Da sx: De Sena, Amato, Miccio, Minardi, Pezzati, Boldrini e Ferrari - Foto Liverani
Cinquecentomila richieste per un cessate il fuoco, per l’apertura agli aiuti umanitari, per il blocco totale dell’invio di armi, per il rispetto del diritto internazionale. Cinquecentomila appelli al governo italiano che finora «è stato capace di astenersi sul voto per il cessate il fuoco all’assemblea generale delle Nazioni Unite». Le organizzazioni non governative italiane ancora presenti nell’inferno di Gaza - Emergency, Medici senza frontiere, Oxfam - hanno presentato alla Camera lo scatolone che simbolicamente contiene le oltre 500 mila firme raccolte in questi mesi. Per chiedere alla premier Giorgia Meloni di prendere posizione per una sospensione dei combattimenti e l’ingresso degli aiuti. E alla presidente Ursula von der Leyen la sospensione dell'accordo di cooperazione Ue-Israele.
A presentare l’iniziativa ci sono Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia per le crisi umanitarie; le presidenti di Emergency, Rossella Miccio e di Medici senza frontiere, Monica Minardi. Ci sono anche Massimo Amato, economista alla Bocconi che ha lanciato la raccolta firme #StopCrimesInPalestine, e Pasquale De Sena, giurista all’Università di Palermo, che contestano il «doppio standard della comunità internazionale, che non condanna le violazioni del diritto da parte di Israele, come invece giustamente fa con la Russia». A invitare a Montecitorio le Ong è l’Intergruppo parlamentare per la pace tra Israele e Palestina, rappresentato dalle dem Laura Boldrini e Sara Ferrari.
Paolo Pezzati ricorda che «Oxfam opera a Gaza dal 1980» e che dall’inizio dell’operazione militare gli operatori umanitari «hanno pagato un prezzo altissimo, con 356 morti. Questa mattina - racconta - in una zona controllata dagli israeliani sono stati attaccati 100 camion di aiuti: 20 morti, numerosi i feriti, 70 camion portati via». Pezzati spiega che a novembre la media di camion con aiuti alla popolazione è stata di 60 al giorno, prima era di 500. «Nemmeno le foto e i video rendono cosa è oggi Gaza - dice Pezzati - letteralmente rasa al suolo, con la rete idrica distrutta al 68%, quasi 45 mila morti, 106 mila feriti, 10 mila dispersi e 1,9 milioni di persone sfollate più volte, ammassate nel 20% della Striscia, già prima sovraffollata. Ora sta arrivando l’inverno e la gente non ha modo di proteggersi dal freddo. A Gaza Nord da 60 giorni non entrano aiuti e la popolazione ha ricevuto l’ennesimo ordine di evacuazione. E la comunità internazionale non è riuscita a cambiare nulla».
«Con queste firme proviamo a rompere la coltre di soffocante indifferenza verso la popolazione civile e le Ong», dice Rossella Miccio: «Come Emergency - spiega - da due mesi e mezzo attendiamo le autorizzazioni per costruire una clinica, nel frattempo sosteniamo un ospedale già esistente, con 6 sanitari internazionali e 20 palestinesi: 170 visite al giorno, finora 3.200 persone. Mentre a un chilometro da noi hanno usato bombe incendiarie». Miccio afferma che «la stima delle vittime non calcola tutte le persone che muoiono per patologie croniche non più curate per mancanza di farmaci» come diabete, ipertensione, insufficienza renale, tumori. Secondo uno studio pubblicato su Lancet a luglio «nei conflitti recenti, le morti indirette vanno da tre a 15 volte il numero di morti dirette». «Non possiamo far arrivare da Gaza Nord i componenti per i desalinizzatori - denuncia Miccio - e siamo costretti a comprare l’acqua potabile in bottiglia, con un aumento dei costi. Sono 30 anni che operiamo in aree di conflitto, ma a Gaza vediamo cose mai viste».
«Siamo tutti sconvolti da quello che è successo il 7 ottobre - dice Monica Minardi di Msf - e condanniamo la violenza su tutti i civili e il rapimento degli ostaggi. Ma nonostante la risoluzione sul cessate il fuoco del Consiglio di sicurezza e le incriminazione della Corte penale internazionale, la guerra non accenna a fermarsi». La presidente di Msf afferma che «lo spazio umanitario a Gaza è continuamente e deliberatamente violato. La metà dei 36 ospedali di Gaza non c’è più. Le vaccinazioni dei bambini sono sospese. Siamo costretti a modificare i protocolli di cura, cosa molto dolorosa per dei medici: interventi chirurgici con sedazione ridotta al minimo, operazioni sul pavimento dei corridoi, medicazioni ogni quattro giorni, invece che quotidianamente. Non arrivano garze, antibiotici, dispositivi per le fratture. Ai morti dei bombardamenti si aggiungono quelli delle infezioni. E poi le cicatrici deformanti e invalidanti sulle mani e sulla bocca». Minardi spiega che «i bambini da evacuare per motivi sanitari sarebbero 100 mila. Abbiamo chiesto l’autorizzazione per curarne 8 in Giordania. Ci è stata negata. Gaza è una catastrofe umanitaria causata dall’uomo».