Il ministro e le navi delle Ong: primo colpo, sbagliato il bersaglio
martedì 25 ottobre 2022

Verrebbe da dire “bersaglio sbagliato” di fronte alla prima iniziativa ufficiale del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che oggi se l’è presa con due navi delle Ong impegnate a evitare tragedie nel Mediterraneo.

Si torna alla strategia propagandistica e disumana dei «porti chiusi»? Si torna a mettere sul banco degli imputati chi soccorre persone a rischio della vita? Sarebbero le Ong “il” problema?

Il dossier sull’immigrazione del Viminale dello scorso Ferragosto fornisce, peraltro, questi dati: persone sbarcate autonomamente 53%, persone soccorse 47%, di queste ultime appena il 16% da navi umanitarie. Numeri in calo negli ultimi due giorni.

Tre pescherecci con circa 1.800 persone soccorsi dalla nostra Guardia costiera o ancora da raggiungere, 500 persone giunte autonomamente a Lampedusa e solo 250 raccolte a bordo delle due navi delle Ong.

Nella sua direttiva Piantedosi scrive che le condotte delle Ong non sarebbero «in linea con lo spirito delle norme europee».

Ma proprio sulla base di queste norme la Corte di giustizia europea il 1° agosto scorso aveva sentenziato «l’obbligo fondamentale di prestare soccorso alle persone in pericolo o in difficoltà in mare», condannando il blocco di due navi nei porti siciliani nell’estate 2020.

«La salvezza delle persone viene prima di tutto», aveva detto lo stesso ministro prima di annunciare l’attuale direttiva. Davvero «tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare». Un mare sempre più “tomba” per migliaia di profughi e anche, a quanto pare, per il buon diritto europeo. Speriamo ostinatamente di no.

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