venerdì 2 settembre 2016
Per 2 anni la ragazzina è stata prelevata a scuola e portata a casa del boss per essere a disposizione dei giovani della 'ndrina. In manette 9 persone.
Calabria, a 14 anni schiava sessuale del clan
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Veniva “prelevata” a scuola e portata a casa del boss per essere a disposizione sessuale dei giovani del clan. Una quattordicenne, per due anni, ha vissuto un incubo tra l'omertà di quanti sapevano e facevano finta di non vedere.Sono 9 gli arresti dell'operazione “Ricatto”, di cui tre, seppur giovanissimi, già noti alle forze dell'ordine per associazione a delinquere di stampo mafioso. Accade a Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) dove i capo-clan sono finiti tutti in manette, mentre in libertà c'è Giovanni, figlio di Remingo Iamonte ritenuto il reggente della 'ndrina.Lo vedevano tutti nella cittadina, insieme a quella giovane ragazza; ma ancor di più la vedevano alcuni giovani negli schermi dei loro smartphone, dove condividevano filmati e foto dei festini in cui la ragazza veniva coinvolta contro la sua volontà. Tutto nasce con un amore estivo tra la vittima e uno degli arrestati, nel 2013. Lui molto più grande di lei, ben presto riuscirà a sopraffare l'acerba personalità della ragazza costretta ad assecondare indistintamente a tutte le richieste del ragazzo.La violenza subita diventa il “cappio” alla libertà della stessa ragazza, stretta nella morsa delle minacce di rivelare ai genitori quanto accaduto, soprattutto da quando quella relazione divenne perversa. Viene costretta, infatti, ad intrattenere rapporti sessuali di gruppo con gli amici del suo allora fidanzato. Tra i giovani carnefici c'è uno dei Iamonte. «La presenza di questa persona – ha spiegato il Procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho - insieme all'operatività del gruppo ha determinato quel silenzio, quella paura e quella soggezione che è tipica degli ambienti di 'ndrangheta».Solo un'insegnante, attraverso un tema, riesce a cogliere la ferita aperta di questa ragazza i cui genitori – vittime del sistema omertoso – hanno paura di denunciare. Fino alla scorsa estate e all'intervento dei Carabinieri che hanno sollevato la ragazza dal giogo della violenza e dell'indifferenza di una comunità inerme dinanzi a una sistematica vessazione di una giovane vita a opera del clan.
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