La scelta dei giovani contro la guerra: il Servizio Civile tra obiezione e impegno
Oggi si celebra la Giornata Nazionale dell'istituto universale. L'interesse dei giovani cresce, ma c'è posto circa solo per uno su due degli aspiranti

Non è un esercito, ma le sue fila si ingrossano di giovani, proprio ora, mentre soffiano venti di guerra. Si tratta di una grande rete che attraverso enti e comunità ogni anno ingaggia migliaia di ragazzi e ragazze nell’esperienza del Servizio Civile Universale: un impegno in difesa della propria patria, ma senza armi. Oggi, 15 dicembre, si celebra la Giornata Nazionale del Servizio Civile Universale. La festa è stata istituita nel 2020, sia per commemorare quel 15 dicembre del 1972 in cui il Parlamento – spinto dalla mobilitazione degli obiettori di coscienza rinchiusi nelle carceri militari – approvò la legge che sancì questa alternativa al servizio militare obbligatorio, sia con l’obiettivo di dare il dovuto riconoscimento all’impegno e alla dedizione di tutti i giovani che ancora oggi scelgono la via della nonviolenza: nel 2024 sono stati quasi 70mila, un numero di posti in crescita rispetto ai circa 54mila del 2023. Un dato che assume una portata maggiore se si considera inoltre che i posti disponibili rispondono in realtà all’ambizione di un giovane su due, visto che le domande per il servizio nel 2024 sono state oltre 140mila, anche questo un dato in crescita.
I giovani, insomma, ci sono, ma alla guerra rispondono sempre più con la pace. La Giornata, quest’anno, ha un valore ancora più forte, cadendo in un contesto di conflitti e a pochi giorni dalla richiesta della Cei, nella nota pastorale dal titolo “Educare a una pace disarmata e disarmante”, di introdurre il servizio civile obbligatorio «come momento che accompagna la maturità politica della maggiore età con quella civile e morale». Nel bel mezzo di un dibattito pubblico sempre più polarizzato sul tema della leva militare obbligatoria – nel nostro Paese, così come nel resto dell’Unione Europea – i vescovi insomma ci hanno ricordato che un’altra strada c’è e i giovani vanno incoraggiati a praticarla. Del resto, «l’Italia è all’avanguardia sul Servizio Civile in termini di numeri – spiega ad Avvenire Daniele Taurino, presidente di Ebco/Beoc, Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza –, ma va ricordato che è una delle poche opportunità date ai cittadini di agire i diritti costituzionali di difendere la pace concretamente. Il Servizio va sviluppato dunque sempre di più in chiave di difesa civile e nonviolenta, mentre dovremmo potenziare i corpi civili di pace già sperimentati per creare un vero corpo europeo».
Il Servizio Civile, precisa Taurino, non è solo un momento di passaggio in attesa di un lavoro, né una mera occasione di formazione che, come testimoniano in molti, arricchisce anche personalmente chi la sperimenta, ma è anche un’opportunità concreta di dire “no” alla guerra. All’origine del Servizio, ribadisce, c’è infatti l’esperienza degli obiettori di coscienza di ieri, ma anche di quelli di oggi che «pure nei Paesi in guerra rivendicano il proprio diritto a non uccidere e a non essere uccisi, di dire sì alla vita». Ecco perché «l’obiezione di coscienza è prima di tutto un diritto dei giovani perché sono proprio loro a essere chiamati dai governi a imbracciare le armi e ad andare in guerra». Mentre nel resto d’Europa la posizione dei movimenti giovanili sul tema è sempre più evidente, «basti pensare a tutti quelli che sono scesi in piazza in Germania contro l’ipotesi della leva», in Italia il timore e il rifiuto dei giovani per il coinvolgimento nel conflitto non si vede solo nella scelta del Servizio Civile, ma anche nella consapevolezza maturata: «Per fare un esempio, negli ultimi giorni ho incontrato tanti ragazzi al Peace Village della Sapienza e ormai tutti, rispetto al passato, hanno la consapevolezza che la leva obbligatoria è solo sospesa. Per questo bisogna continuare a essere obiettori».
A ricordare, in vista della celebrazione di oggi, che «la leva obbligatoria non è per nulla abolita, ma semplicemente “sospesa”» è anche Michelangelo Chiurchiù, segretario del Coordinamento Enti di Servizio Civile, in una lettera aperta rivolta agli stessi enti. «Ritengo non si possa tacere davanti alla proposta di alcuni Paesi Europei e, ultimamente dell’Italia, di reintrodurre la leva obbligatoria», commenta: «Nella formazione alle migliaia di giovani, ragazze e ragazzi, che scelgono di svolgere il Servizio Civile nei nostri Enti noi diciamo che la loro scelta è fondata sui principi e i valori della nonviolenza ed è in forte continuità con la scelta dell’obiezione». La proposta concreta e conseguente di Chiurchiù è, dunque, di chiedere a questi ragazzi «di assumersi oggi la responsabilità di firmare una dichiarazione di obiezione di coscienza». La raccolta di firme a cui allude è già in corso nel sito del Movimento Nonviolento: sono 7.471 le dichiarazioni consegnate finora alle istituzioni, Palazzo Chigi e Quirinale, alle quali intanto se ne sono sommate circa altre 2mila raccolte.
Tra coloro che, in vista del 15 dicembre, si sono rivolti agli Enti, c’è poi Giuseppe Pierro, capo del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio Civile Universale, che ricordando come la Giornata costituisca un’occasione privilegiata per rafforzare la presenza pubblica dell’istituto, attraverso una narrazione unitaria, ha chiesto a tutte le realtà sul territorio di «costruire una cornice comunicativa condivisa, che renda visibile l’impatto del Servizio Civile nella vita delle comunità».
Un impatto ricordato infine da Rosario Lerro, presidente di Asc nazionale Aps, la rete associativa dedicata soprattutto alla promozione e gestione del Servizio Civile, il quale sottolinea che «ogni anno migliaia di giovani scelgono di impegnarsi per le proprie comunità. Il loro è un impegno concreto, valore sociale che contribuisce alla costruzione di un futuro diverso, ma anche un’opportunità di formazione civica, educazione alla pace e alla partecipazione».
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