Operai cinesi sfruttati da società esterne: l'accusa a Loro Piana
Alta moda ancora nel mirino della magistratura: il colosso finisce in amministrazione giudiziaria. Il pm Storari: è un sistema tossico. Si abbattono i costi grazie alla manodopera irregolare

Giacche di cashmere pagate 80-100 euro ai laboratori cinesi con dormitori annessi, vendute in negozio a mille, tremila euro. Manodopera in nero, irregolare, costretta a dormire negli opifici, minacciata e picchiata. È quanto emerge dall’ultima inchiesta della procura di Milano sul caporalato nella moda. È finita ieri in amministrazione giudiziaria Loro Piana. Prima dell’azienda vercellese specializzata in capi di cashmere, acquistata dalla multinazionale francese Lvmh (Moët HennessyLouis Vuitton), inchieste analoghe avevano fatto luce sul sistema di sfruttamento nelle produzioni di alta moda.
«Per la Loro Piana il costo pattuito era 118 euro a giacca se la commessa era superiore a 100 capi, se inferiore, ma questo era raro, il prezzo era 128 euro a capo», ha spiegato la rappresentante legale rappresentante di Sor-Man, l’azienda di Nova Milanese a cui era stato affidata in subappalto la produzione di una serie di capi di abbigliamento, «io pagavo alle società cinesi 80 euro al pezzo se non facevano il taglio, 86 euro con il taglio. Poi in base alle altre lavorazioni il prezzo poteva oscillare di 5 o 10 euro, con un ricarico tra i 1000 ed i 2000 euro», si legge nel decreto di amministrazione giudiziaria. Fino al 2021 quest'azienda confezionava direttamente i capi commissionati, ma i numeri erano molto più contenuti: 200 giacche a stagione contro le 3mila delle ultime stagioni (fino a 7mila l'anno).Così sono cominciate le esternalizzazioni.
La Sor-Man prendeva le commesse per il confezionamento dei capi in subappalto dalla Evergreen di Milano, che è fasonista per il marchio di moda, e li girava a due laboratori cinesi. Evergreen a sua volta è una società con sede legale e operativa a Milano, in via Sant’Ambrogio e in via Calvi, e si occupa «del commercio, la produzione, e la lavorazione per conto proprio o di terzi di articoli di maglieria, di calzature e di abbigliamento e accessori in generale, nonché la assunzione di rappresentanze per i medesimi prodotti». Ma, secondo il pm Paolo Storari, sulla base delle indagini del comando carabinieri per la Tutela del Lavoro, diretto dal colonnello Loris Baldassarri, «Loro Piana nell’affidare l’appalto al confezionamento di giacche alla società Evergreen, non può non sapere, sia da semplici riscontri camerali che dalle successive attività di audit, che predetta appaltatrice non ha la pur minima capacità di produzione e che, dovrà esternalizzare i processi produttivi a società terze (come la Sor-Man) che a loro volta non hanno le capacità produttive per evadere i volumi commissionatigli». Ciò però, tiene a precisare la procura «non significa che Loro Piana abbia piena consapevolezza delle condizioni di grave sfruttamento in cui operano i lavoratori, ma quantomeno è certo che non ha una struttura organizzativa adeguata ad impedire di aver rapporti commerciali con soggetti indagati per il reato di caporalato».
«Per la Loro Piana il costo pattuito era 118 euro a giacca se la commessa era superiore a 100 capi, se inferiore, ma questo era raro, il prezzo era 128 euro a capo», ha spiegato la rappresentante legale rappresentante di Sor-Man, l’azienda di Nova Milanese a cui era stato affidata in subappalto la produzione di una serie di capi di abbigliamento, «io pagavo alle società cinesi 80 euro al pezzo se non facevano il taglio, 86 euro con il taglio. Poi in base alle altre lavorazioni il prezzo poteva oscillare di 5 o 10 euro, con un ricarico tra i 1000 ed i 2000 euro», si legge nel decreto di amministrazione giudiziaria. Fino al 2021 quest'azienda confezionava direttamente i capi commissionati, ma i numeri erano molto più contenuti: 200 giacche a stagione contro le 3mila delle ultime stagioni (fino a 7mila l'anno).Così sono cominciate le esternalizzazioni.
