martedì 9 settembre 2014
​Andrea Riccardi (Comunità Sant'Egidio) fa il punto sull'incontro interreligioso di Anversa: "Le religioni devono collaborare per un mondo migliore, contro ignoranza e fanatismo".
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ANVERSA - La pace si costruisce non solo sul rispetto e l'accettazione dell'altro, ma anche sulla comprensione di un mondo complesso, guai a semplificare. Andrea Riccardi sintetizza così uno dei grandi messaggi di questo incontro internazionale ad Anversa "La pace è il futuro" organizzato dalla sua Comunità di Sant'Egidio. Un evento solennemente concluso ieri con ultimi panel, e poi preghiere in cinque luoghi di culto delle rispettive religioni, e infine la processione verso la splendida piazza centrale del Grote Markt per la proclamazione dell'Appello di pace, letto da un giovane tedesco e da una giovane belga, presente la regina dei Belgi Matilde.  Proprio questo incontro ha mostrato tale complessità consentendo di ascoltare, ha detto Riccardi, «molte voci di dolore da parte di siro-ortodossi, caldei, yazidi». «Di fronte al conflitto in Medio Oriente, in Nigeria, in Iraq - ha aggiunto il fondatore della Comunità di Sant'Egidio - alcuni sostengono che a quella che ritengono una guerra di religione bisogna rispondere con una guerra simmetrica di religione e di civiltà. Tutto, piuttosto, ci invita ad un atteggiamento intelligente. Il mondo globale non è adatto ai terribili semplificatori. Non è jihad contro crociata». Un invito rivolto anche ai media, che «hanno una responsabilità fondamentale perché rischiano di essere strumento importante nella battaglia che si sta combattendo», e non di rado indulgono a «battaglie culturali» come accadde con la guerra in Iraq del 2003. In qualche modo l'incontro con 25 panel in due giorni è stato come un gigantesco brain storming, una riflessione collettiva a più voci. Che ha concordato sul rifiuto dell'abuso delle religioni a fini di violenza e la loro associazione con la pace - dal gran muftì d'Egitto Shawki Ibrahim Addel-Karim Allam allo sciita iraniano Sayyed Mohammad Ali Abtahi, al rabbino argentino Abraham Skorka, al patriarca siro ortodosso di Antiochia Ignatius Aphrem II. «Non c'è guerra santa - si legge nell'appello di pace - l'eliminazione dell'altro in nome di Dio è sempre blasfemia. L'eliminazione dell'altro usando il nome di Dio è solo orrore e terrore». Un appello pressante, che avverte che «il mondo rischia di perdere il senso di un destino comune proprio mentre è diventato globale». Solo che «ora è tempo di decisione, non di rassegnazione». Ecco perché, è scritto nell'appello di pace, «ci assumiamo oggi la responsabilità della pace quando troppo pochi sognano la pace», e «ci impegniamo in un tempo difficile a difendere la vita dei fratelli di religione diversa dalla nostra che sono minacciati». In filigrana è quella alleanza delle religioni per la pace e contro le violenze invocato dalla Comunità di Sant'Egidio e in qualche modo anche alla base dell'idea lanciata dal presidente israeliano Shimon Peres di un «Onu delle religioni». Una proposta, ha commentato Riccardi, che «mostra la centralità e la responsabilità delle religioni per un contatto fecondo, mai più da sole, ma sempre in contatto e insieme. Essere insieme è una nuova strategia delle religioni per un mondo complesso. Non si tratta di creare una nuova istituzione ma sottolineare la centralità delle religioni e la necessità e opportunità di un contatto permanente a livello globale e locale tra le religioni». C'è anche un appello all'Europa, che, ha detto Riccardi, «quando si discute di religione e pace è provocata». Di qui una richiesta a Bruxelles: «Il dialogo - ha detto - va ravvivato e mi auguro che la prossima Commissione Europea discuta con i leader religiosi di queste tematiche». Che portare la pace con il dialogo sia possibile, del resto, lo dimostra la stessa Comunità di Sant'Egidio, che ha patrocinato vari accordi di pace dal Mozambico nel 1992, a quello, da ultimo, per la provincia musulmana filippina di Mindanao. Alla cerimonia di ieri ha parlato anche Al-Hajj Murad Ebrahim, presidente del Fronte di liberazione islamico El Moro dell'isola filippina. «Mentre le fiamme di tanti conflitti ardono ancora in tante parti del mondo - ha detto- dopo la lunga notte della guerra oggi è sorta una nuova alba di pace a Mindanao. La pace è possibile!». Allo stesso modo Sant'Egidio ha promosso il patto repubblicano della Repubblica Centraficana il quale, ha detto Lea Koyassoum Doumta che ad Anversa ha rappresentato quel paese, «ci ha dimostrato che è possibile sedersi allo stesso tavolo e superare le diffidenze, e ritrovare il senso di appartenenza alla stessa famiglia nazionale anche con tutte le comunità religiose». «Occorre - è il monito dell'appello - avere l'audacia di pensare la pace, perché o il futuro è la pace, o non c'è più futuro sia per chi vince, sia per chi perde». La prossima edizione del meeting interreligioso organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio si terrà il prossimo anno a Tirana, in Albania.
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