venerdì 29 gennaio 2021
Da Renzi no a un incarico ora a Conte (che non trova nuovi consensi): «Prima ci dicano se ci vogliono». Ma per il Quirinale non è una chiusura totale Il silenzio prudente di Zingaretti
Il presidente Mattarella riceve la delegazione del Pd con Delrio, Cuppi, Zingaretti e Marcucci

Il presidente Mattarella riceve la delegazione del Pd con Delrio, Cuppi, Zingaretti e Marcucci - Ansa

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Prove tecniche di disgelo. Non certezze, non se ne possono pretendere da una crisi incomprensibile ai più, ma una sensazione la regala, la seconda giornata di consultazioni di ieri. A fornirla è Matteo Renzi, il quale rivela, a seguito della domanda di una giornalista (a conferma che le domande servono ancora) che Giuseppe Conte l’ha chiamato. Si sono parlati, finalmente. È la novità più importante anche agli occhi del Quirinale, che in questo mese ha registrato con non poco disappunto il mancato colloquio fra i due 'litiganti', nella convinzione, però, che il primo passo toccasse sicuramente al presidente del Consiglio.

Certo, dopo un mese di polemiche non può bastare una telefonata a chiudere una partita che è solo all’inizio. Renzi, dopo il colloquio con Mattarella (insieme alla ex capodelegazione Teresa Bellanova, e i due capigruppo Faraone e Boschi) rilancia la sua sfida: «Siamo pronti ad appoggiare un governo, ma bisogna capire se vogliono stare o no con noi. Devono confrontarsi con noi, non con gli hashtag. Poi discuteremo delle persone. Io non vedo altra maggioranza politica che non contempli Italia viva», avverte. Al capo dello Stato ha chiesto l’apertura di una trattativa nella ex maggioranza in cui si metta a tema il programma. Il segnale di disgelo, fra le righe, lo offre proprio Renzi quando parlando del Mes si limita definire «strano che un Governo che dovrebbe essere europeista tema le condizioni europee».

Ma, poi stempera: «Non è prendere o lasciare». Renzi, a dire il vero, non esclude nemmeno il sostegno a un governo «istituzionale», con un perimetro più largo. Il nodo però, al momento, è quello di un mandato esplorativo che servirebbe a chiarire se ci sono le basi per riprendere il cammino con la vecchia maggioranza. Per Renzi, fa filtrare Italia viva, tale incarico non andrebbe affidato a Conte. Ma, fanno sapere dal Quirinale nel colloquio non si è parlato di mandati esplorativi, e in ogni caso quella di Renzi viene interpretato come una chiusura definitiva. Una volta trovata l’intesa, anche con questa disponibilità di Renzi, ora, a non forzare sul Mes, se tutti gli altri fossero ancora per la riconferma di Conte, Iv non avrebbe più modo di opporsi, avendo sempre detto che il problema non sono né i nomi, né le poltrone. Ieri si sono espressi con decisione a favore del reincarico al premier uscente sia Liberi e uguali che il Pd. Leu, in particolare, ha fatto uso di pragmati- smo. «Il primo step è verificare se questa maggioranza e il premier possano allargare la base parlamentare», ha detto Federico Fornaro, senza chiudere ad altre ipotesi. Il Pd ha scelto, invece, una linea prudente.

Nicola Zingaretti si è affidato a una dichiarazione scritta, senza rispondere alle domande. Senza rinunciare a giudicare «irresponsabile » l’apertura della crisi e ribadendo il sì a a un incarico al presidente uscente Giuseppe Conte «per un governo che possa contare su un’ampia e solida base parlamentare», il segretario Dem ha scelto il profilo basso, per non ridurre gli spazi operativi a Mattarella. In serata al Quirinale si valutavano le novità di giornata, fra le ipotesi sul tavolo anche l’incarico a una personalità terza che, con un’accurata 'esplorazione', possa favorire l’eventuale ripresa di dialogo nella (ex) maggioranza. La figura istituzionale più indicata per questo tentativo sarebbe il presidente della Camera Roberto Fico. Ma il nodo è ora legato all’audizione, oggi, del M5s. Saranno disposti, i pentastellati, a riaprire il confronto con Renzi, dopo tutto quello che è stato detto?

E soprattutto, sarebbero in grado i gruppi del M5s di assorbire il colpo, senza defezioni? Le diplomazie sono al lavoro, ma la strada per Conte resta impervia. Lunga si presenta quella di un reincarico per lui, al termine di un mandato esplorativo. Ma quella più breve del reincarico immediato, o la va o la spacca, si presenta ad alto rischio. Rivelatore ieri il caso, un po’ grottesco, del senatore Luigi Vitali, di Fi, passato nel giro di nemmeno 24 ore da aspirante volenteroso a figliol prodigo, rientrato nei ranghi dopo una tiratina di orecchie di Silvio Berlusconi e della rassicurazione di Matteo Salvini che non avrebbe chiesto il voto anticipato.

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