Incubo truffe: in un anno sono stati raggirati 900mila italiani
Finti call center, messaggi WhatsApp e il classico porta a porta: nel 2024 il danno complessivo è stato di 630 milioni di euro. E un truffato su due non denuncia

«Per sbloccare il prestito servono alcune spese di istruttoria e commissioni». È iniziata così la truffa che, di recente, ha colpito un 65enne della provincia di Ancona. Convinto di aver trovato online un finanziamento vantaggioso, l’uomo ha iniziato a ricevere messaggi via WhatsApp dai presunti funzionari della società. Dopo poche conversazioni, i truffatori lo hanno spinto a effettuare ricariche su carte prepagate, con la promessa che sarebbero servite solo per completare la pratica. In meno di un mese, la vittima ha versato oltre 4.000 euro senza mai ricevere un centesimo in prestito. Solo quando ha chiesto chiarimenti alla sua banca ha compreso di essere stato ingannato e ha deciso di denunciare. Un episodio che, purtroppo, non è isolato. Da Nord a Sud casi simili si moltiplicano, segno di un fenomeno che si è ormai radicato, complice la fragilità economica di molte famiglie e la diffusione di canali digitali sempre più sofisticati.
Quasi 900mila vittime in un anno
I numeri parlano chiaro. Secondo un’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research, nel solo 2024 ben 894.000 italiani hanno subito una truffa o un tentativo di frode mentre cercavano un prestito personale. L’impatto economico è enorme: il danno medio stimato è di 740 euro a vittima, ma nel 15,4% dei casi la cifra sottratta ha superato i 900 euro. Sommando tutti gli episodi, il bilancio tocca i 630 milioni di euro.
Quanto ai canali usati dai truffatori, quasi una vittima su due ha avuto a che fare con finti call center (49%), seguiti da false e-mail (36%) e da siti web ingannevoli (28%). Ma le frodi corrono anche via messaggistica istantanea (13%) e persino con il tradizionale porta a porta (10%). A preoccupare, però, è anche il silenzio delle vittime: più della metà (56,4%) non ha denunciato. Molti si sono sentiti ingenui per essere caduti in trappola (35,3%) o temevano di dover ammettere la vicenda davanti a familiari e amici (29,4%).
I segnali da non ignorare
Di fronte a un’offerta di prestito online, ci sono alcuni campanelli d’allarme che non andrebbero mai trascurati. Il primo riguarda l’identità dell’interlocutore: solo mediatori creditizi iscritti all’OAM, l’Organismo degli Agenti e dei Mediatori, possono esercitare regolarmente. Una semplice verifica sul sito dell’organismo può bastare a smascherare chi opera senza autorizzazione.
Un altro elemento rivelatore è la richiesta di denaro anticipato. Nessuna banca seria chiede commissioni o spese prima di erogare il prestito; se qualcuno prova a farlo, è molto probabile che voglia sparire dopo aver incassato. Allo stesso modo, è bene diffidare di chi raccoglie soltanto dati superficiali – come carta d’identità, codice fiscale o IBAN – senza richiedere documenti più completi come buste paga o dichiarazioni fiscali. In quel caso il pericolo non è solo di perdere denaro, ma anche di subire un vero e proprio furto d’identità.
Anche la piattaforma online merita attenzione: un sito sicuro deve presentare il protocollo https, indicare chiaramente sede legale, partita Iva e una casella Pec attiva. La grafica accattivante non è una garanzia, mentre questi dettagli fanno la differenza tra un operatore regolare e un dominio fantasma. Infine, prima di firmare qualsiasi contratto, è fondamentale chiedere e leggere con cura il Modulo Secci, documento obbligatorio per legge che riassume in modo trasparente tassi, condizioni e spese del prestito. È l’unico strumento che consente al consumatore di confrontare l’offerta ricevuta con quella pubblicizzata ed evitare sorprese spiacevoli.
Il caso di Ancona è solo uno dei tanti di cui si ha notizia, ma la maggior parte resta nascosta. La vergogna e la paura impediscono a molte vittime di denunciare, alimentando un circolo vizioso che permette ai truffatori di continuare indisturbati. Informarsi, verificare con calma, leggere con attenzione e non cedere alla fretta sono i primi passi per proteggersi. E, soprattutto, denunciare sempre: perché solo facendo emergere questi inganni si può sperare di arginare un fenomeno che ogni anno prosciuga i risparmi di centinaia di migliaia di famiglie italiane.
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