lunedì 6 giugno 2016
​​Il premier commenta i risultati delle amministrative: chi sta a sinistra del Pd vota il M5S. Un "mezzo miracolo" il risultato di Giachetti, a Napoli commissariamento in vista. Esulta Grillo: siamo lenti ma inesorabili. Lega e Fi ai ferri corti sul caso Roma.
La delusione di Renzi: non sono contento
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Aspetta che i risultati siano quasi definitivi il premier Matteo Renzi per dire la sua, senza giochi di parole, come del resto è abituato a fare. Ammette che non è una vittoria quella del Pd e di non essere soddisfatto del responso delle urne che comunque è un dato "molto difficile". Ma è soprattutto nei confronti della minoranza Pd e della sinistra estrema che non risparmia critiche: i loro consensi sono irrisori, tutto a vantaggio dei grillini. "Se uno non vuole votare il Pd e sta a sinistra vota M5S più che i movimenti a sinistra. È una lettura difficile da non condividere, basta vedere Airaudo a Torino, per non parlare di Fassina. "VOTO AMMINISTRATIVO, NON POLITICO". "Secondo me gli italiani votano sulla base di ciò che propone l'esperienza amministrativa locale. Sanno scegliere, fanno zapping sulla scheda elettorale" continua il premier ribadendo la tesi della vigilia: le elezioni amministrative non sono un test nazionale. "Impensabile - dice - dare un giudizio politico nazionale uniforme ad un risultato che dipende da dinamiche locali". Nessun collegamento anche con il referendum costituzionale, partita sulla quale il premier non ha mai nascosto di giocarsi il tutto per tutto. "Il voto di protesta oggi c'è ma io penso che sul referendum non potranno che votare sì" sottolinea mostrando estrema tranquillità. IL MEZZO MIRACOLO DI GIACHETTI, MALE A NAPOLIIl premier passa in rassegna i risultati nelle singole città. "Giachetti ha fatto un mezzo miracolo, onore al merito, è stata una campagna molto molto difficile e ora c'è, è in campo. Se la giocherà al ballottaggio" dice. Quello di Roma è stato "un voto di protesta", aggiunge ancora Renzi. Quanto al testa a testa di Milano tra Sala e Parisi, una sorpresa per molti, nessuna critica. "Sala è un ottimo candidato, credo che il ballottaggio sarà bello e Sala ha tutte le condizioni per farcela". Semmai il problema è Napoli dove il Pd "non riesce ad esprimersi" e dove Renzi proporrà una soluzione commissariale. A conti fatti Renzi esclude che ci sia per il Pd una crisi di numeri anche se il risultato non è quello che si aspettava: "Non dico che il risultato è negativo perché non lo penso. Ma una squadra che vuol vincere sempre, quando vince ma non dappertutto non è contenta. Sono affamato di vittoria e penso che il Pd è la più grande comunità politica europea, sta intorno al 35% a livello nazionale, in molti comuni sopra il 40%". Napoli, così come Cosenza e, in maniera più indiretta, Grosseto, erano stati il "teatro" del contestato sostegno dei verdiniani ai candidati Pd. Una manovra che non è andata bene visto che il centrodestra sfonda nella città calabrese ed è in testa nella provincia maremmana. Su questo - e su un'affluenza che non va oltre il 62,1% calando di 5 punti rispetto al 2011 - nel Pd probabilmente si aprirà una riflessione con la minoranza che, potrebbe tornare in trincea anche in vista della battaglia cruciale del referendum. Quella sul quale Renzi ha scommesso tutto. GRILLO: LENTI MA INESORABILI E se Renzi non esulta lo fa, al contrario, Grillo. "Siamo lenti, ma inesorabili". Le parole lanciate rigorosamente attraverso il blog dal quale il comico genovese muove oggi più che mai le fila del movimento, arrivano in mattinata e fotografano un risultato che va oltre le più rosee aspettative per il M5s. I grillini sono arrivati primi, ma non hanno ancora vinto. Virginia Raggi trionfa nella Capitale, com'era prevedibile dopo la vicenda Marino: incassa il 37% dei consensi staccando di 13 punti il candidato del Pd Roberto Giachetti che riesce a superare di misura Giorgia Meloni. Il partito di Grillo è il più votato a Roma, ma anche a Torino dove Chiara Appendino costringe Piero Fassino al ballottaggio con il 34% dei voti. Era da 15 anni che sotto la Mole il sindaco si sceglieva al primo turno ed era (rigorosamente) di centrosinistra. "Un risultato storico! Cambiamo tutto" è il grido di gioia che Grillo affida al blog. Una rivoluzione lenta ma inesorabile, appunto, la dimostrazione che il movimento è vivo e vegeto e che continua ad intercettare il voto degli italiani in un momento in cui la disaffezione alla politica è evidente (basti pensare all'astensionismo in continua crescita). Là dove i candidati sono "credibili", altrove come a Milano e Napoli si fermano ad un misero 10%, il M5S fa incetta di consensi. In Sardegna a Carbonia ci sarà un'altra partita al secondo turno per i grillini che per un soffio perdono il ballottaggio a Savona. LE DIVISIONI PENALIZZANO GLI SCHIERAMENTI TRADIZIONALI. L'esito dello scrutinio delle comunali vede centrosinistra e centrodestra pagare a caro prezzo le divisioni interne. Dove Pd e sinistra corrono uniti, come a Cagliari con Massimo Zedda, la vittoria al primo turno arriva senza difficoltà. E dove il centrodestra non paga le fratture ormai quasi insabili tra Fi e Lega, come a Milano, si conferma ancora in grado di tallonare i democratici. Ma è nella Capitale che i 5 Stelle possono davvero festeggiare. "Sono pronta a governare, il vento sta cambiando" esulta Virginia Raggi. Una riflessione sul caso Roma nel centrodestra certamente ci sarà nelle prossime ore. Il dato è che nella battaglia tra la destra targata Meloni-Salvini e il centrodestra azzurro a Roma ha vinto la prima. "Da Fi c'è stata una scelta suicida", tuona Salvini affermando che dove la Lega non sarà al ballottaggio "voterà tutto tranne il Pd" e marcando nuovamente le distanze da (almeno una parte) di Fi. Antonio Tajani, infatti, annuncia che senza la Meloni al secondo turno non si inviterà a votare né il Pd né il M5S. LA LEGA: SERVE NUOVA COALIZIONE  Tra quelli che esultano senza motivo c'è la Lega fa il conto dei (piccoli) comuni portati a casa dal suo partito al primo turno e si vede costretta al ballottaggio anche nella sua roccaforte di Varese. Ma Salvini già pensa al futuro alla resa dei conti con gli azzurri. "La leadership non mi interessa" dice il leader della Lega, ma "dal 20 giugno, dopo i ballottaggi chiederò un'assemblea di tutti quelli che non vogliono morire renziani per stendere un programma di dieci punti per una nuova coalizione che guarda al futuro e non al passato".
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