo però è quella dell’equità: la retta non cambia se si è dipendenti dell’azienda, di un’altra della Fondazione o semplicemente residenti in zona. Particolare attenzione viene poi data alla qualità del servizio offerto con una certificazione delle strutture che vengono messe in rete.
La firma del protocollo con il ministero della Famiglia ha come finalità quella di far conoscere il progetto alle imprese, in modo che si arrivi ad una copertura di tutto il territorio italiano, ma soprattutto alle famiglie. Un modo per dire: le imprese ci sono, sono pronte a fare la loro parte. L’iniziativa «merita un’implementazione su scala più ampia» si legge nel protocollo anche perché l’ampliamento dei servizi educativi per la prima infanzia sostenuto anche dalle azione del Pnrr «rappresenta una leva strategica per favorire la partecipazione delle donne al lavoro e la conciliazione». La ministra Eugenia Roccella ha parlato di un esempio virtuoso di sussidiarietà e della necessità di un coinvolgimento di istituzioni e mondo dell’impresa per contrastare la denatalità e favorire l’occupazione femminile. «È un progetto che unisce responsabilità sociale, innovazione e collaborazione tra pubblico e privato e che dimostrare come il mondo del lavoro possa essere protagonista attivo del benessere collettivo» ha aggiunto il presidente della Fondazione Luciano Sale, direttore Risorse umane di Fincantieri.
I risultati ottenuti sono positivi con un incastro tra la domanda e l’offerta che funziona. Si tagliano i costi per le aziende ma anche le liste d’attesa per le strutture pubbliche che si sa in Italia sono ancora troppo poche. «Il nostro asilo nido a Roma complice l’aumento dell’età media dei dipendenti e lo smartworking negli ultimi anni si era svuotato adesso è al completo con l’arrivo di bimbi di altre aziende» ha spiegato Antonio Liotti, Chief People & Organisation Officer del gruppo Leonardo.
«Come Open Fiber noi non abbiamo asili nido aziendali ma soltanto convenzionati che sono stati messi in rete. L’età media dei nostri dipendenti è 39 anni e quindi ci aspettiamo di aver bisogno di molti posti nei prossimi anni» aggiunge Chirichilli. Per le aziende inoltre c’è il tema dell’attrattività: offrire questi servizi è indispensabile per intercettare e trattenere i talenti.
A livello complessivo oggi in Italia ci sono 366mila posti negli asili nido, in pratica 30 posti ogni 100 bambini, comunque ben al di sotto del 45% richiesto dagli standard europei nel dopo pandemia. A mettere una pezza al problema ci ha provato il Pnrr stanziando tre miliardi e mezzo di euro per creare quasi 150mila nuovi posti tra nidi e scuole dell’infanzia.
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