domenica 3 febbraio 2019
Tra le giovani prostitute sfruttate, picchiate e dimenticate da tutti. A incontrarle e pregare con loro ogni venerdì notte, assieme ai volontari, l’ausiliare Paolo Lojudice
Viaggio sui marciapiedi di Roma Sud, tra le giovani romene sfruttate
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Questa notte è la preghiera di Anna e Francesca, è la stanchezza di Alina e Luisa, è il desiderio di Maria. Questa notte sono le parole e l’ascolto di un vescovo romano e di un gruppo di volontari. Questa è una notte con le prostitute di viale Marconi, popoloso quartiere di Roma Sud. Un dialogo itinerante tra i fuochi che riscaldano i corpi in vendita mentre a fianco corrono automobilisti che osservano incuriositi. Da un anno il vescovo ausiliare del settore Sud, don Paolo Lojudice ogni venerdì scende in strada coi volontari di parrocchie e associazioni, cammina lungo i marciapiedi di questa strada a veloce scorrimento, per incontrare queste ragazze, soprattutto romene, molto giovani. E sono davvero incontri.

Oggi siamo con loro, tra le 10 e l’1 di notte. Solo una parte dell’orario di lavoro delle prostitute che spesso staccano alle 4, per tornare a casa anche lontano, nei paesi dell’hinterland dove gli affitti costano meno. L’appuntamento con don Paolo e i volontari è alla parrocchia di San Leonardo Murialdo. A piedi si raggiunge viale Marconi dove altri volontari sono già arrivati.

Suor Salvadora, suor Rachel, Roberto, Adriana, Stefano, Raffaella, Iacopo, Gigi. Ci si divide in due gruppi. Ognuno mette al collo il Tau. Poi la benedizione e l’augurio, «Buona missione!». Ed eccoci in cammino verso il primo falò. Due ragazze. Tute e felpe, stivali senza tacco, poco trucco. Non sembrano prostitute, se non ci fosse quel fuoco a riscaldarle. Salutano sorridendo il nostro gruppetto.

Abbracci, «ciao, come stai?», «non ti vedevo da un po’», come si fa tra amici. Francesca e Anna aspettavano questa visita. Ventitré anni, così dicono, rumene, sono in Italia da più di tre anni. In realtà sembrano più giovani ma sicuramente provate dalla vita. Francesca ha abortito due volte, in Romania, ovviamente, dove è molto più facile. Anna tira fuori un Bambinello dalla borsa. «Si è rotto, me ne potete portare un altro?». Già, in questi incontri si fanno anche regali. Così a Natale le suore hanno fatto preparare dei regali dalle consorelle, anche dalla madre generale. Un profumo e un rosario. Francesca dice che l’ha portato in Romania alla mamma che «è stata molto contenta». Gigi propone di pregare. Ricorda Abramo che chiede a Dio, che intercede.

«Anche noi lo possiamo fare, anche voi potete chiedere a Dio». Una delle volontarie prega «perché siate felici ». Anna prende forza e scandisce la sua preghiera. «Prego per la salute e per una vita migliore di questa». Ed è chiaro di cosa parli. Che si materializza in un uomo che gira attorno. Saluta, poi rompe delle cassette per il fuoco. È una sorta di sorvegliante/ aiutante. Un personaggio di mezzo tra le ragazze e il 'protettore'. «Loro negano di essere sfruttate – ci dice un volontario –, solo una volta a una di loro è sfuggita la parola protettore ».

L’incontro con Francesca e Anna dura mezz'ora. Tra sorrisi, rimpianti e la promessa di ritornare. E riprende il cammino sul marciapiede. Nuovo fuoco, altre due ragazze. Alina e Luisa, 20 e 23 anni, in Italia da due. Molto più vistose. Tanga, calze a rete, scarpe coi tacchi altissimi, in precario equilibrio. Ma anche loro hanno tanta voglia di parlare. «Sono stanca, sono stufa di questo lavoro, voglio tornare a casa». «Ho guadagnato tanto ma a cosa serve? Sono distrutta. Vorrei fare altro, vorrei tornare in Romania ma lì non si lavora. Ma prima o poi ci torno ».

