![Gli adulti italiani hanno poche competenze e i lavori sono sempre più poveri Gli adulti italiani hanno poche competenze e i lavori sono sempre più poveri](https://www.avvenire.it/c/2024/PublishingImages/b3537deeff7a425a9316bfa0a62b6c78/formazione-adulti.jpg?width=1024)
L'altra faccia dell'Italia che crea lavoro (121mila nuovi posti nell'ultimo trimestre e un tasso di disoccupazione al 5,8%) sono scarsi livelli di produttività e bassi salari. È il paradosso di un mercato del lavoro che sconta la costante regressione delle competenze degli adulti, certificata ancora una volta dall'indagine Piaac dell'Ocse sulla popolazione tra i 16 e i 65 anni di 31 Paesi, tra cui il nostro. La ricerca, che arriva a dieci anni dall'ultima edizione dello studio datata 2011-2012, ha confermato la stretta correlazione tra bassi livelli di competenze acquisite, minori possibilità di partecipare al mercato del lavoro e bassi salari. Che «sono al palo da trent'anni», conferma Stefano Scarpetta, direttore per il Lavoro, l'Occupazione e gli Affari dell'Ocse, presentando i dati italiani del rapporto. Per il nostro Paese, l’indagine è stata realizzata dall’Inapp (Istituto per l’analisi delle Politiche pubbliche).
Tre i parametri indagati: literacy (capacità di comprendere un testo), numeracy (capacità di utilizzare strumenti matematici) e problem solving. Tutti e tre declinati sulla capacità di «applicare queste competenze in un'ampia gamma di situazioni della vita degli adulti», si legge nel rapporto. Particolare di un certo rilievo, considerando che, in tutti i parametri indagati, l'Italia occupa posizioni di retroguardia. In literacy siamo penultimi con 245 punti (media Ocse 260) davanti soltanto al Portogallo. Idem in numeracy (matematica), con 244 punti, rispetto a una media Ocse di 263, mentre in problem solving siamo addiritura all'ultimo posto (231 punti contro una media Ocse di 251). Sempre per quanto riguarda literacy, il 35% degli adulti italiani tra i 16 e i 65 anni ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1 (base), mentre la media Ocse è del 26%. Di contro, appena il 5% degli italiani si colloca al livello massimo (top performer) in literacy, rispetto a una media Ocse del 12%, mentre in numeracy il rapporto è 6% di top performer per l'Italia e 14% media Ocse. Considerando in modo congiunto i tre domini, il 26% degli adulti in Italia ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1, rispetto a una media Ocse del 18%. Inoltre, confrontando le ultime due edizioni di Piaac, si rileva come, nel decennio trascorso, le competenze in literacy e numeracy siano rimaste sostanzialmente invariate. In particolare, in literacy la quota di cittadini adulti con livello di competenze 1 o inferiore, è aumentata (da 28% a 35%), mentre quella dei top performer è cresciuta dal 3% al 5%, rimanendo sostanzialmente stabile. Stesso discorso per numeracy: dal 32% al 35% i livello base e dal 5% al 6% il livello top.
Stabilmente in testa a tutte e tre le “materie” considerate ci sono Finlandia, Giappone e Svezia, con punteggi vicini a quota 300. Di più. Secondo gli analisti dell'Ocse, «in Italia gli adulti con un livello di istruzione terziaria hanno ottenuto un punteggio inferiore rispetto agli adulti finlandesi con un livello di istruzione secondaria superiore». Un dato strettamente correlato alla possibilità di partecipare attivamente al mercato del lavoro, visto che «livelli di competenza più elevati comportano vantaggi economici e sociali significativi». Per esempio, in Italia il tasso di attività è del 62% tra gli adulti a livello 1 o inferiore e del 92% tra quelli a livello 4 o superiore. Il tasso di disoccupazione è del 2% per i top performer e del 12% per il livello base e la differenza di stipendio orario lordo è di 10 dollari: 17 contro 27. «È il grande paradosso del mercato del lavoro italiano - commenta Scarpetta -. Creiamo occupazione ma con scarsi livelli di di produttività e bassi salari. Per questo è necessario investire di più sulla formazione continua degli adulti. Oggi appena il 36% partecipa a percorsi di formazione, rispetto a una media europea del 47%. E soltanto il 16% tra coloro che hanno una bassa qualificazione. E che, invece, avrebbero più bisogno di avere accesso ad opportunità formative. In questo scenario - conclude Scarpetta - il 35% delle aziende denuncia carenza di competenze adeguate». Un cortocircuito che pesa come un macigno sullo sviluppo del Paese.