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Il «privilegio di un sincero rapporto personale» consente a Giorgia Meloni di ricordare il lato più umano di papa Francesco. È l’unico caso assieme a quello di Matteo Renzi, anche lui premier durante il pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Per il resto, solo l’intervento di Elly Schlein rompe l’equilibrio istituzionale delle Camere riunite per la commemorazione del Santo Padre (ieri a Montecitorio), e non è un caso se la leader dem sia la sola a non incassare un applauso bipartisan, che invece premia tutti gli altri parlamentari chiamati a parlare.
«Sarò sempre grata a papa Francesco per il tempo trascorso insieme, per i suoi insegnamenti e per i suoi consigli – ricorda Meloni –. La sua allegria contagiosa era un insegnamento sull’amore per la vita. Sapeva trasmettere la gioia e la passione per la sua missione». Ma oltre l’uomo c’è anche il ruolo e la presidente del Consiglio non ha dubbi sulla capacità avuta da Francesco nell’interpretarlo: «Ha guidato la Chiesa con segni profetici in tempi complessi e certamente imprevedibili» ed è stato «un protagonista assoluto della nostra epoca».
I presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, ricordano entrambi l’impegno per la pace e gli sforzi per il superamento di ogni conflitto. Mentre il capogruppo di FdI alla Camera, Galeazzo Bignami, esalta il fallimento dei molti tentativi di catalogare il suo pontificato, perché «il Papa – spiega – non è di una parte e non segue schemi politici. Ma parla al cuore di tutti» e Francesco «si è sempre rivolto al suo popolo senza sottrarsi al confronto con chi aveva opinioni diverse».

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Schlein, come detto, è l’unica a suscitare qualche rumoroso commento in un’Aula altrimenti silente. Succede quando la leader del Pd si lascia andare a una rivendicazione su alcuni temi cari a Papa Bergoglio: «La sua scomparsa ci priva di una voce significativa – dice – che ha saputo interrogare credenti e non credenti. Merita il nostro cordoglio, ma quello che non merita è l’ipocrisia di chi non ha mai dato ascolto ai suoi appelli e oggi cerca di seppellire nella retorica il suo potente messaggio, di chi deporta i migranti, toglie i soldi ai poveri, nega l’emergenza climatica e nega le cure a chi non se le può permettere». Forse anche il presidente del M5s Giuseppe Conte avrebbe argomenti simili, per esempio sulla contrarietà al riarmo, ma preferisce evitare. E anzi sottolinea l’universalità del messaggio di Francesco e la sua capacità di interrogare posizioni diverse: «È stato un papa scomodo. E ciascuno di noi, ciascuna forza politica può sentirsi sfidata da alcune sue posizioni, mentre può riscontrare condivisione su altre. Dobbiamo riconoscerlo con onestà. Ma è indubitabile che papa Francesco sia stato il più grande riferimento spirituale e morale di questi nostri tempi, in cui prevalgono parole di odio e le atrocità dei conflitti».
La leghista Simonetta Matone torna anche lei sulla pace, «ossessione» di un Papa di cui «è difficilissimo tracciare un ricordo», tanto era «spiazzante, imprevedibile, lontano dai partiti più di ogni altro del passato», ma comunque «politico» e «pungolo continuo» delle forze parlamentari.

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La gratitudine è la cifra dell’intervento di Maurizio Lupi (Noi Moderati), che offre anche la sua personale chiave di lettura rispetto al presunto “inquadramento” di Francesco: «È superfluo discutere se sia stato progressista o conservatore, perché è nella natura della Chiesa essere entrambe le cose, perché progredisce nella storia e conserva la tradizione». Un ragionamento non dissimile da quello di Renzi, per il quale «è molto buffo che ciascuno di noi cerchi di accaparrarsi un pezzettino della sua eredità». Con il paradosso che «chi cita le sue parole sui carcerati, dimentica quelle sulla vita e l’aborto» e «chi ricorda quelle sulla famiglia tradizionale dimentica le posizioni sull’immigrazione». La verità, continua il fondatore di Italia viva, è che «Francesco ci ha dato una grandissima lezione di laicità» e «ha avuto rispetto per le nostre idee molto più di quanto noi abbiamo rispettato le sue». Poi la citazione di De André: «Mi sono tornate alla mente le parole del poeta ligure che racconta la passione da un punto di vista di un crocifisso, nel testamento di Tito dice “nel vedere quest'uomo che muore, madre io provo dolore, madre ho imparato l'amore».
Più pragmatica Luana Zanella di Avs, convinta che «il mondo avrebbe ancora estremo bisogno» del messaggio di Papa Bergoglio e che «ora l’intero pianeta è più a rischio e i potenti della terra che non lo hanno molto amato potrebbero procedere incontrastati nel loro delirio di onnipotenza». Resta però l’impronta di un Chiesa in uscita, «in cui tutti, anche le donne, sono state chiamate a fare la loro parte», per dirla con Elena Bonetti. «Un pastore con l’odore delle pecore - prosegue la deputata di Azione - che ha scelto di stare dove stanno le persone, nelle carceri, nelle favelas, nelle periferie».