L'Italia nascosta dei paesi: i vescovi hanno una ricetta per non farla morire
di Redazione
L'appello del cardinale Zuppi sancisce i lavori dei vescovi delle aree interne che hanno sottoscritto una lettera a governo e Parlamento

Accoglienza degli stranieri, protezione degli anziani e reti contro l’individualismo. Passa da qui la sopravvivenza delle aree interne del nostro Paese. Per salvarle da un’’“eutanasia” provocata da un mix micidiale di spopolamento, inverno demografico e nuove solitudini. L’appello del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, è il punto esclamativo della “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, sottoscritta a conclusione dell’annuale convegno dei vescovi delle aree interne. Il documento sarà consegnato all’Intergruppo parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”. È stato firmato al momento da 139 tra cardinali, arcivescovi, vescovi e abati, ed è stato presentato ieri da monsignor Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento, nonché promotore dell’incontro e primo firmatario. Si tratta di un testo nato nel solco di un cammino avviato nel maggio 2019 dalla Chiesa di Benevento.

L’intento è avviare un «dialogo costruttivo», in risposta al Psnai, il Piano strategico nazionale delle aree interne, approvato a marzo dal governo. Una misura che ha suscitato diverse perplessità: i fari sono puntati soprattutto sull’obiettivo numero quattro, che per alcune aree parla di «accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In sintesi, per i presuli, si tratterebbe di «un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito”» di questi territori lontani da ospedali, stazioni, scuole e altri servizi essenziali. «Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate – si legge nel documento – non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Psnai. In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe, oltre che segno di grave miopia politica, un torto fatto alla Nazione intera». Sono più di 13 milioni gli italiani che vivono nelle “aree interne”, che in 10 anni hanno perso quasi 700mila abitanti. In questo quadro, la lettera ricorda che «la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale».
Come dimostrano i diversi interventi promossi con i fondi dell’8xmille e l’impegno della Caritas italiana, che sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne. Che «possono sembrare il passato – ha detto Zuppi –, ma in realtà ci indicano il futuro. Il nostro Paese non accetti un piano inclinato di rassegnazione, di denatalità e di mancanza di speranza, ma con attenzione scelga di costruire il futuro difendendo la vita e accogliendo la vita. La nostra riflessione – ha aggiunto – non è accanimento terapeutico. Siamo contrari all’eutanasia di questi territori. Servono le terapie opportune perché possano dare nuovi frutti. Bisogna guardare lontano, con un percorso che sia plurale e condiviso».
Tra le strade indicate dal presidente della Cei, quella dell’accoglienza degli stranieri. «È una parte del futuro per tutto il Paese, non c’è futuro senza accoglienza», ha sottolineato Zuppi, che si è soffermato anche sul tema degli anziani. «La loro vita – ha esortato – sia protetta e garantita anche nei luoghi più piccoli».
Citando la lettera, l’arcivescovo di Bologna ha quindi puntato il dito contro quei documenti e decreti governativi e regionali che nel corso dei decenni sono finiti in un «ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili solo a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali». Nel documento si esorta dunque a sollecitare «le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese».
Da qui la richiesta di «avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico». E l’invito a favorire «esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale». Così come a incoraggiare «il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina».
L’auspicio di Accrocca è che la lettera sia fatta «oggetto di attenta riflessione di Governo e Parlamento». Per questo, ha concluso, «saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno. Il nostro non vuole essere un pressing, ma un contributo che offre una prospettiva diversa».
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