lunedì 19 maggio 2025
Mentre l'Università di Milano-Bicocca punta a migliorare la diagnosi dei noduli non ben determinati, l'Istituto Maugeri di Pavia arruola 25 pazienti per sperimentare nuove prospettive di cura
Nel 2024 sono state stimate in Italia più di 11.300 nuove diagnosi di carcinoma della tiroide

Nel 2024 sono state stimate in Italia più di 11.300 nuove diagnosi di carcinoma della tiroide - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Metà della popolazione sviluppa almeno un nodulo tiroideo nel corso della vita. Solo una piccola parte di queste formazioni però è espressione di un tumore maligno, e quindi pericolosa. Per questi ultimi casi, Intelligenza artificiale (Ia) e immunoterapia si propongono di cambiare trattamenti e storia clinica.

Nel 2024 sono state stimate 11.378 nuove diagnosi di carcinoma della tiroide (pari al 4% di tutti i tumori), con un’incidenza nettamente maggiore nelle donne (8.322). In particolare, nelle donne sotto i 49 anni, questa malattia rappresenta la seconda neoplasia più frequente dopo il cancro della mammella. E anche se oggi la sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi è superiore al 90% dei pazienti con forme di carcinoma ben differenziate (se sottoposti a terapie adeguate), resta una grande sfida diagnostica: quando compare un nodulo alla base del collo, come identificare la sua origine? Come capire se è benigno o maligno? Perché nel 15-30% dei noduli si notano delle alterazioni cosiddette “indeterminate”, che portano a interventi chirurgici spesso evitabili. È per superare questo scoglio diagnostico che nasce “Salviamo una Tiroide!”, che è parte del programma di crowdfundin dell’Università di Milano Bicocca - BiUniCrowd, supportato da Fondazione Cariplo e Thales Alenia Space.

«Grazie a nuovi biomarcatori biologici e all’Intelligenza artificiale - spiega l’ateneo -, il nostro team di ricerca punta a ridurre queste incertezze diagnostiche, migliorando la qualità di vita dei pazienti e ottimizzando le risorse sanitarie. In particolare, è grazie all'uso dell'Ia che sarà possibile riconoscere automaticamente le diverse entità cellulari di una biopsia e aiutare il medico patologo nella valutazione dei prelievi citologici, così da ridurre la quota di casi “indeterminati”». Il progetto, che si avvale di anatomopatologi, biotecnologi, statistici e informatici, e che è coordinato dalla ricercatrice di Statistica medica Giulia Capitoli, sta cercando sostegno nella raccolta fondi che si avvale dell’aiuto della piattaforma Ideaginger.it.

«Il nostro obiettivo - dice Capitoli - è evitare tiroidectomie inutili e ridurre ansia e costi legati a diagnosi incerte. Allo stesso tempo vogliamo rendere la ricerca più accessibile, coinvolgendo il pubblico in modo attivo». Anche per questo, nell’autunno di quest’anno, una giornata specifica sarà dedicata alla scoperta degli avanzamenti del progetto e ad un percorso diagnostico completo attraverso la partecipazione dei cittadini a una “escape room”.

Ma la ricerca si muove anche sul fronte terapeutico. In occasione della Giornata mondiale della tiroide del prossimo 25 maggio, l’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) Maugeri di Pavia sta coordinando lo studio “NePenThe”, che coinvolge altri tre Irccs - l’Istituto nazionale Tumori di Milano, il Policlinico San Matteo di Pavia, il Policlinico Gemelli di Roma - e il Policlinico Umberto I di Roma: assieme, stanno arruolando 25 pazienti candidati ad intervento chirurgico di tiroidectomia, per sperimentare, sul tumore della tiroide ad alto rischio, nuove prospettive di cura con l’immunoterapia utilizzata prima dell’intervento chirurgico. «Il carcinoma differenziato, che rappresenta la forma tumorale più frequente (90-95%), viene comunemente trattato chirurgicamente, con successiva ablazione con iodio radioattivo del tessuto tiroideo residuo, e la prognosi è generalmente molto favorevole: la sopravvivenza a 5 anni è intorno al 92-96%. Tuttavia, il 5-15% dei casi è resistente al trattamento con iodio radioattivo - dichiara Laura Locati, direttore della struttura complessa di Oncologia in Maugeri, e associato di Oncologia medica all’Università di Pavia -. Comprendere in maniera più chiara come agisce l’attività del sistema immunitario sul carcinoma tiroideo potrebbe impattare positivamente sulla pratica clinica».

Venti pazienti riceveranno il trattamento sperimentale con immunoterapia prima dell’intervento, 5 saranno trattati con approccio terapeutico standard. «Vogliamo capire - aggiunge Locati - se questa terapia può invertire il comportamento immunosoppressivo dei tumori della tiroide ad alto rischio, indagare i meccanismi biologici della resistenza al trattamento nei pazienti che non rispondono e se la radiomica applicata alla risonanza è in grado di predire l'efficacia della terapia. Inoltre, sono in corso studi in cui sono testate altre forme di terapia neoadiuvante, cioè che precede l’intervento chirurgico. Questa tipologia di approccio è indubbiamente innovativa, in quanto fino ad un decennio fa questi tumori erano considerati “orfani” per l’assenza di trattamenti sistemici efficaci a parte il radio-iodio, oggi invece riusciamo a curare i nostri pazienti con trattamenti target più efficaci».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: