martedì 19 settembre 2023
La road map tracciata da Ursula von der Leyen durante la sua visita è per certi versi inattuabile o contiene proposte vecchie già rivelatesi fallimentari: la lettura di Caritas con Oliviero Forti
Un momento della visita di domenica della presidente della Commissione europea Von der Leyen a Lampedusa con la premier Meloni

Un momento della visita di domenica della presidente della Commissione europea Von der Leyen a Lampedusa con la premier Meloni - Reuters

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1) Rafforzamento del sostegno all'Italia da parte dell'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo (EUAA) e della guardia di frontiera e costiera europea (Frontex) per gestire l'elevato afflusso di migranti, al fine di garantire la registrazione degli arrivi, il rilevamento delle impronte digitali, il debriefing e l'indirizzamento verso le autorità competenti.

Il servizio che Frontex e Euaa possono offrire a supporto delle autorità locali in questo caso agevolerebbe i Paesi di secondo arrivo per evitare i movimenti secondari, a scapito paradossalmente dell’Italia, paese di primo ingresso. Non aiuterebbe inoltre l’accoglienza, in questo momento la vera emergenza, né diminuirebbe infine la pressione sull’isola perché comunque occorre un numero elevato di agenti per effettuare le operazioni di riconoscimento. Non giova insomma né a Lampedusa né a Ventimiglia.


2) Sostegno al trasferimento delle persone fuori da Lampedusa, anche verso altri Stati membri, avvalendosi del meccanismo volontario di solidarietà e prestando particolare attenzione ai minori non accompagnati e alle donne.

La proposta non è nuova, è contenuta infatti anche nel patto sulle migrazioni. Ma a parte Francia e Germania (la prima ha peraltro dichiarato che stavolta non accoglierà i profughi di Lampedusa) gli altri paesi non collaborano, in primis il blocco di Visegrad. Occorre dare gambe a un messaggio positivo


3) Rafforzamento dei rimpatri, avviando rinnovati e concertati contatti con i principali paesi di origine dei nuovi arrivi, vale a dire Guinea, Costa d'Avorio, Senegal e Burkina Faso, in modo da migliorare la cooperazione e facilitare la riammissione, e aumento del sostegno da parte di Frontex, anche per quanto riguarda la formazione e lo sviluppo delle capacità, per garantire la rapida attuazione dei rimpatri.

Per prima cosa il rimpatrio è impossibile per chi ha presentato richiesta di asilo. È inoltre un concetto contraddittorio con l’aumento del trattenimento nei centri fino a 18 mesi, formule vecchie che già in passato non hanno funzionato. Gli accordi di riammissione esistono già, ma finora hanno prodotto numeri irrisori, incomparabili con gli arrivi. Si tratta di effettuare un investimento straordinario, perché i paesi di origine dei flussi in Africa stanno diventando sempre più numerosi e solo sul lungo periodo vedremo i risultati.


4) Sostegno alla prevenzione delle partenze, istituendo partenariati operativi con i paesi di origine e di transito per la lotta al traffico di migranti. Ciò include la possibilità di un accordo di lavoro tra la Tunisia e Frontex e una task force di coordinamento all'interno di Europol incentrata sulla lotta al traffico di migranti lungo la rotta verso la Tunisia e poi verso Lampedusa.

Sembra una proposta inattuabile. Davvero l’esperienza degli accordi dell’allora ministro dell’interno Minniti con la Libia non ha insegnato nulla? Si tratta spesso di paesi instabili o addirittura senza governi. Lo stesso accordo con il presidente tunisino Saied di due mesi fa non funziona, anzi le partenze da quelle coste sono aumentati dopo la firma. Non occorre fare il bis


5) Rafforzamento della sorveglianza di frontiera aerea e marittima, anche attraverso Frontex, e studio di opzioni per espandere le missioni navali nel Mediterraneo. Accelerazione, inoltre, nella fornitura di attrezzature e rafforzamento della formazione delle guardie costiere tunisine e di altre autorità di contrasto.

Proposta positiva se l’obiettivo è rifare operazioni come Eunavfor Med o Sophia. A questo punto, però, è lecito domandarsi perché nemmeno l’Ue abbia il coraggio di richiamare l’opera delle navi di soccorso delle Ong in mare. Se le persone in pericolo vanno salvate, chiunque può contribuire, non solo la guardia costiera di Tunisi


6) Adozione di misure per limitare l'uso di imbarcazioni non idonee alla navigazione e adozione di azioni per contrastare le catene di approvvigionamento e la logistica dei trafficanti e per garantire lo smantellamento delle imbarcazioni e dei gommoni recuperati.

Anche questa proposta va bene. Sarebbe ora di cominciare a ragionare anche sul recupero delle barche abbandonate, che costituiscono spesso un ostacolo alla navigazione. Quanto ai trafficanti, vanno colpiti, ma sono solo una parte del problema. È sbagliato pensare che colpendo solo loro il traffico si arresti, occorre agire anche sui paesi di transito che agevolano i passaggi grazie alla corruzione delle guardie di frontiera ad esempio


7) Aumento del sostegno da parte dell'EUAA per l'applicazione di procedure di frontiera rapide e accelerate, compreso l'uso del concetto di paese di origine sicuro, il rifiuto di domande manifestamente infondate, l'emissione di divieti d'ingresso e la loro registrazione nel sistema d'informazione Schengen (SIS).

Un punto con troppe ombre. Infatti, manca un accordo all’interno dell’Ue sulla definizione di paese sicuro. In alcuni stati il tasso di accoglienza delle domande di asilo degli afghani è del 90%, in altri è il 30. Se non c’è accordo su questo punto fondamentale, il resto è paradosso. Nemmeno la Tunisia oggi può essere considerata sicura per gli stessi tunisini, come può esserlo per i migranti?


8) Aumento delle campagne di sensibilizzazione e comunicazione per scoraggiare le traversate del Mediterraneo, continuando a lavorare per offrire alternative quali l'ammissione umanitaria e i percorsi legali.

Un punto da prendere sul serio con importanti finanziamenti destinati alla popolazione e non con spot. Occorrono corridoi umanitari europei, è la grande sfida. E per avviare percorsi legali di ingresso occorrono nuove politiche degli stati nazionali


9) Cooperazione più intensa con l'UNHCR e l'OIM per adottare un approccio globale basato sulle rotte al fine di garantire la protezione lungo il percorso e aumentare il rimpatrio volontario assistito dai paesi di transito.

Un percorso positivo e auspicabile per salvare più vite umane sulle rotte e assicurare il rimpatrio a chi si trova bloccato in paesi di transito e non è più in grado di proseguire


10) Attuazione del protocollo d'intesa UE-Tunisia, e priorità alle azioni con impatto immediato per affrontare la situazione attuale e agevolare la contrattazione di nuovi progetti nel quadro di tale protocollo.

I problemi veri sono altri, l’immigrazione è solo una parte. E finché l’Ue non si doterà di una politica estera unitaria non verranno affrontati. L’accordo con la Tunisia ne è la prova. La visita a Tunisi del premier Meloni con von der Leyen al seguito non ha sortito effetti perché è stata una iniziativa italiana e non ha coinvolto la Francia, altro stato chiave per il Nordafrica. Agire con la Tunisia coinvolgendo gli altri partner europei significativi sui problemi del paese è prioritario, poi viene il tema immigrazione


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