Insieme all'Olimpico, per tifare con la Sla in tribuna

Quattro ragazzi (tre laziali e un romanista) portati da AiSla nella "Quiet room" dello stadio ospiti della Ss Lazio, per vedere la stracittadina della Capitale. Una partita nella partita, em
September 20, 2025
Insieme all'Olimpico, per tifare con la Sla in tribuna
Due di loro indossano la maglietta biancoceleste, un terzo al collo ha la sciarpa sempre della Lazio, il quarto ha messo la maglietta giallorossa e una sciarpa legata al bracciolo della carrozzina. Sorridono, mancano un paio d’ore al derby capitolino e arriviamo insieme fin quasi dentro allo stadio Olimpico. Sono ospiti della Lazio nella “Quiet room”, una stanza (giusto sopra la tribuna stampa) non completamente insonorizzata, ma dove i cori entrano meno prepotentemente e la partita si vede meglio che da qualsiasi altra parte. Sono stati portati a vedere la partita dall’AiSla, l’Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica.
Foto AiSla
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Fa caldo, prima dei cancelli e dell’accoglienza, foto di rito, ma veloci, che non vedono l’ora d’andare. Tre piani d’ascensore nella pancia dello stadio, un paio di minuti per sistemarsi bene davanti alla grande vetrata che dà sul rettangolo verde e ci siamo. Andrea ha 33 anni, il più giovane del gruppetto, è venuto con la sorella da Massa: “Sono felice, sono sicuro mi divertirò, ho visto solo altre due volte la Lazio, ma tanti anni fa e mai il derby”, dice e la sua faccia lo racconta meglio delle parole.
Foto AiSla
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Mezz’ora alla partita, le squadre scendono in campo per il riscaldamento, le curve s’accendono e anche gli occhi di Andrea, di Dino che è 59nne come Giuseppe e di Massimo, 65 anni, seguiti e coccolati da tre accompagnatori della Lazio a loro disposizione dall’inizio alla fine e dai volontari Aisla. Quando arrivano le dodici e mezza, giocatori schierati, cori, qualche fumogeno e le coreografie delle curve li rapiscono. Tutti e quattro spiegano che si divertiranno a prescindere dal risultato, ma resta il dubbio sia più che altro… scaramanzia, sono tifosi veri, roba che quasi si dimenticano novanta minuti della malattia.
Foto AiSla
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La partita non è proprio bella, dopo un quarto d’ora nemmeno un tiro in porta, ma loro sono qui, al derby, hanno già vinto e forse davvero la partita stessa non conta troppo. Manca poco alla fine del primo tempo e la Roma segna, Massimo esulta, gli altri s’incupiscono giusto qualche istante, sono fiduciosi, manca ancora tanto.
La ripresa è decisamente in campo più infiammata, qualche scaramuccia, nervi più tesi e più occasioni da gol, un biancoceleste espulso, un palo della Lazio coi tre che quasi non ci credono e si agitano sulle carrozzine, il pallone era sembrato andare dritto in porta. Poi si chiude così, uno a zero per i giallorossi.
Foto AiSla
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Torniamo verso l’ascensore per scendere e uscire dallo stadio, tutti e quattro (anche Massimo) tengono sulle gambe la busta col regalo che ha fatto loro la Lazio: un cappellino con gli autografi dei giocatori. Appena fuori dai cancelli, altre foto di rito e i saluti, con carezze, degli accompagnatori. Il derby è finito, si torna a casa, sulle loro carrozzine salgono sul piccolo montacarichi per farli rientrare nei furgoni attrezzati e, sì, probabile che sarà il risultato l’unica cosa che dimenticheranno.
Foto AiSla
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