L'attivista dalla Flottilla: «Qui per fare la differenza, non reagiremo»

Dario Crippa a poche ore dall'arrivo nella zona dichiarata off limits da Israele: «Paura? Sì. Ma so di essere nel giusto. Spero che prevalga il diritto internazionale»
September 29, 2025
L'attivista dalla Flottilla: «Qui per fare la differenza, non reagiremo»
. | Dario Crippa con una bandiera palestinese
«Mi sento motivato e tranquillo, perché so di essere nel giusto. Altrimenti non sarei qui». Il 14 settembre Dario Crippa, studente universitario di bergamo, 25 anni, si è imbarcato ad Augusta sull’Otaria: destinazione Gaza. Tra poche ore la Flotilla (forse già nella notte, ndr) sarà a 150 miglia dalla costa palestinese, l’inizio della zona dichiarata unilateralmente off limits da Israele.
«Paura? Certo, sarebbe da stolti non averne quando sai che ti troverai di fronte i militari di uno Stato genocida – sottolinea – ma sono consapevole di agire nella legalità: dalle acque internazionali entreremo in quelle di Gaza per motivi umanitari e non violenti. Mi auguro che il diritto internazionale prevalga e che ci siano pressioni dei governi per stabilire il corridoio umanitario che stiamo tentando di aprire».
Tel Aviv la pensa diversamente e prepara un’accoglienza che, visti i precedenti, non sarà tenera. «In ogni caso non reagiremo in alcun modo. Abbiamo studiato quello che è capitato alle spedizioni che prima di noi hanno tentato di arrivare a Gaza e sappiamo bene che durante i blitz israeliani la non violenza aiuta a placare la tensione e ad evitare l’escalation». Rispetto alle “flotille” del passato, però, c’è una sostanziale differenza. «Siamo tanti, più di cinquanta barche con le due turche che si sono aggiunte lunedì – osserva Crippa – e di conseguenza le modalità di intercetto stavolta saranno diverse, più complesse. Sarà difficile abbordarci tutti. Cosa succederà? Gli scenari aperti sono tanti…». Per il momento si va avanti, «con il vento in poppa». Senza ripensamenti, anche se la nostalgia, la sera, morde l’anima. «Ognuno di noi ha la sua vita: io studio neuroscienze ad Amsterdam, altri hanno mogli e figli a casa. Un mio compagno di viaggio ogni sera telefona alla figlia, che gli ha regalato il suo peluche preferito. Ma è giusto essere qui. Non puoi lamentarti di qualcosa e non fare nulla per cambiarla. Vale per Gaza, ma anche per il tuo quartiere: la presenza fa la differenza. A giugno ero al Cairo per la marcia pro palestinesi, adesso sono in mare con tanti altri: tengo il diario di bordo via social, per documentare quello che accadrà».
Da casa i genitori (mamma Marzia è assessore al Comune di Bergamo, del Pd) lo seguono con apprensione, ma soprattutto con orgoglio. «Sono preoccupati, ma mi appoggiano come hanno sempre fatto. Mi hanno insegnato loro a impegnarmi per i valori in cui credo». Idealista? Certamente, ma anche pragmatico. «Non abbiamo raccolto l’appello di Mattarella perché vogliamo che gli aiuti vadano nelle mani giuste. Al confine egiziano ci sono file di camion con aiuti fermi da mesi: se è così semplice consegnarli, perché non li fanno passare? E poi i contatti con il cardinale Pierbattista Pizzaballa sono in corso da un po’, così come con alcune Ong sul posto: vogliamo consegnare direttamente il nostro carico». Riuscirci non sarà semplice. «Ne siamo consapevoli, ma abbiamo già superato due attacchi con i droni e varie interferenze radio. Per impedire le comunicazioni tra di noi hanno persino trasmesso la musica degli Abba. Qualche sera dopo invece hanno proposto Bob Marley…». La tensione è alta, provare a sorridere aiuta a smorzarla. «Una delle cose più divertenti è stata pescare: abbiamo preso un bel calamaro e ci è scappata una spaghettata per tutti». Il buonumore è il miglior compagno di bordo. Almeno finché sarà possibile.

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