I volontari spiegano che «il 99% dice che non è la vita che avrebbe voluto. Sono rarissime quelle che dicono che questa vita gli piace». Una delle suore racconta che Luisa una volta è stata picchiata da un cliente. «L’abbiamo incontrata proprio quella sera, aveva uno zigomo tutto gonfio». La ragazza non lo nasconde. «Vengono drogati e ubriachi e anche pazzi. Dobbiamo stare attente..». E poi si sfoga. «Ma chi desidera una vita così? ». Intanto passa e ripassa un’auto bianca. Un cliente? Un controllo? C’è anche qualcuno a piedi che osserva. Ma le due ragazze non mettono fretta ai volontari. Luisa attraversa la strada, prende una cassetta di plastica e la mette sul fuoco. Una grande fiammata ma anche fumo tossico.

«Ma scalda di più», ci dice. Qualche auto rallenta ma le ragazze non si avvicinano, anzi fanno il segno di andare via e quando squilla il cellulare non rispondono. L’incontro col vescovo e i volontari non è tempo perso. Una racconta del difficile rapporto col padre. E poi con orgoglio di «essere riuscita a far curare il nonno, io sono felice quando faccio felice qualcuno», ma poi aggiunge «la mia famiglia non sa quello che faccio. Non glielo dico». Non è certo una 'bella' vita la loro, lo sanno e lo ammettono. «Non perdere mai il cervello», è l’invito del vescovo. Un’ultima curiosità. «Cosa pensa la gente quando vi vede con noi?». «Ci guardano, ma questi che stanno a fare? Qualcun altro ci urla, ma non è niente di preoccupante».

Poi anche con loro l’invito a pregare. C’è un po’ di imbarazzo. «Qua non prego. Non ci riesco. A casa sì», ammette Alina. Allora i volontari pregano per loro che si uniscono in silenzio. «Preghiamo per la vostra felicità e perché riusciate a cambiare vita». Al momento della benedizione Alina fa il gesto di fare il segno della Croce ma poi si ferma. Qui no. È il momento dei saluti. Baci, abbracci. E un invito del vescovo. «Quando volete vi aspettiamo». Ma non sempre l’approccio è facile. Mentre andiamo verso il falò successivo una ragazza scappa attraversando la strada.

«Quelle che scappano sono un po’ meno attrezzate al colloquio, spesso sono ragazze rom e chi le 'governa' dà l’indicazione di non dare retta a nessuno. Però sono sicuro che prima o poi riusciremo incontrare anche loro. Bisogna avere costanza», riflette don Paolo. Ma la notte non è finita. Riprendiamo l’auto e con le due suore raggiungiamo viale Egeo, proprio sotto l’Eur. Quasi un appuntamento. Niente fuochi, tanta umidità, non passano auto. Un luogo molto brutto. Ma Maria c’è. Bulgara, 44 anni, giacca a vento, pantaloni, mezzi guanti. Il vescovo la conosce bene.

«Di giorno fa la badante, la sera la prostituta, ma solo qualche volta e altre volte va via prima. Dice che il lavoro non le basta, che vuol dare ai figli il massimo». Maria, mamma sul marciapiede, ha due figli, una terza è morta di una grave malattia quando aveva due anni. «Ci penso sempre», dice come in tutti gli incontri. «Lo sai che ora sta meglio», le dice don Paolo con un gesto di tenerezza. «Lo so ma vorrei vederla. Tutte le sere prego Dio perché me la faccia vedere, anche solo una volta », risponde mentre si asciuga le lacrime. «E noi preghiamo per te e aspettiamo il giorno che ci dirai che hai smesso». «Quando sarò vecchia. Devo pensare ai miei figli». Poi chiede al vescovo un regalo, il Tau che porta al collo. Un piccolo segno. «Ci vediamo venerdì». Anche lei va via. Stanotte finisce prima. Mentre altrove i fuochi del 'mercato' sono ancora accesi.

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