mercoledì 6 gennaio 2021
L’ex comandante della Gendarmeria dal 1° ottobre 2020 è presidente di Eni Foundation. Guiderà la Fondazione che si occupa di progetti umanitari nei Paesi in cui opera la multinazionale dell’energia
Domenico Giani

Domenico Giani - Ansa

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Il 14 ottobre 2019 Domenico Giani rassegnò le dimissioni da Comandante della Gendarmeria vaticana che aveva guidato per tredici anni. Dimissioni, accettate da Papa Francesco, presentate per una fuga di notizia su cui non aveva responsabilità soggettive. Dimissioni piuttosto sui generis, perché accompagnate e seguite da molteplici gesti di stima da parte del Pontefice e della Santa Sede: Con una intervista pubblicata in prima pagina sull’Osservatore Romano, la visita personale di Francesco nell’abitazione familiare, il conferimento della più alta onorificenza che la Santa Sede riserva ai laici, fino ad una affettuosa lettera autografa di Francesco. Ora per il comandante Giani, dopo una vita passato al servizio della Repubblica – con una lunga esperienza nella Guardia di Finanza e nell’intelligence operando in delicati settori tecnico- operativi – e della Santa Sede, si apre un nuovo capitolo. Dal 1° ottobre è presidente di Eni Foundation. Avvenire lo ha intervistato.

Comandante Giani, come è arrivato a questa nuova esperienza?
Dopo le dimissioni ho avuto diverse proposte...

Si era parlato di un suo impegno all’Onu...
Certamente è il sogno di qualsiasi servitore delle istituzioni, e ancor di più per un cattolico, poter mettere a frutto i propri talenti per occuparsi di temi importanti e decisivi per il futuro dell’umanità nelle Organizzazioni promosse dal più alto consesso internazionale. Ma non ci sono state le condizioni.

Quindi?
Ho avuto colloqui con aziende internazionali e gruppi italiani. Alla fine c’è stato questo incontro con l’Eni ed è arrivata la proposta di guidare la Fondazione che si occupa di progetti umanitari in Africa, Asia e negli altri Paesi in cui l’azienda opera.

Che storia ha questa Fondazione?
È nata nel 2007. Nel corso del tempo è stata presieduta an- che dai vertici dell’’azienda, e ora hanno scelto me.

Si è chiesto il perché di questa scelta?
Credo che la mia esperienza professionale – nelle istituzioni dello Stato italiano e nel servizio reso al Papa e alla Santa Sede – e anche la mia storia personale nell’ambito del volontariato – penso all’attività svolta nelle Misericordie, con l’Associazione Rondine e alle tante iniziative intraprese durante il mio mandato nella Gendarmeria – abbiano contribuito a far maturare questa proposta.

aiuti umanitari destinati ai bambini dell’Africa

aiuti umanitari destinati ai bambini dell’Africa - Epa

La sua nomina è maturata lo scorso settembre, ma è stata resa pubblica solo di recente.
L’Eni – che è la più grande azienda italiana – è da sempre abituata a parlare con i fatti: credo di poter dire che anche la mia storia personale è stata un susseguirsi di fatti, nel servizio alle Istituzioni. Così era ovvio che la prima uscita fosse consecutiva ad un fatto e non ad un annuncio.

Si riferisce alla campagna 'Non siete soli'...
Sì, un progetto intrapreso insieme alla Comunità di Sant’Egidio e Coldiretti che prevede la consegna di 20mila pacchi alimentari a domicilio ad anziani over 80 soli e indigenti, tra le fasce di popolazione maggiormente colpite dalla pandemia. Il progetto durerà cinque mesi. La prima consegna si è svolta durante le feste di Natale, le prossime si effettueranno a febbraio e poi a marzo-aprile.

Quali sono le altre iniziative in campo?
La Fondazione ha grandi progetti in tutto il mondo avendo sempre a cuore il servizio alla persona, soprattutto mamme e bambini, con una visione nuova del mondo e della difesa dell’ambiente che è quella di Eni a cominciare, naturalmente, dal campo dell’energia e del grande percorso di decarbonizzazione che stiamo compiendo. Nel corso del 2020 è stato concluso un progetto per promuovere la cultura agroalimentare e sanitaria in Myanmar. Ci sono attualmente iniziative di sostegno alle popolazioni in Africa e sono allo studio progetti in Messico in una regione particolarmente povera del Paese, e in altre zone dell’Africa e dell’Asia.

La sua famiglia come ha preso questo cambio di vita?
Quando l’allora vescovo di Arezzo, padre Flavio Carraro, mi chiese di entrare al servizio della Santa Sede mi spiegò che non si trattava di un mio servizio personale ma una vocazione, una chiamata, che riguardava tutta la mia famiglia. Ed è stato così. Certamente le dimissioni improvvise sono state vissute con dolore. Che non hanno toccato il senso di una storia che ci ha educati e formati. Né la riconoscenza riguardo ai Papi che abbiamo servito: San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Resto profondamente legato alla Chiesa e sono uomo delle istituzioni.

Ad un anno esatto dalla fine del suo mandato nella Santa Sede lei è stato ricevuto dal presidente Sergio Mattarella al Quirinale...

Sono due i gesti che più mi hanno rincuorato nell’anno appena archiviato. L’incontro con il Presidente che è stato il gesto di un padre, solenne e allo stesso tempo semplice. E la lettera autografa che Papa Francesco mi ha inviato in risposta ad una mia missiva scritta al termine del mandato. Una lettera «al caro fratello dottor Domenico Giani» in cui con parole affettuose e non di circostanza mi rinnova la sua riconoscenza e la sua stima.

Un’ultima domanda. Come vede quanto sta accadendo in Vaticano?

Il Papa continua la sua riforma con fermezza non disgiunta dalla carità, ma senza cedere a pulsioni giustizialiste, ed in questo necessita sempre di collaboratori leali che agiscano con criteri di verità e giustizia.

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