sabato 15 giugno 2019
Da Bergamo alla Calabria, la battaglia dei territori contro il proliferare delle slot sta dando buoni risultati. Ma la pressione su nuovi e vecchi governatori per un ritorno al passato è forte
Il Piemonte modello non torni indietro
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Il caso Piemonte ha dimostrato che è possibile arginare le sale, ma intanto è ripartita la propaganda Le ricerche ad hoc dei concessionari e i nuovi equilibri politici locali mettono a rischio una buona legge Il giro di vite anti-slot sta funzionando. Dopo gli anni della mobilitazione della società civile, molti enti locali hanno emanato regolamenti e leggi per arginare la diffusione delle sale. Dagli orari per il pubblico alla distanza dei locali dai luoghi sensibili, il cambio di direzione produce risultati positivi. Oltre al caso Piemonte (di cui parliamo nell’articolo qui sotto) ci sono esempi positivi che vanno ricordati. La città di Bergamo negli anni scorsi ha visto un calo del fatturato per l’azzardo: -3,7% contro un dato regionale in crescita del 3,4%. La Regione Calabria, lo scorso 30 aprile, ha organizzato il primo #Noslotday Calabria, con le associazioni che aderiscono alla Campagna “Mettiamoci in gioco”. Multe e contravvenzioni agli esercizi commerciali che sono sorti sul territorio sono stati il primo segnale di ribellione. Ma le società leader nel mercato dell’azzardo non stanno a guardare. E sono già passate all’attacco.

Tra i lasciti più apprezzati della giunta uscente del Piemonte vi è una legge che da quasi un anno e mezzo ha dapprima frenato l’espansione del gioco d’azzardo in più di mille Comuni della Regione, e poi invertito la tendenza. Resistendo a pressioni di ogni genere (venute anche dall’interno del suo partito) l’allora presidente Chiamparino ha mantenuto il punto. Risultato? Nel cuore dell’ex regno sabaudo tra il dicembre 2017 e il fine anno 2018 il consumo di scommesse, lotterie e slot machine è diminuito del 10%. Nel resto d’Italia è invece aumentato di 5,3 punti percentuali. Dunque, sommando il mancato incremento con il decremento, il Piemonte ha contenuto del 15 per cento l’abuso di azzardo. Un precedente che non piace alle lobby.

Per proseguire nell’iperbolico business le società concessionarie devono smantellare leggi e regolamenti che le Regioni e i Comuni emanano a protezione dei cittadini e in generale della convivenza civile. Non si contano più i ricorsi ai Tribunali amministrativi, ad esempio, per far venir meno le Ordinanze dei sindaci che hanno imposto distanze di sicurezza dai luoghi sensibili (scuole, oratori ed edifici di culto, ospedali, palestre, caserme…).

Sempre più spesso i giudici (anche costituzionali), tuttavia, respingono le pretese dei concessionari, e confermano gli Atti, soprattutto quando sono ben scritti e motivati. Anche i più piccoli Municipi, del resto, possono intervenire, qualora a far loro da scudo ci sia una legge regionale che supplisca all’assenza di cautela dello Stato centrale. E che per- metta, a cascata, ai sindaci di intervenire con decisione. È per l’appunto il caso del Piemonte - che in un’atmosfera contrassegnata per altre Regioni da dietrofront - non si è lasciato 'normalizzare', mantenendo la data di entrata in vigore delle norme sul cosiddetto distanziometro. Grazie alla legge 9/2016 «per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico» si possono già oggi riscontrare effetti vistosi in termini di risparmio pubblico.

Un pericolo incombente, dunque, per le lobby, che hanno modificato la loro tattica. Come? Con vari accorgimenti, compreso quello che in gergo tecnico si chiama difetto di epistemologia. Non è un illecito in senso tecnico, ma pur sempre una falsa coscienza. Ecco dunque spuntare come funghi le ricerche ad usum delphini, finanziate con una strana procedura. I Monopoli indicano ai concessionari di effettuare indagini sui giochi d’azzardo, e questi ultimi scelgono - senza vincoli di gara, ma a discrezione - i partner più congeniali per l’operazione di disinformazione.

Il concessionario è incaricato di pubblico servizio, ma poi gestisce i suoi contratti 'liberamente'. Operazione coronata da successo in Puglia, quando si sono mobilitati i gestori di macchinette a soldi e anche sigle sindacali, ben muniti di un singolare breviario. A mo’ di Libretto Rosso le parole di una ricerca (stessa firma: Eurispes; stesso committente: società del gambling) hanno fatto deflettere il governatore Emiliano, che ha bloccato la sua legge regionale pochi giorni prima dell’entrata in vigore in autunno. Identica operazione è stata però frustrata in Piemonte.

Ma a pochi passi dal voto, il 7 di maggio scorso, la società di ricerca - realizzatrice di più report commissionati dai concessionari - è andata a esporre a Torino un pamphlet contro la legge regionale: «Gioco pubblico e dipendenze in Piemonte ». Tralasciamo il curioso lemma ('gioco pubblico') che oscura il denaro e il fine di lucro di tale esperienza 'ludica'. Alla vigilia di una seconda tappa dell’entrata a regime del 'distanziometro' l’Eurispes ha lamentato che «la diminuzione dell’offerta interesserà pressoché l’intera area delle Vlt, che nel 2018 ha espresso un volume di giocate pari a circa 1 miliardo e 900 milioni di euro. Applicando una riduzione tendenziale dell’80%, si dovrebbe manifestare una riduzione pari a circa 1 miliardo e mezzo». Sommato questa decrescita alla chiusura di slot machine da bar, la «domanda di gioco legale » per una cifra «intorno ai 2 miliardi di euro... non s’incontrerà più con una corrispondente offerta legale». Insomma, nelle otto Province resterebbe un consumo contabilizzato di 'solo' 1 miliardo e 700 milioni in «apparecchi da intrattenimento».

Cifra pari all’incirca a quella dell’anno 2006, quando si verificò il precedente boom dell’azzardo di Stato, che in dieci anni ha però più che raddoppiato quel 'volume' di gioco già eccessivo. Poiché è difficilmente sostenibile che almeno 20mila 'apparecchi' (dei 34 mila all’opera fino al 2016) potranno trasmigrare negli scantinati di bische clandestine, l’impatto netto sarà una minore esposizione al rischio delle popolazioni locali. Un ritorno alla ragione, che si capisce non vada a genio alle società che operano for profit. Ma che non piace nemmeno all’azienda incaricata di lanciare discutibili report di analisi su «gioco pubblico e dipendenze ».

Che ne sarà adesso di quella buona legge? Con il cambio di maggioranza si profila il serio rischio che i tentativi di esercitare un’interferenza indebita trovino orecchie sensibili, stando almeno a dichiarazioni in campagna elettorale del governatore eletto domenica scorsa. Sarebbe davvero grave, proprio nella Regione che, a conti fatti, in questi anni si è caratterizzata per trasparenza e rigore nell’amministrazione pubblica. Tanto più che anche in altre realtà locali, governate anche dal centrodestra, la battaglia contro il dilagare dell’azzardo resta decisa e ben calibrata.

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