Le navi inquinano anche da ferme: ecco perché urge elettrificare i porti
Il 6% dei gas serra del settore marittimo europeo si verifica durante le operazioni portuali. Ma secondo Transport & Environment, solo una banchina su 5 è dotata di sistemi di alimentazione a terr

I trasporti, si sa, sono uno dei settori più inquinanti a livello ambientale. La parte del leone la fanno, per numeri, le automobili e per consumi le navi che – per la mobilitazione di persone e merci, l’80% delle quali a livello globale viaggia via nave – emettono il 3% annuale dei gas serra in atmosfera, quanto la sola Germania. Ma non solo: le grandi navi inquinano moltissimo anche se stanno ferme. Oggi, infatti, quando i giganti del mare attraccano alla banchina dei porti per scaricare turisti o container continuano a bruciare combustibili fossili e in Europa il 6% delle emissioni di gas serra del settore marittimo europeo si verifica proprio durante le operazioni portuali.
Sei volte di più delle portacontainer alla banchina inquinano le navi da crociera, che trascorrono una maggiore quantità di tempo ormeggiate e in media emettono 5mila tonnellate di CO2. Ci sono anche casi estremi: nel 2023, per esempio, l’Azura – nave da crociera da 3.500 passeggeri di Carnival – ha rilasciato 22.800 tonnellate di anidride carbonica. E non solo. Per produrre elettricità necessari alla vita a bordo i motori ausiliari continuano a girare rilasciando nell’aria ossidi di azoto (NOx), particolati fini (PM10 e PM2.5) e anidride solforosa (SO2): tutte sostanze che aumentano il rischio per chi le respira di sviluppare malattie cardiovascolari e respiratorie. Si calcola che una singola nave da crociera possa emettere, in una giornata ormeggiata in porto, una quantità di ossidi di azoto pari a quella di migliaia di auto.
Il focus sulla questione è opera di Transport & Environment, principale organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti, che ieri ha pubblicato un report sul tema. Da tempo – con una serie di direttive e regolamenti – l’Unione Europea è intervenuta sulla questione con due regolamenti – l’Alternative Fuels Infrastructure Regulation (Afir) e FuelEU Maritime – obbligando le infrastrutture portuali a dotarsi di apposite prese elettriche in grado di alimentare le grandi nave durante le soste. Tecnicamente la tecnologia si chiama Onshore Power Supply (OPS): l’energia elettrica arriva da una cabina elettrica a media o alta tensione, regolata per adattarsi agli standard della nave, e poi trasmessa a bordo attraverso speciali cavi e connessioni. Tutto ciò avviene in modo sincronizzato e sicuro e, almeno in teoria, potrebbe essere alimentato anche da fonti rinnovabili eliminando le emissioni, i fumi e il rumore.
In teoria le norme europee impongono alle banchine di porti più strategici, i cosiddetti TEN-T, di dotarsi della struttura entro il 2030 e le navi passeggeri e portacontainer di adattare la loro struttura per l’alimentazione elettrica da terra. Al momento però risulta che solo il 20% dei 31 principali porti europei – uno su cinque – ha iniziato ad attrezzarsi in questo senso. E solo quattro, tra cui quello di Livorno, hanno già superato la metà dei lavori. I motivi del ritardo sono politici e tecnici ma anche economici: realizzare un impianto OPS può costare decine di milioni di euro e le imbarcazioni non compatibili devono spendere anche un milione per l’adeguamento.
Non è una scusa per Transport & Environment, secondo il quale bisognerebbe accelerare la pratica e addirittura anticipare l’obbligo dell’elettrificazione al 2028 per le navi da crociera, un’operazione che sarebbe tecnicamente possibile e ambientalmente particolarmente. L’ente di monitoraggio chiede anche di estendere l’obbligo di alimentazioni a terra anche alle navi più piccole, che comunque generano un impatto ambientale non trascurabile, e di riservare fondi dedicati per sostenere i porti nell’adeguamento all’interno del meccanismo comunitario per l’infrastruttura per i combustibili alternativi già previsto dal regolamento Afir.
L’altro lato della medaglia è la sostenibilità della transizione elettrica degli ormeggi nel settore marittimo. Se l’energia sarà pagata dalle imbarcazioni, che potranno usufruire di un’esenzione dalle accise fornita grazie alla direttiva europea Energy Taxation, ci si domanda se la rete elettrica locale riuscirà a reggere il sovraccarico di richiesta. Comitati e associazioni locali temono inoltre come effetto collaterale della messa a norma l’aumento dell’accesso nei porti delle navi da crociera che provocherebbero un eccessivo afflusso turistico. A Venezia, per esempio, l’associazione Cittadini per l’aria è intervenuta sul tema: «L’allaccio dei traghetti all’OPS è una misura fondamentale per ridare aria di qualità alle città di porto. I dati di Venezia dove si stanno installando 18 OPS destinati al trasporto passeggeri nonostante le stime di traffico ne richiedano solo due, da un lato dimostrano le potenzialità che le autorità portuali hanno in quando ad elettrificazione, dall’altro destano grande allarme, prefigurando quelle infrastrutture un importante aumento del traffico passeggeri incompatibile con la fragilità della laguna. Venezia sarà protetta o ancora più sfruttata?».
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