La sfida di Firenze sulla cittadinanza: 126 studenti diventano “italiani”

Adottato simbolicamente il modello dello Ius Scholae. La sindaca Funaro: «Questa è solo la prima edizione, manterremo l’iniziativa fino a quando il Parlamento non approverà una riforma della legge
June 10, 2025
La sfida di Firenze sulla cittadinanza: 126 studenti diventano “italiani”
Fotogramma | La sindaca di Firenze Sara Funaro
Domani a Firenze oltre cento ragazzi stranieri diventeranno cittadini italiani. Almeno simbolicamente. Convocati nel prestigioso Salone dei Cinquecento, i giovani non otterranno il passaporto che nell’iconica copertina di pelle bordeaux racchiude diritti e doveri della nostra nazionalità, perché gli stranieri quel documento lo stringono solo al termine di un tortuoso iter burocratico. I ragazzi avranno una cittadinanza onoraria, che non ha valore giuridico ma perlomeno segnala la volontà di una città e di un territorio di includere ben oltre i confini imposti dall’attuale legge nazionale.
Negli scorsi mesi, da Palazzo Vecchio, dopo l’approvazione da parte della Giunta di centrosinistra di una delibera e di un disciplinare, la sindaca Sara Funaro aveva diramato un avviso pubblico per raccogliere le candidature di ragazzi stranieri che studiano sul territorio e ai quali la prima cittadina si è offerta di conferire il titolo simbolico. I requisiti erano pochi e chiari: essere stranieri, residenti a Firenze, minorenni o neodiciottenni, frequentare la scuola italiana da almeno cinque anni e avere completato uno o più cicli scolastici. Uno Ius Scholae fatto e finito, insomma, anche se solo simbolico.
All’appello hanno risposto 126 giovani che frequentano le scuole di ogni ordine e grado e che domani alle ore 15 durante una cerimonia pubblica otterranno moralmente la cittadinanza. «L’iniziativa – racconta Funaro – parte da lontano e dalla conoscenza diretta del contesto in cui viviamo. Anche a Firenze, come succede in molte città, le scuole sono frequentate da tanti ragazzi e ragazze nate in Italia o arrivati da piccolissimi che costituiscono circa il 20% degli studenti totali. Finché sono sui banchi i ragazzi non vedono le differenze; quando crescono però si accorgono che non avere la cittadinanza italiana può creare parecchie difficoltà nel proprio percorso. Per me che vivo la realtà locale e spesso incontro docenti e alunni, questi ragazzi dovrebbero avere la cittadinanza, ovvero gli stessi diritti e doveri degli altri; ma come amministrazione locale, con l’attuale legge 91 del 1992, non possiamo darla. Abbiamo comunque sentito l’esigenza istituzionale e politica di alzare l’attenzione su questo tema e, con i consiglieri comunali e gli assessori, abbiamo pensato al riconoscimento della cittadinanza onoraria agli studenti con background migratorio. Questa è solo la prima edizione ma il disciplinare resterà in vigore sino all’approvazione da parte del Parlamento italiano di una riforma legislativa».
Anche se Funaro personalmente si dichiara favorevole sia allo Ius soli sia allo Ius Scholae, perché «generando differenze non si crea una comunità coesa e integrata ma si rischia di creare cittadini di serie A e di serie B», la scelta di non attribuire genericamente la cittadinanza onoraria bensì di concentrarsi sugli studenti, per la sindaca ha il preciso scopo di «investire sul futuro e sull’educazione civica». Un’idea che, mentre da vent’anni la riforma della legge sulla cittadinanza continua ad arrancare e arenarsi, sembra avere trovato terreno fertile in molte altre località lungo la Penisola.
Contare con precisione quanti Comuni in Italia abbiano adottato una qualche forma di cittadinanza simbolica è difficile. Dal 2010 quando Unicef per prima lanciò la proposta di dare la cittadinanza ai bambini di origine straniera nati in Italia – un’idea apprezzata dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – le amministrazioni che hanno fatto propria l’iniziativa sono diventate centinaia: già a inizio 2013 se ne contavano 170 e superarono quota 300 entro il 2018. Un poco diverso il discorso per lo Ius Scholae onorario, ovvero l’attribuzione della cittadinanza ai bambini che hanno studiato sul proprio territorio secondo il modello fiorentino e che invece è una formulazione più recente. Nel 2015 e 2016 si diffondono i primi provvedimenti comunali che legano la cittadinanza onoraria all’aver completato un intero ciclo scolastico, una teoria che fino a quel momento era stata esplorata solo in ambito accademico. Gli apripista sono stati Modena e il piccolo Malalbergo, in provincia di Bologna, che citano il requisito del ciclo di studi al fatto che i ragazzi di origine straniera – e non necessariamente nati in Italia – ottengano, almeno simbolicamente, la cittadinanza. Il movimento per la cittadinanza onoraria agli alunni stranieri ha preso velocità negli ultimi due anni con l’adesione di capoluoghi di provincia come Empoli e Campobasso ma anche piccoli centri come Casalgrande, Chivasso, Scandicci o i lombardi Pieve Emanuele e Albano Sant’Alessandro. Ultimo della lunga fila degli aderenti, oltre a Firenze, è Bergamo che da poche settimane ha proposto la cittadinanza agli alunni stranieri residenti, che rappresentano il 17% del totale degli studenti.
Tutti sottolineano che il conferimento della cittadinanza onoraria alimenta una maggiore sensibilità sul tema dell’accoglienza, anche perché l’iniziativa è spesso accompagnata da attività di formazione che aiutano i ragazzi a prepararsi al lungo iter burocratico che li aspetta per richiederla. Attenzione, però, a che la misura non ottenga l’effetto opposto e venga strumentalizzata da qualcuno come un placebo più socialmente accettabile e capace di far dimenticare ancora per un po’ l’arretratezza della legge sulla cittadinanza, che– comunque la si pensi – nel contesto multiculturale odierno necessita di una svecchiata.

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