Le 4.500 famiglie che vivono sospese a Milano, per il blocco dei cantieri
di Redazione
Uno degli effetti dell'inchiesta sull'urbanistica a Milano è lo stop ai progetti che vedono coinvolti migliaia di nuclei familiari. Le voci raccolte in occasione di un sit-in davanti a Palazzo Marino

Un piccolo banchetto davanti a Palazzo Marino, con sopra una torta ai lamponi e una candelina rosa a forma di uno. Una simbologia amara: è passato un anno dal blocco dei cantieri legato all’inchiesta urbanistica milanese. «Siamo qui per chiedere che ci venga data una risposta», spiega Filippo Maria Borsellino, portavoce del Comitato Famiglie Sospese – Vite in attesa. «Chi ha sbagliato è giusto che paghi. Ma per ora stanno pagando solo le famiglie. Non abbiamo certezze sul nostro futuro: i mutui sono attivi, le case ferme, e le promesse si sbriciolano nel tempo». Il Comitato aveva chiesto l’apertura di un tavolo con istituzioni, operatori e imprese per discutere soluzioni concrete, ma – spiegano – «oggi non esistono nemmeno i presupposti minimi di chiarezza e responsabilità». Da parte loro, massima fiducia nella magistratura, «ma serve una tutela concreta per le famiglie coinvolte, che vivono sospese in un limbo fatto di attese, incertezze e sacrifici non riconosciuti».
Borsellino è uno degli acquirenti delle Residenze Lac, tre palazzi in costruzione nel quartiere di Baggio. Il complesso è nato dove prima c’era una fabbrica abbandonata. «Ho capito che era la casa giusta quando ci ho portato la ragazza di cui sono innamorato. Mi ha detto che quel posto le piaceva, che le faceva venire in mente un ricordo d’infanzia in una città tedesca: a me la Germania non è mai piaciuta, ma a lei mi piace da morire». Accanto a lui, Maristella Ghiazza, 68 anni, medico in pensione, ha investito 200mila euro per un trilocale allo Scalo House. «La Procura fa il suo dovere. Ma non può farlo bloccando venti cantieri: noi siamo come quelli mandati in guerra in prima linea». Ha passato la notte preparando un cartellone con due foto: la firma del preliminare e il sequestro del cantiere. L’abito che indossava nel primo scatto è lo stesso di oggi, ma allora era accompagnato da un grande sorriso. Secondo il comitato, sono circa 4.500 le famiglie colpite. C’è chi avrebbe comprato il primo bilocale per lasciare casa dei genitori, chi voleva avvicinarsi al centro per prendersi cura dei propri. Ci sono bambini, anziani, persone con disabilità. Famiglie con storie e fragilità diverse, ma tutte colpite dallo stesso blocco improvviso. E chi, come una giovane coppia con tre figli, aveva lasciato l’affitto per costruire qualcosa di proprio. A presenziare anche Federico Oriana, presidente di Aspesi Unione Immobiliare, che vede una decina delle sue società coinvolte: «Non esiste altra soluzione se non una legge nazionale. La situazione è troppo complessa per essere risolta localmente. Ci sono famiglie fuori casa, altre in immobili abitati ma a rischio di abuso, e chi ha comprato sulla carta e non ha né casa né rimborsi». Oriana chiede di distinguere tra giustizia penale e gestione urbanistica. «La corruzione, se c’è, va perseguita. Ma l’urbanistica è competenza del Comune. Sala avrebbe potuto procedere con un’interpretazione autentica del piano regolatore. Invece ha bloccato tutto. È stato un errore». E aggiunge: «Dietro molte società non ci sono solo multinazionali, ma anche piccoli imprenditori, spesso con famiglie alle spalle. Anche loro sono colpiti. La soluzione è una sola per tutti: una norma nazionale, chiara e definitiva».
Borsellino è uno degli acquirenti delle Residenze Lac, tre palazzi in costruzione nel quartiere di Baggio. Il complesso è nato dove prima c’era una fabbrica abbandonata. «Ho capito che era la casa giusta quando ci ho portato la ragazza di cui sono innamorato. Mi ha detto che quel posto le piaceva, che le faceva venire in mente un ricordo d’infanzia in una città tedesca: a me la Germania non è mai piaciuta, ma a lei mi piace da morire». Accanto a lui, Maristella Ghiazza, 68 anni, medico in pensione, ha investito 200mila euro per un trilocale allo Scalo House. «La Procura fa il suo dovere. Ma non può farlo bloccando venti cantieri: noi siamo come quelli mandati in guerra in prima linea». Ha passato la notte preparando un cartellone con due foto: la firma del preliminare e il sequestro del cantiere. L’abito che indossava nel primo scatto è lo stesso di oggi, ma allora era accompagnato da un grande sorriso. Secondo il comitato, sono circa 4.500 le famiglie colpite. C’è chi avrebbe comprato il primo bilocale per lasciare casa dei genitori, chi voleva avvicinarsi al centro per prendersi cura dei propri. Ci sono bambini, anziani, persone con disabilità. Famiglie con storie e fragilità diverse, ma tutte colpite dallo stesso blocco improvviso. E chi, come una giovane coppia con tre figli, aveva lasciato l’affitto per costruire qualcosa di proprio. A presenziare anche Federico Oriana, presidente di Aspesi Unione Immobiliare, che vede una decina delle sue società coinvolte: «Non esiste altra soluzione se non una legge nazionale. La situazione è troppo complessa per essere risolta localmente. Ci sono famiglie fuori casa, altre in immobili abitati ma a rischio di abuso, e chi ha comprato sulla carta e non ha né casa né rimborsi». Oriana chiede di distinguere tra giustizia penale e gestione urbanistica. «La corruzione, se c’è, va perseguita. Ma l’urbanistica è competenza del Comune. Sala avrebbe potuto procedere con un’interpretazione autentica del piano regolatore. Invece ha bloccato tutto. È stato un errore». E aggiunge: «Dietro molte società non ci sono solo multinazionali, ma anche piccoli imprenditori, spesso con famiglie alle spalle. Anche loro sono colpiti. La soluzione è una sola per tutti: una norma nazionale, chiara e definitiva».
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