«Il governo può scegliere i Paesi sicuri ma deve motivarlo»

Secondo l'avvocato generale uno Stato membro può stilare la lista per legge. Purché precisi su quali fonti si è basato. La sentenza a fine maggio
April 9, 2025
«Il governo può scegliere i Paesi sicuri ma deve motivarlo»
Ansa | Il centro di accoglienza per migranti di Shengjin
Uno Stato membro è libero di stabilire quali sono i Paesi di origine "sicuri" ai fini della concessione o meno dello status di protezione internazionale, purché indichi al giudice nazionale quali sono le fonti su cui si è basata questa valutazione. Nelle sue conclusioni, l'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Ue, Richard de la Tour, ha dato parzialmente ragione al governo italiano sulla vicenda dei migranti "parcheggiati" in Albania. Una linea che era stata sposata anche dai legali della Commissione, e che ora potrebbe rappresentare uno spartiacque nella politica migratoria dell'Ue. Sempre che i giudici, a fine maggio, condividano la tesi esposta dall'avvocatura.
De la Tour ha anche sottolineato che uno Stato membro, attribuendo a un paese terzo lo status di paese di origine sicuro, può individuare categorie limitate di persone "che potrebbero essere ivi esposte al rischio di persecuzioni o violazioni gravi". Conformemente alla direttiva 2013/32, gli Stati membri possono dunque accelerare l'esame delle domande di protezione internazionale e condurre la procedura alla frontiera qualora tali domande provengano da cittadini di Paesi che si ritiene offrano una protezione sufficiente. In Italia, la designazione di questi paesi terzi come Paesi di origine sicuri avviene mediante un atto legislativo del 2024.
Il ricorso dei bengalesi - È in tale contesto che due cittadini del Bangladesh, trasferiti in un centro di permanenza temporanea in Albania in applicazione del protocollo firmato dal governo italiano e quello di Tirana, avevano presentato una domanda di protezione internazionale. La loro richiesta è stata esaminata secondo la procedura accelerata alla frontiera dalle autorità italiane, che l'hanno respinta in quanto infondata, poiché il loro paese d'origine era considerato sicuro.
I ricorrenti avevano impugnato la decisione di rigetto dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla Corte di giustizia per chiarire l'applicazione del concetto di Paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Il giudice del rinvio sostiene che, contrariamente al regime precedente, l'atto legislativo del 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del paese. Pertanto, sia il richiedente sia l'autorità giudiziaria sarebbero privati della possibilità di contestare e, rispettivamente, controllare la legittimità di una siffatta presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, l'autorità, l'affidabilità, la pertinenza, l'attualità e l'esaustività di tali fonti.
Nelle sue conclusioni, l'avvocato generale Jean Richard de la Tour conferma che uno Stato membro può designare un paese terzo come paese di origine sicuro mediante un atto legislativo. Tuttavia, il giudice nazionale chiamato a esaminare un ricorso avverso il rigetto di una domanda di protezione internazionale deve disporre, nell'ambito dell'esame sulla legittimità di tale atto, delle fonti di informazione che sono servite da base per tale designazione. L'atto legislativo applica infatti il diritto dell'Unione e deve garantire il rispetto delle garanzie sostanziali e procedurali riconosciute ai richiedenti protezione internazionale dal diritto dell'Unione.
In assenza di divulgazione di tali fonti di informazione da parte del legislatore, l'autorità giudiziaria competente può comunque controllare la legittimità della designazione sulla base di fonti di informazione da essa stessa raccolte tra quelle menzionate nella direttiva, e decidere di conseguenza se il respingimento della domanda di asilo è fondato o meno.
Per quanto riguarda la possibilità di designare un paese terzo come paese di origine sicuro, pur non essendolo di fatto per talune categorie di persone, l'avvocato generale Richard de la Tour ritiene che la direttiva non osti a che uno Stato membro attribuisca tale status. La condizione necessaria tuttavia è che in quel paese, almeno a livello generale, siano rispettati i principi democratici. Andrà però precisato quali categorie limitate di persone possono comunque essere esposte al rischio di persecuzioni o violazioni gravi.
Palla ai giudici - Ora la palla passa ai giudici della Corte di giustizia. L'avvocato ha fornito la sua interpretazione, che tuttavia non vincola i giudici, ovviamente liberi di decidere secondo coscienza e diritto. Nella prassi, però, la conclusione dell'avvocatura ha il suo peso specifico. La sentenza è attesa tra non meno di un mese. Poi toccherà in ogni caso al giudice nazionale risolvere la causa, conformemente alla sentenza della Corte. Tale decisione varrà come precedente vincolante anche per gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposta una questione simile. E' quindi facile capire come la fine di maggio sia una data cruciale per l'intera questione migratoria: la soluzione sarà giuridica, ma le conseguenze saranno politiche.

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