I tribunali per minorenni non saranno cancellati: riforma Cartabia in soffitta
di Luciano Moia
Il Governo ha deciso di posticipare la costituzione del nuovo tribunale unico delle persone e della famiglia. La soddisfazione di magistrati e avvocati: così si salvano i giudici onorari

I tribunali per i minorenni del nostro Paese non saranno cancellati. E non sorgeranno le 140 sezioni circondariali del nuovo Tribunale unico delle persone e della famiglia. Il motivo? Semplice, dopo anni di polemiche e di dibattiti anche molto accesi, il governo ha preso atto che la riforma Cartabia, per quanto riguarda il diritto minorile, non può essere attuata. L’obiettivo di realizzare una riforma così imponente a costo zero era fuori dalla realtà e, d’altra parte, le risorse per dare concretezza alle profonde trasformazioni previste dalla riforma non ci sono. Quindi tutto bloccato.
Secondo quanto comunicato nei giorni scorsi dal senatore Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, nel corso dell’ultima riunione della commissione ministeriale di studio sul Tribunale delle persone, ci sarà una nuova proroga fino al dicembre 2026 – come già avvenuto negli ultimi due anni – ma in autunno sarà presentato un nuovo disegno di legge per confermare l’esistente con qualche piccola variazione. Saranno create sezioni specializzate per non disperdere le competenze attuali – sul modello delle sezioni specializzate lavoro – mentre i giudici onorari esperti nei procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale potranno continuare a seguire gli ascolti delle parti e dei minori su delega motivata dei giudici togati, ma saranno esclusi dalla Camera di consiglio. Tutti aspetti che verranno comunque messi a punto nel dettaglio nel corso di audizioni delle associazioni specialistiche presso Camera e Senato che dovrebbero partire da settembre.
La decisione del governo di mandare in archivio ciò che resta della riforma Cartabia, se chiude da un lato una lunga stagione di tensioni e di proteste – quelle più articolate e motivate sono arrivate dagli stessi magistrati minorili – apre anche una serie di pesanti interrogativi. Perché una parte della riforma in realtà è già in vigore e ha già inciso pesantemente sull’attività dei giudici. La svolta più clamorosa c’è stata il 22 giugno 2022, con l’entrata in vigore del “nuovo” articolo 403. Legge attaccata e vituperata, al centro di attacchi molteplici nei mesi dell’inchiesta Bibbiano perché legittimava l'allontanamento urgente del minore dalla propria famiglia disposto dalla pubblica autorità, senza tuttavia prevedere adeguate garanzie di controllo. Una disattenzione nei confronti dei bambini motivata dal fatto che il legislatore nel 1942, quando cioè questo articolo fu introdotto – riprendendo una legge del 1925 sull’ordine pubblico - riteneva giusto lasciare ampia discrezionalità alle pubbliche autorità e agli enti di protezione dell'infanzia. Scelta giustificabile ottant’anni fa, ma non più oggi. Tanto che all’Italia sono arrivate condanne plurime da parte della Corte europea per i diritti dell’uomo.
La riforma Cartabia ha in parte rimediato. Oggi, per l’applicazione, del “403” c’è una tempistica rigorosa - 24 ore per informare il pubblico ministero che ha poi altre 72 ore per decidere se annullare il provvedimento o chiedere al giudice minorile di confermarlo – e un coinvolgimento immediato dei genitori. Il magistrato verifica le ragioni che hanno indotto l’allontanamento del bambino - se davvero sia moralmente o materialmente abbandonato o si trovi esposto, nel proprio ambiente familiare, a un grave pregiudizio o grave pericolo per la propria incolumità psicofisica – e quindi, entro altre 48 ore, provvede alla nomina del curatore speciale del minore e fissa entro 15 giorni l'udienza di comparizione del minore per l'audizione, dei genitori e del curatore stesso. E se il pm minorile non rispetta questa tempistica stringente? Il provvedimento decade e il piccolo torna in famiglia, con tutti i vantaggi, ma anche tutti i rischi connessi.
Ma, tempistica rigorosa a parte, la riforma si è dimenticata di indicare il modo con cui devono essere allontanati i bambini. In assenza di un protocollo condiviso, in questi anni sono stati numerose le denunce di soprusi e violenze rivolte alle forze dell’ordine, spesso intervenute su indicazione dei servizi sociali, per “prelevare” minori i cui genitori si opponevano con tenacia alla decisione ritenendo l’intervento arbitrario e immotivato. Tanto che anche la garante per l’infanzia e l’adolescenza, Marina Terragni, ha chiesto il mese scorso un incontro urgente al ministro della Famiglia e a quello della Giustizia per arrivare a un protocollo nazionale all’insegna del rispetto e delle modalità soft da osservare in questi casi drammatici che, non dimentichiamo, sono oltre 8mila l’anno, 23 ogni giorno.
Intanto l’applicazione della prima parte della riforma, che prevede un impegno quasi totalizzante dei magistrati e di tutto il personale della giustizia nei procedimenti definiti urgenti – circa il 10 per cento dei casi - ha di fatto paralizzato l’ordinaria amministrazione, che rappresenta quasi il restante 90 per cento. L'introduzione di un unico rito ordinario ed in particolare delle procedure urgenti, da affrontare - come detto - con le stringenti scansioni temporali previste dal nuovo articolo 403 e dall'articolo 473 bis (provvedimenti indifferibili e urgenti), ha di fatto assorbito tutte le forze disponibili. E i casi inevasi si sono accumulati. Oggi sono decine di migliaia in tutta Italia.
La ragione è semplice. Per affrontare i casi urgenti in modo oculato e con la rapidità prevista – si tratta comunque, allontanandolo dalla famiglia, di decidere la sorte di un bambino e di un ragazzo - servono risorse professionali tali da assorbire quasi completamente le scarse disponibilità della maggior parte dei tribunali minorili. Una situazione che va a detrimento degli altri procedimenti civili, in specie quelli sulla responsabilità genitoriale caratterizzati da minore urgenza rispetto agli allontanamenti, ma altrettanto importanti. Stabilire se una madre o un padre hanno ancora il diritto di esercitare la responsabilità genitoriale sui propri figli è evidentemente una decisione che non si può improvvisare e che non si può rimandare a tempo indeterminato. Ora – si chiedono i magistrati – con l’archiviazione della riforma - saranno ampliati gli organici? Non c’è il rischio che dall’andamento lento si passerà alla stagnazione?
Domande a cui si potrà rispondere soltanto dopo aver verificato i termini del disegno di legge annunciato dal sottosegretario Ostellari. Intanto magistrati e avvocati, da tempo schierati contro la riforma, portano a casa un primo, significativo risultato che si traduce, tra l’altro nella “salvezza” dei giudici onorari, simbolo di quella ricchezza multidisciplinare dei nostri tribunali per i minorenni che la riforma voleva ridimensionare.
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