Non solo Gaza: nel mondo 673 milioni di persone soffrono la fame
Secondo l'annuale rapporto Sofi diffuso dall'Onu al vertice di Addis Abeba, la quota di persone che soffre di insicurezza alimentare è dell'8,2%, ma resta drammatica la situazione in Africa

Ci sono abbastanza cibo e risorse per tutti in questo pianeta. Eppure troppe persone a livello globale continuano a soffrire la fame o sono malnutrite perché il cibo sano non è disponibile o accessibile. Lo vediamo a Gaza, ogni giorno, lo constatiamo davanti ad altri conflitti come quello in Sudan. Ma molti altri sono gli scenari in cui la fame continua a dominare. C’è sì un dato positivo nell’annuale rapporto sull’insicurezza alimentare nel mondo diffuso ieri dalle agenzie Onu: la fame nel 2024 è arretrata di 0,3 punti percentuali, un dato pari a 22 milioni di persone. Ma sono ancora 673 milioni, l’8,2% della popolazione mondiale, coloro che non hanno di che nutrirsi, mentre nel 2030, anno in cui il mondo avrebbe dovuto raggiungere il risultato fame zero, si stima che saranno ancora 512 milioni gli affamati, il 60 per cento dei quali in Africa.
L’analisi sulla fame è stata diffusa oggi a margine del vertice delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari in corso fino ad oggi ad Addis Abeba, vertice che sta facendo il punto sul cammino intrapreso finora e sulle ulteriori necessità di finanziamento allo sviluppo. Il vertice, co-presieduto da Etiopia e Italia, con la partecipazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di molto leader mondiali, rappresentanti delle istituzioni internazionali, della società civile e del settore privato, ha messo al centro la necessità di costruire sistemi alimentari sostenibili ed equi per affrontare fame, povertà, crisi climatica e disuguaglianze globali. "Il cambiamento climatico sta sconvolgendo i raccolti, le catene di approvvigionamento e gli aiuti umanitari. Il conflitto continua a diffondere la fame da Gaza al Sudan e oltre - ha sottolineato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres -. La fame alimenta l'instabilità e mina la pace. Non dobbiamo mai accettare la fame come arma di guerra". ''La sicurezza alimentare'' è una ''sfida epocale, di assoluta priorità”, ha evidenziato anche Meloni, secondo cui “l'insicurezza alimentare è, in ogni suo aspetto, una questione politica. Ma non solo. È anche, e soprattutto, una questione economica”.
Secondo il rapporto Onu, la distribuzione geografica della fame evidenzia ancora forti disuguaglianze: oltre 307 milioni di persone affamate si trovano in Africa, 323 milioni in Asia e 34 milioni in America Latina e Caraibi. In termini relativi, l’Africa è la regione più colpita, con il 20,2% della popolazione che soffre la fame, seguita da America Latina (5,1%) e Asia (6,7%). Ma la fame non è l’unico problema. Un dato ancor più allarmante riguarda la sicurezza alimentare, ovvero l’accesso regolare a cibo sufficiente, nutriente e sicuro. Nel 2024, 2,3 miliardi di persone – quasi una su quattro – hanno vissuto in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave. Sebbene si registri un leggero calo a livello globale (dal 29,6% del 2021 al 28,0% attuale), l’Africa continua a vedere crescere il numero di persone in difficoltà, mentre in Asia il calo è lento ma costante. In America Latina, invece, si osserva un miglioramento.
Un dato trasversale, però, emerge chiaramente: la fame colpisce di più le aree rurali e le donne rispetto agli uomini. Un divario che riflette non solo disuguaglianze economiche e geografiche, ma anche sociali e culturali. Il cibo, peraltro, costa sempre di più, ma meno persone possono permetterselo. Nel 2024, il costo medio globale di una dieta sana ha raggiunto 4,46 dollari (a parità di potere d’acquisto) al giorno per persona, rispetto ai 4,30 dollari del 2023 e ai 4,01 del 2022. Una crescita continua, trainata dalle tensioni geopolitiche, dai cambiamenti climatici e dalla volatilità dei mercati. Il numero di persone che non possono permettersi una dieta sana è sceso da 2,76 miliardi nel 2019 a 2,60 miliardi nel 2024. Una tendenza positiva che, tuttavia, nasconde gravi squilibri. In Africa, ad esempio, il numero è cresciuto da 864 milioni a oltre 1 miliardo di persone, raggiungendo il 66,6% della popolazione. Nei Paesi a basso reddito, oggi il 72% della popolazione non può permettersi una dieta adeguata.
Un fronte su cui si registrano progressi parziali è quello della malnutrizione infantile. La percentuale di bambini sotto i cinque anni colpiti da ritardo nella crescita (stunting) è scesa dal 26,4% nel 2012 al 23,2% nel 2024. Un risultato importante, ma non sufficiente. Le percentuali di deperimento acuto (wasting) e sovrappeso infantile sono rimaste pressoché invariate (6,6% e 5,5% rispettivamente). Il rapporto, inoltre, basandosi su dati del 2024 non include ancora gli effetti negativi dei tagli agli aiuti registrati quest’anno, né il deteriorarsi di crisi come quelle di Gaza. “La fame non è una tragedia naturale, ma una conseguenza diretta di scelte politiche – sottolinea Simone Garroni, direttore generale di Azione Contro la Fame -. Non è il risultato della scarsità, ma dell’inerzia. Quando ancora 673 milioni di persone non hanno abbastanza da mangiare, non possiamo parlare di vero progresso: possiamo solo parlare di fallimento collettivo”
Complessivamente, a meno di cinque anni dalla scadenza dell’Agenda 2030, il rischio di mancare clamorosamente gli obiettivi di sviluppo sostenibile è sempre più concreto. I progressi sono troppo lenti e disomogenei, e le crisi globali – dai conflitti alla crisi climatica – rischiano di annullare parte degli sforzi compiuti.
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