La Sor-Man prendeva le commesse per il confezionamento dei capi in subappalto dalla Evergreen di Milano, che è fasonista per il marchio di moda, e li girava a due laboratori cinesi. Evergreen a sua volta è una società con sede legale e operativa a Milano, in via Sant’Ambrogio e in via Calvi, e si occupa «del commercio, la produzione, e la lavorazione per conto proprio o di terzi di articoli di maglieria, di calzature e di abbigliamento e accessori in generale, nonché la assunzione di rappresentanze per i medesimi prodotti». Ma, secondo il pm Paolo Storari, sulla base delle indagini del comando carabinieri per la Tutela del Lavoro, diretto dal colonnello Loris Baldassarri, «Loro Piana nell’affidare l’appalto al confezionamento di giacche alla società Evergreen, non può non sapere, sia da semplici riscontri camerali che dalle successive attività di audit, che predetta appaltatrice non ha la pur minima capacità di produzione e che, dovrà esternalizzare i processi produttivi a società terze (come la Sor-Man) che a loro volta non hanno le capacità produttive per evadere i volumi commissionatigli». Ciò però, tiene a precisare la procura «non significa che Loro Piana abbia piena consapevolezza delle condizioni di grave sfruttamento in cui operano i lavoratori, ma quantomeno è certo che non ha una struttura organizzativa adeguata ad impedire di aver rapporti commerciali con soggetti indagati per il reato di caporalato».
La stessa società con una nota in ha fatto sapere che che «in violazione dei suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha fornito informazioni in merito all'esistenza di questi sub-fornitori» fino allo scorso 20 maggio quando è stata messa al corrente della situazione e, «di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore. Loro Piana - prosegue la nota - condanna fermamente qualsiasi pratica illegale e ribadisce il proprio continuo impegno nella tutela dei diritti umani e del rispetto di tutte le normative vigenti lungo l'intera filiera produttiva ed esprime la propria totale disponibilità a collaborare con le autorità competenti in merito alla vicenda e intende fornire il massimo supporto per eventuali ulteriori indagini».
Per il Tribunale tuttavia tale «meccanismo è stato colposamente alimentato dal grande marchio, che non ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici e sub-appaltatrici».
Il risultato è un «sistema tossico» basato sullo «sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina», in cui l’azienda appaltatrice «può competere sul mercato solo esternalizzando le commesse agli opifici cinesi, riuscendo ad abbattere i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare».
Il risultato è un «sistema tossico» basato sullo «sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina», in cui l’azienda appaltatrice «può competere sul mercato solo esternalizzando le commesse agli opifici cinesi, riuscendo ad abbattere i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare».
E si arriva così alla base della piramide, dove la regola è lo sfruttamento, e dove vige il caporalato, con i conduttori di fatto dei laboratori cinesi che reclutano connazionali e dove, «al loro interno viene largamente praticato il cosiddetto cottage system», dei dormitori contigui all’opificio, e dove infine viene assunto «solo chi va ad abitarci pagando». L’inchiesta è partita dalla denuncia di un lavoratore della Clover Moda di Baranzate (uno dei due laboratori), che aveva pattuito uno stipendio di 1.500 euro per 4 ore di lavoro e si era trovato a lavorare 12-13 ore al giorno nell’opificio, insieme ad altre sette otto persone non in regola come lui, sistemate in un dormitorio sopra le macchine per il confezionamento (dove dovevano rifugiarsi in caso di controlli ispettivi). Quando non gli è arrivato più lo stipendio, di fronte alle sue rimostranze è stato preso a pugni e picchiato con un tubo di gomma e alluminio dal datore di lavoro, arrestato dai carabinieri. L’altro laboratorio è la ditta Dai Meiying di Senago: nove lavoratori, 4 in nero, due irregolari. Anche qui sono stati trovati i dormitori, sia nel seminterrato, che nel piano superiore. 21 in tutto i lavoratori scoperti nelle indagini. Alcuni macchinari avevano i dispositivi di sicurezza rimossi. Dalle analisi sul consumo energetico è risultato che gli opifici funzionavano sette giorni su sette, tredici ore al giorno, dalle 8.45 alle 21.45 (un’ora in meno la domenica). Completa il quadro una società cartiera, la Hu Sufang di Samarate, senza dipendenti, che ha emesso fatture per i due laboratori cinesi, schermando così l'esistenza della filiera illegale.
A tarda sera l'azienda ha comunicato, con una nota, la sua posizione. Preso atto della notifica del Tribunale, l'azienda precisa che «in violazione dei suoi obblighi legali e contrattuali, il fornitore non ha informato Loro Piana dell'esistenza di questi sub-fornitori. Loro Piana è venuta a conoscenza di questa situazione il 20 maggio e, di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore». Oltre a condannare «qualsiasi pratica illegale», l'azienda ha aggiunto che le cifre riportate «non sono rappresentativi degli importi effettivamente corrisposti da Loro Piana al fornitore, né riflettono l'intero processo produttivo e il valore complessivo di tutti gli elementi, incluse tra le altre, le materie prime e i tessuti».
(Articolo aggiornato il 14 luglio alle 22,02)
(Articolo aggiornato il 14 luglio alle 22,02)
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