lunedì 11 novembre 2019
Le condizioni dei due parà e dei tre uomini del Goi, feriti domenica, sono "stabili". Il ministro Guerini: “Non ci sono evidenze che l'attacco fosse rivolto ai militari italiani"
Foto Ansa

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Sono "stabili" le condizioni dei cinque militari italiani - due parà del 9/0 reggimento d'assalto Col Moschin dell'Esercito e dei tre uomini del Goi, il gruppo operativo incursori della Marina - feriti ieri nell'attentato nel Kurdistan iracheno. Tre sono in condizioni più gravi (due hanno riportato serie lesioni alle gambe, che hanno comportato delle amputazioni parziali, ed uno è stato operato per una emorragia interna) e sono ricoverati in un ospedale militare a Baghdad. Non appena le loro condizioni si saranno stabilizzate e ne sarà possibile il trasporto verranno rimpatriati. Continuano gli accertamenti sulla dinamica dell'attentato, sul quale la procura di Roma ha aperto un'inchiesta per attentato con finalità di terrorismo e lesioni gravissime. Le indagini sono state affidate dal pm Sergio Colaiocco ai carabinieri del Ros.

Il Daesh ha rivendicato l'agguato, con una dichiarazione divulgata attraverso la propria agenzia di stampa Amaq: nella nota in arabo, rilanciata dal sito di intelligence Site, si legge: "I soldati del Califfato hanno colpito un mezzo blindato con a bordo esponenti delle forze della coalizione internazionale dei crociati e dell'antiterrorismo dei Peshmerga nella zona di Qara Jài, a nord di Kifri, tramite l'esplosione di un ordigno piazzato sul terreno. Il veicolo è stato distrutto e sono stati feriti quattro crociati e quattro apostati".

Intanto si è precisata la dinamica di quanto è accaduto. I militari italiani - Marco Pisani, Paolo Piseddu, Andrea Quarto, Emanuele, Valenza, Michele Tedesco - sono saltati su un Ied, uno di quegli ordigni esplosivi improvvisati che hanno mietuto vittime in Afghanistan e in Iraq, mentre erano in missione insieme ai Peshmerga che stavano addestrando. L'attentato - caduto a due giorni dal sedicesimo anniversario della strage di Nassiriya, in cui morirono 19 italiani, anche se è stato smentito che ci siano legami tra i due fatti - è avvenuto poco dopo le 11 locali a un centinaio di chilometri da Suleymania, città di quasi un milione di abitanti nel nord dell'Iraq. Un team di commandos della Task force 44 - un gruppo di Forze speciali analogo a quello attivo da molti anni in Afghanistan, la Task force 45 - era impegnato in un'attività a supporto della Special Tactic Unit dei Peshmerga,i combattenti curdi da sempre in prima linea contro il Daesh. Il convoglio era composto anche da mezzi blindati, ma l'esplosione avrebbe interessato una pattuglia di militari che stava procedendo a piedi. La deflagrazione ha investito cinque incursori italiani, due parà del 9/0 reggimento d'assalto Col Moschin dell'Esercito e tre del Goi, il gruppo operativo incursori della Marina: uomini super addestrati, il meglio delle Forze armate italiane.

Subito sono stati evacuati con elicotteri americani della coalizione anti Daesh in un ospedale militare da campo a Baghdad e, appena possibile, verranno trasferiti in Italia. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha subito messo al corrente dell'attentato dal capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli, ha immediatamente informato il premier e il capo dello Stato: sia il presidente Mattarella che Conte hanno manifestato solidarietà e vicinanza ai militari feriti, alle loro famiglie e alle forze armate, al pari degli altri vertici istituzionali e di tutte le forze politiche, unite in un sostegno bipartisan. Per il ministro Guerini “non ci sono evidenze che l'attacco fosse rivolto ai militari italiani".

"La missione in Iraq è una missione di formazione ai militari iracheni. È una missione che incarna tutti i valori del nostro apparato militare", lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Unomattina. Quanto ai feriti, "posso dirvi che non sono in pericolo di vita ma alcuni di loro hanno riportato ferite serie. Il pensiero va alle loro famiglie".

Quello che è accaduto conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, che nonostante l'indebolimento del Daesh, l'Iraq resta un Paese ancora lontanissimo dalla pacificazione: i miliziani dello Stato islamico, pur non combattendo più a viso aperto, continuano a condurre attentati e attacchi con tecniche militari. Nella zona di Kirkuk, non lontano da dove è avvenuto l'attentato, solo nella prima metà del mese di ottobre sono stati segnalati oltre 30 attacchi da parte di cellule del Daesh rivolti contro le forze di sicurezza irachene. Che sono quelle che i militari italiani stanno addestrando. Lo fanno nelle basi, con gli istruttori del contingente schierato ad Erbil - più a nord di Kirkuk, una zona relativamente più tranquilla - e lo fanno anche, sul campo, con le forze speciali di base a Suleymania. Un'attività di "mentoring and training" che prevede anche di accompagnare gli uomini che si addestrano nelle attività operative di tutti i giorni e sul terreno di battaglia.

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