giovedì 25 maggio 2023
L'economista commenta le parole del cardinale Zuppi a chiusura dell'Assemblea Cei: «L'8 per mille strumento di sussidiarietà. L'emergenza casa va affrontata come in Usa. E in Romagna poca prevenzione»
Stefano Zamagni

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Una Chiesa che vuole essere presente nella storia del Paese, orientandosi col Vangelo per seguire i problemi delle persone: povertà, emergenza casa, alluvione. Per esempio con lo strumento dell’8 per mille «che è proprio vero che “fa bene all’Italia”, come dice il cardinale Zuppi. Perché è uno dei modi di applicare il principio di sussidiarietà». Stefano Zamagni - economista dell’Università di Bologna, fino a un mese fa presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali («ma il Papa ancora mi fa lavorare...») , presidente della Fondazione Lumsa - concorda sulle parole con cui il presidente della Cei ha concluso la 77ª Assemblea generale. «Oggi - dice l’economista - le società non possono evolvere in maniera equilibrata se, accanto ai principi di Stato e mercato, non lasciano spazio alla sussidiarietà. E l’8 per mille è l’unico modo serio per garantire trasparenza, libertà di scelta e rivitalizzazione delle comunità».

L’8 per mille crea anche molta solidarietà. Zuppi ricorda che la povertà cresce e bisogna agire, al di là degli strumenti.

Anche i bambini sanno che l’ingresso nei processi produttivi delle nuove tecnologie digitali tende ad accrescere la povertà relativa. Occorre intervenire non post factum, in chiave redistributiva, ma “predistributiva”, cioè prima che la generazione di reddito abbia luogo. A Bologna anni fa lanciai al cardinale Caffarra la proposta “Insieme per il lavoro”. La approvò. E Zuppi l’ha ripresa. È un progetto che ha un successo straordinario, mette insieme Chiesa, Comune e imprese, ed è rivolto a chi non riesce a entrare nel mercato del lavoro: borse lavoro fino a un anno, per acquisire conoscenze presso le imprese. Alla fine le aziende possono offrire un posto a chi hanno preparato e conosciuto. E centinaia di persone sono state assunte. È un esempio di intervento predistributivo. La redistribuzione invece usa risorse della fiscalità generale, ma non ridà dignità alle persone. San Francesco, figlio di mercanti, prima di morire disse ai suoi: voglio che lavoriate, ognuno come può. La redistribuzione funziona solo nelle situazioni emergenziali, ma non può essere un intervento fisso, offende la dignità delle persone. È un progetto replicabile in altre diocesi.

Poi c’è l’emergenza casa, rilanciata dalla protesta degli universitari accampati.

Il punto non è che manchino le abitazioni, ma che - per ragioni legate a una cultura amministrativa vecchia - non si riescano a mobilizzare gli appartamenti che non vengono immessi nel mercato. C’è una proposta, lanciata pochi anni fa nel Stati Uniti, che rappresenta un punto di svolta, chiamata radical market. Se i proprietari di edifici, pubblici o privati, non li mettono sul mercato per un certo numero di anni, l’autorità interviene chiedendo qual è il valore attribuito al bene. Vale 100? Se l’autorità trova qualcuno disposto ad acquisirla per 110 , il proprietario è obbligato a venderglielo: non puoi tenere una proprietà se non la usi o non la dai in uso ad altri. La proprietà è per il bene comune. In vari stati americani ha un enorme successo.

In un paese che non è definibile come statalista o socialista...

Sul principio di proprietà la Dottrina sociale è maestra: la proprietà privata è legittima se è in funzione del bene comune. La dice lunga che l’abbiano fatto in America, dove comunismo e socialismo non ci sono mai stati. Gli americani sono pragmatici. In Italia questo sbloccherebbe la situazione. Vedo palazzi inutilizzati. Ed è intollerabile.

Sull’emergenza in Romagna, infine, il Cardinale chiede che si spenda rapidamente. E bene.

Lo sa che Rimini, attraversata da ben tre canali, non si è allagata? A Riccione, 10 chilometri a sud, l’alluvione. A Sant’Arcangelo, 9 chilometri a Nord, altra alluvione. Perché 12 anni fa la comunità di Rimini ha creato un forum di cittadini che gratis hanno lavorato per disegnare il futuro della città su diversi piani. Tra cui la messa in sicurezza dei corsi d’acqua. Un piano strategico presentato al consiglio comunale di Rimini dal vescovo Lambiasi. E fu approvato all’unanimità. Un canale è stato tombato, sono stati creati bacini di espansione, e quando è arrivata l’alluvione, Rimini non si è allagata. Bisogna rivitalizzare i circuiti delle comunità. A Rimini il ruolo della comunità cristiana è stato notevole.

La prevenzione era possibile?

I soldi c’erano, non è una terra povera, ma sono stati spesi per campi da calcio e cose di questo tipo, non per mettere in sicurezza la vita. Perché le comunità locali hanno delegato il loro benessere all’ente pubblico. Non serviva un ingegnere idraulico per capire che quegli argini non avrebbero retto. Molto poteva essere evitato.


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