Le Dolomiti assediate dai turisti: «Rinunciamo al marchio Unesco»
Il Comitato per la salvaguardia dei passi dolomitici lancia la provocazione: l'immagine da cartolina ci ha rovinato

Code chilometriche per salire in funivia, bivacchi (e rifiuti) ovunque, sosta selvaggia. In certe giornate le Dolomiti hanno un tasso di affollamento che neanche Milano nelle ore di punta. Una pressione che sta diventando insostenibile per località dal delicato equilibrio socio-naturalistico e che sta esasperando a tal punto in residenti, pronti ad azioni eclatanti per attirare l’attenzione su un problema, quello dell’overtourism, che ormai non riguarda più città d’arte come Venezia, ma assedia anche le terre alte. Così, dopo l’ennesima domenica di passione, il presidente del Comitato per la salvaguardia dei passi dolomitici, Osvaldo Finazzer, ha preso carta e penna affidando rabbia ed amarezza ad un durissimo comunicato. Che, in sostanza, dice: per noi, abitanti delle Dolomiti, è meglio rinunciare al riconoscimento Dolomiti Patrimonio Mondiale dell’Unesco ricevuto nel 2009, che è parte del problema del sovraffollamento del territorio, per tornare a vivere serenamente.
«Forse è arrivato il momento di rinunciare al riconoscimento Dolomiti Unesco che ha fatto un danno incredibile nelle Dolomiti, e non solo qui, e tornare al duro lavoro di produrre, offrire e promuovere servizi di qualità come siamo abituati a fare e non cartoline», scrive Finazzer. Che porta a esempio del degrado cui è sottoposta la montagna, il caso del lago di Braies. «L’essere scenario per le riprese di Un passo dal cielo, ha amplificato la notorietà del luogo e i social hanno fatto il resto creando un circuito vizioso – si legge nel documento del Comitato –: la serie televisiva rende famoso un luogo accessibile, i social amplificano, l’eccesso di turismo aumenta la popolarità che ne aumenta “l’overtourism” e alla fine si chiudono gli accessi dando la colpa all’overtourism».
A questo proposito, qualche settimana fa fece scalpore l’iniziativa dei proprietari dei terreni su cui insiste il sentiero per il monte Seceda, in Val Gardena, che posizionarono un tornello chiedendo il pagamento di un ticket alle migliaia di turisti che, ogni giorno, prendono d’assalto la zona. Un’iniziativa provocatoria che, però, ha avuto il merito di illuminare un fenomeno che sta provocando gravi problemi di convivenza tra la massa di turisti e i residenti, esasperati dalla pressione cui sono quotidianamente sottoposti. Anche il Club alpino italiano, pur ribadendo che la frequentazione della montagna deve restare libera e accessibile a tutti, ha richiamato l’attenzione «sulle conseguenze di un turismo di massa senza freni nei territori montani».
E non solo montani, come ricorda sempre Finazzer nel suo appello-provocazione. «Costiera Amalfitana o le Cinque Terre, sono tutti casi similari – ribadisce – territori venduti solo come immagine da cartolina condannati a una notorietà mondiale e ora vittime e prigionieri addirittura con le Ztl, come si sta ipotizzando per le Dolomiti. Forse – riprende Finazzer – è il caso di fare una riflessione: vogliamo vendere l’immagine da cartolina del sito Dolomiti Unesco o vogliamo costruire un’economia turistica di qualità, con servizi di qualità, con un turismo che si ferma nel territorio, che cammini sui sentieri, che conosca l’identità e la cultura dei luoghi? Le due cose, immagine da cartoline e turismo di qualità non possono convivere, vedi Braies, Dolomiti, Costiera Amalfitana o Cinque Terre», conclude Finazzer.
Che già a luglio, come riporta il quotidiano locale Alto Adige, aveva inviato una preoccupata lettera aperta al prefetto di Belluno ed ai commissari di governo di Trento e Bolzano. Oggetto: la Italy 500 Miles che aveva portato «migliaia e migliaia» di motociclette Harley-Davidson a transitare, di notte, sui passi dolomitici, «con marmitte e musica al massimo: un rumore assordante tutta la notte». Secondo Finazzer, i passi dolomitici sono «terra di nessuno», perché «scomodi da controllare per le forze dell’ordine durante il giorno», ma «utili e interessanti solamente per eventi di massa che creano scompiglio». «Condanniamo questo genere di turismo rumoroso e di massa – conclude Finazzer – che non genera conoscenza e rispetto per la natura, non genera un rapporto equilibrato con l’ambiente, non contribuisce all’economia turistica».
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