mercoledì 31 gennaio 2024
Il viceministro del Mef Maurizio Leo (Fdi) segna un cambio di linguaggio e va in avanscoperta su un terreno insidioso dal punto di vista elettorale: la premier verso una nuova retromarcia
La premier Meloni

La premier Meloni - Reuters

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«L’evasione devi combatterla dove sta, big company, banche, frodi sull’Iva... non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato solo perché devi fare caccia al reddito più che all’evasione fiscale». Parole e musica di Giorgia Meloni. Data: 27 maggio 2023, appena nove mesi fa. Dichiarazioni che suscitarono un certo clamore. Pochi giorni dopo, per la premier fu necessario chiarire. «Temo che non abbiate seguito - rispondeva Meloni ai cronisti che le chiedevano di specificare meglio -, perché quello che ho detto non riguarda una parte dell’imposizione fiscale. Dovete approfondire meglio. Io parlavo di quando lo Stato, invece di fare lotta all’evasione fiscale, fa caccia al gettito. Significa che all’inizio dell’anno si quota quanto si prevede di fare dalla lotta all’evasione fiscale... Voi capite che è curioso perché dopo si devono fare quegli importi a tutti i costi, altrimenti non si hanno i soldi per coprire i provvedimenti. E si fanno cose bizzarre che sono più simili alla caccia al gettito che alla lotta all’evasione fiscale. Questo secondo me non è giusto».

Si era in campagna elettorale per le amministrative, in quei giorni. Ma, certo, è impossibile non notare quanto sia differente la “narrazione” di maggio 2023 da quella espressa ieri dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, titolare del dossier-fisco per conto del governo e dirigente di spicco di Fratelli d’Italia. Insomma, una personalità titolata a parlare per nome e per conto dell’esecutivo senza timore di essere smentito.

In 180 giorni si è dunque realizzata una sorta di rivoluzione copernicana. Prima si paragonava la lotta all’evasione all’attività della mafia. Ora, invece, l’evasione viene definita un «macigno come il terrorismo». E vengono rimesse al centro del dibattito formule e ricette che, le avesse tirate fuori un governo tecnico, Fratelli d’Italia avrebbe convocato una mobilitazione nazionale. Tra le proposte più spinte avanzate da Leo, ad esempio, quella di chiedere al Garante per la privacy di abbassare soglie che ora impediscono di accedere a dati importanti per capire il tenore di vita di un potenziale evasore. Un Leo e un governo in versione Padoa Schioppa, insomma.

Tanto meglio, si potrebbe osservare. Sin troppo era durata una piattaforma politica fondata sull’assunto delle tasse cattive e dell’evasione “necessaria” per sopravvivere. Piattaforma, sia chiaro, che ha anche degli elementi di verità di cui farsi carico con saggezza ed equilibrio. Ma che non può essere trasformata nel paradigma-chiave della politica economica di un Paese del G7 e cofondatore dell’Europa, che tra l’altro deve annualmente giustificare ai propri partner internazionali il permanere di enormi cifre sottratte e sfuggite al Fisco.

Certo ora le parole di Leo andranno verificate alla prova dei fatti. Dove il “fatto” sarà il decreto-riscossione previsto tra qualche settimana nell’ambito dell’attuazione della delega fiscale. L’attesa è che la “nuova narrazione” si traduca in misure. E che dunque vengano superate, in nome dell’interesse generale, resistenze che già si sono palesate nella Lega e in Forza Italia al solo udire le parole di Leo (tra l’altro, viceministro in un dicastero tenuto da uno dei massimi esponenti del Carroccio, Giorgetti).

È da escludere infatti che le parole del numero due del Mef siano “dal sen fuggite”. Perché il contrasto all’evasione è uno dei segni di serietà di un governo che vuole sedere al tavolo delle trattative a Bruxelles. Perché le prospettive per la prossima legge di bilancio sono amare. Perché le nuove regole europee su conti pubblici, deficit e debito metteranno alle strette Roma (o si trovano nuove risorse o bisognerà tagliare spese politicamente sensibili).

Insomma è facile comprendere perché la «narrazione» sia cambiata così profondamente. Meno semplice è capire se questa svolta (per il momento a parole) su fisco ed evasione reggerà all’urto delle tensioni dentro la maggioranza.

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