mercoledì 31 luglio 2019
Il vicepremier dopo il caso sollevato da "Avvenire" sulle linee guida per le scommesse accusa l’Autorità di aver annacquato la legge e chiede le dimissioni dei vertici. Il presidente: siamo autonomi
Di Maio all'attacco di Agcom: «Linee guida assurde, le bloccheremo»
COMMENTA E CONDIVIDI

Non ci sta a passare come il promotore di una norma ambigua, lacunosa, inefficace. Luigi Di Maio sostiene che, in un modo o nel-l’altro, «il 10 agosto deve entrare in vigore il divieto assoluto di fare pubblicità per l’azzardo», come previsto dall’articolo 9 del decreto Dignita, un testo fortemente voluto proprio dal leader pentastellato.

Ci sono appena 10 giorni per rispettare i tempi. E il silenzio della Lega sulla questione non sembra agevolare il raggiungimento dell’obiettivo dichiarato dal primo partito di maggioranza. «Stiamo valutando un ricorso al Tar per andare contro le linee guida dell’Agcom e un decreto ad hoc», annuncia il vicepremier nel corso di una diretta Facebook. Già oggi, secondo quanto filtra da fonti del M5s, è in programma una riunione con i tecnici legislativi per studiare il dossier e gettare le basi per un intervento normativo. Dopo il caso sollevato nei giorni scorsi da Avvenire sulla beffa del divieto di fatto non operativo, dunque, il capo politico del Movimento si scaglia contro l’Autorità che aveva il compito di predisporre un regolamento per l’applicazione della misura. Organismo che adesso viene accusato di aver fatto una «porcheria » e «annacquato» la legge. «Ma che Stato è – rincara la dose – uno Stato che fa le leggi e l’Agcom, che è un’autorità indipendente, le stravolge?».

Non solo: in un post diffuso via social network in mattinata Di Maio aveva invitato «i signori dell’Agcom a dimettersi» dal loro incarico: «Se a loro non sta a cuore la vita dei ragazzi e delle loro famiglie, ma evidentemente si occupano di altri interessi, è un problema loro. A me importa che in Italia ci siano persone che scommettono su se stesse, non sul gioco d’azzardo». L’offensiva si chiude con un’ultima stoccata: «A settembre cambieremo i vertici...».

Affermazioni che non restano senza replica a lungo. La risposta del presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani arriva a stretto giro e non è tenera. Da una parte si fa notare che l’Autorità è «un organismo indipendente, innanzitutto dal potere politico, dotato di propria autonomia decisionale, e non può essere considerato un ufficio di diretta collaborazione di un ministro ».

Quindi, afferma Cardani, «prima di insultare Di Maio avrebbe dovuto confrontarsi nel merito ed eventualmente collaborare nell’interpretazione dei contenuti della legge», anche considerando «le difficoltà di coordinamento che impediscono una piena applicazione del divieto di pubblicità nel settore ». Nella sua replica, Cardani conferma che l’interlocuzione principale dell’Agcom è stata con «Agenzia delle dogane e Monopoli».

Ma proprio questo è un punto debole della difesa dell’Autorità, poichè proprio i Monopoli, per quella contraddittoria dinamica che vede lo Stato trarre vantaggi economici dal gioco d’azzardo, hanno interesse primario a non perdere incassi. Quanto alla richiesta di dimissioni il numero uno dell’Agcom ricorda che «il Consiglio è scaduto il 24 luglio» e agisce in prorogatio in attesa delle nuove nomine che, si fa notare con un affondo finale, tardano ad arrivare per «l’inazione del Parlamento e del governo».

Nel mirino di Di Maio ci sono soprattutto alcune valutazioni compiute dai tecnici dell’Autorità e riportate nel documento dello scorso aprile in seguito a una serie di audizioni con attori del settore. Il vicepremier non entra nello specifico ma parla genericamente di «regole che vanno contro la legge e permettono ai concessionari del gioco d’azzardo di fare ancora pubblicità e di stipulare nuovi contratti ». Probabilmente si riferisce ai passaggi in cui l’Agcom sottolinea che «non sono da considerarsi pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto» oppure ««le informazioni rilasciate su richiesta del cliente in ordine al funzionamento del servizio di gioco» e per «la mera esposizione delle vincite realizzate presso un punto vendita». Sulla questione si scatena anche una polemica politica.

Le opposizioni, dal Pd a Forza Italia, contestano tempi, modi e finalità dell’affondo del leader 5 stelle. «Di Maio continua ad attaccare le autorità indipendenti – dice Maria Elena Boschi –. Dopo aver scelto un ministro in carica come presidente di Consob e aver spinto Cantone alle dimissioni, ora tocca all’Agcom. Non sa nemmeno che il presidente ha già terminato il proprio mandato e spetta al Parlamento sostituirlo». Per la parlamentare di Forza Italia Elvira Savino l’intento di Di Maio è solo quello di «mettere le mani sull’Autorità ».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: