venerdì 28 febbraio 2020
Una giovane restauratrice aggiusta antichi pupazzi e rinfresca bei ricordi. Ci sono pezzi da collezione ma anche esemplari preziosi solo perché simboli di un’infanzia felice
Greta, che «guarisce» le bambole
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I colori soffici dell’infanzia. Il profumo della colla di una volta. E lo sguardo di occhi di vetro che non fanno paura. Entrare nell’ambulatorio di Greta Canalis – la "Dottoressa delle bambole" – è come tornare in un mondo che si credeva scomparso e che invece è dentro di noi. Qui, all’epoca del web, si toccano con mano le emozioni di un tempo.

Greta ha 31 anni, è laureata in Belle Arti ed è un po’ figlia d’arte visto che il padre è falegname e la sorella restauratrice, ma alle bambole fino a qualche anno fa non aveva prestato attenzione. Poi è scattato qualcosa, e dopo un lungo tirocinio presso un altro "dottore", a novembre Greta s’è decisa ad aprire la sua bottega dove, certo, si riparano bambole di ogni classe sociale, ma si rinfrescano anche sogni e ricordi. Tutto in uno stanzino di 14 metri quadri nella storica via Barbaroux di Torino: il centro più centro della città. Le bambole entrano accompagnate dalle proprietarie: "bambine" di ogni età. Perché la bambola attraversa il tempo di una vita, si eredita, passa di mano in mano.

«Arriva di tutto – comincia Greta –, esemplari in porcellana dell’Ottocento ma anche i Cicciobello, le bambole Lenci e quelle di celluloide anni ’50, gli orsacchiotti di pezza o riempiti di paglia... Le bambole Jumeau o le Bru possono valere oltre seimila euro». Ogni "paziente", ricco o povero, riceve la stessa attenzione: bisturi e forbici, poi colle speciali per ricucire ferite di gioco e strappi di vita, aerografi particolari e pennelli finissimi per coprire macchie d’uso e riportare a giovinezza qualunque pupazza. E con esse i ricordi, che ugualmente Greta spolvera e raccoglie.

Così Andreina racconta la sua storia di bambola di celluloide regalata la notte di Natale 1941 da un papà a una bambina, che 80 anni dopo l’ha portata a curare gli acciacchi dell’età. E il Signor Riccio dice la sua di pupazzo di pezza dalla faccia rovinata in decenni di giochi, ma adesso rimessa a nuovo. Molte bambole arrivano dalla guerra, dalle macerie, e rinascono. C’è anche Bebè Gigoteur, automa recuperato da un baule, che stava per perdersi prima di essere salvato come uno dei pochi sopravvissuti dalla fine del 1700, capace di piangere se steso e di dire «Papà».

Ma chi si rivolge alla "Dottoressa delle bambole"? Bambine di oggi, cui le mamme cercano di far capire che anche un giocattolo moderno va curato; bambine di ieri (la maggioranza), che hanno conservato le proprie compagne di giochi; infine papà 'colpevoli' di aver rotto le bambole delle figlie... La spesa per rimettere a nuovo certi esemplari non sempre è di poco conto, eppure nella sua carriera Greta ha già curato migliaia di bambole; confessa: «Faccio un mestiere che, oltre a consentirmi di vivere, mi fa svegliare la mattina sapendo di poter fare qualcosa che farà sorridere qualcuno».

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