I prefetti: «Investire su percorsi inclusivi»

La premier Meloni si dice «disarmata» di fronte ai rischi degli adolescenti e chiede aiuto ai partiti. Le “voci” dei territori denunciano violenza diffusa, dispersione scolastica e dilagare di droghe
May 14, 2025
I prefetti: «Investire su percorsi inclusivi»
Un gruppo di lavoro sul disagio giovanile. Lo ha annunciato ieri la premier Giorgia Meloni durante il question time alla Camera. «Vorrei coinvolgere in questa iniziativa chi vive in mezzo a questi ragazzi e vorrei chiedere a tutti partiti di aiutarmi e condividere le loro idee e proposte». La premier, parlando «da madre», ha confessato di sentirsi «disarmata, perché non sono certa di comprendere fino in fondo quali siano i rischi che mia figlia corre ». E poi si è detta turbata da «fenomeni molto preoccupanti, l’aumento delle tecnodipendenze, disturbi alimentari, il cyberbullismo, i casi di suicidio». Una realtà complessa e diffusa, cui il governo vorrebbe porre qualche rimedio.
Per mettere a fuoco la questione potrebbe essere utile affidarsi alla lente d’ingrandimento della commissione d’inchiesta sulle periferie, che da un anno e mezzo sta girando l’Italia ponendo domande su un degrado sociale sempre più profondo. Si parte dalla missione più recente, quella del marzo scorso a Milano. Ecco cosa dice Pier Luigi Solazzo, comandante provinciale dei carabinieri: «La criminalità giovanile preoccupa. Preoccupano soprattutto i risvolti relativi alla violenza con cui si manifestano le attività di queste comitive di giovani. Definirle “babygang” darebbe però l’idea di qualcosa di strutturato, ma non è così: sono ragazzi che si aggregano, anche in maniera del tutto estemporanea». L’ufficiale conferma quella che ormai è una vera e propria emergenza nazionale: «Quello che preoccupa un po’ di più è soprattutto l’utilizzo dei coltelli. È un fenomeno che monitoriamo puntualmente. Arrestiamo continuamente ragazzi, giovani, giovanissimi, perché la fascia di età che si rende responsabile di questi reati di strada è questa, soprattutto ragazzi di seconda o anche terza generazione». Coltelli che trasformano in pericoli pubblici i “maranza”, spesso sfruttati dalla criminalità, quella vera, per i suoi traffici. «La criminalità giovanile è utilizzata da organizzazioni criminali: lo registriamo soprattutto nello spaccio al dettaglio, ovviamente. Lo registriamo nei parchi, ci sono anche minorenni » aggiunge Solazzo. Una devianza esplosa in modo drammatico con il caso Ramy (il giovane morto durante un inseguimento dei carabinieri), innescata anche da un modello sociale troppo esclusivo. «La periferia di Milano è molto vicina al centro – rileva il prefetto Claudio Sgaraglia -, quindi c’è questa sensazione da parte dei ragazzi, visto che c’è una disuguaglianza economica molto forte, di una sorta di rancore-rabbia. Da qui, la necessità di inserirli in un percorso di inclusione. Ci stiamo muovendo insieme alla Comunità di Sant’Egidio e all’Università Cattolica, che ha offerto dieci borse di studio ai ragazzi del Corvetto, anche di seconda generazione, in modo tale da favorire un percorso scolastico avanzato».
L’istruzione come strumento di prevenzione, uno schema che andrebbe replicato anche in altre realtà della Penisola. «Sono stato in uno dei comuni della provincia, dove la dispersione scolastica raggiunge i livelli del 60 per certo – denuncia il prefetto di Napoli Claudio Palomba ai parlamentari - Ho parlato con vari presidi: i genitori o non ci sono (perché il padre o la madre sono in galera), o non sono in grado di accompagnare i figli a scuola (o per sostanze stupefacenti o perché ubriachi): questo è il quadro purtroppo in molti comuni del nostro territorio. Caivano è diventata un’operazione emblematica, però purtroppo abbiamo anche altre realtà simili». I problemi, dice il prefetto, investono anche Napoli città. «Il tema del disagio giovanile e della violenza giovanile non è solo in periferia. In alcuni casi, soprattutto nelle zone di movida, vediamo ragazzi che continuano a uscire armati. La norma che prevede la sanzione e la responsabilità genitoriale è stata suggerita anche dai magistrati sul territorio, perché abbiamo avuto moltissimi fenomeni di questo tipo. Però noi stiamo lavorando sull’aspetto preventivo. Cerchiamo di capire perché questi ragazzi non vanno a scuola».
Anche Massimo Mariani, prefetto di Palermo, si sofferma sulle colpe di padri e madri, in uno scenario devastato dal dilagare del consumo di droghe, in particolare di crack, anche tra i giovanissimi. «Le famiglie spesso non svolgono quel ruolo complementare di collaborazione con le strutture scolastiche, che potrebbero contribuire alla crescita dei loro figli. C’è un rapporto secondo me malato nei confronti di tutto ciò che attiene all’autorità in quanto tale, a partire appunto dalla scuola. In questi quartieri abbiamo furti e danneggiamenti a carico degli istituti scolastici, forme di intimidazione e di aggressione nei confronti dei docenti, abbiamo genitori che non accettano certe cose e si rivoltano contro gli stessi docenti. In questo quadro si collocano anche quelle forme di rifiuto delle autorità che si possono tradurre, ad esempio, nelle aggressioni a medici o operatori sanitari negli ospedali». Un’educazione alla violenza che poi sfocia anche in fatti terribili come la strage di Monreale. Servono modelli alternativi, buoni esempi. L’Arma va nelle scuole periferiche perché, spiega il comandante provinciale Luciano Magrini, «serve a far percepire che il carabiniere non è solo una figura che reprime, ma che ti può aiutare. Non è solamente “lo sbirro” che viene a casa a prenderti il padre o il fratello o a fare la perquisizione».
Cinzia Teresa Torraco, prefetto di Genova, allarga lo sguardo alla dimensione virtuale: «Le nuove generazioni hanno un’accresciuta esposizione a media e social, veri e propri agenti socializzanti, ed in questo contesto aumentano le polarizzazioni, i comportamenti devianti, spesso sfociati in fatti illeciti». Anche nel capoluogo ligure è emergenza droga, con «un primo utilizzo che avviene anche in età pediatrica (11-12 anni)». Il questore Silvia Burdese si sofferma sul tema della sicurezza, evidenziando la questione dei tanti minori stranieri non accompagnati, abbandonati a se stessi e «autori di risse, di rapine: possono diventare manovalanza nello spaccio e sicuramente creano un allarme sociale». C’è poi il tema dei quartieri dormitorio sulle colline, dove il mare è un miraggio lontano e i casermoni anni ’70 sembrano carceri. A Begato hanno abbattuto le “Dighe” per far posto a un’edilizia più sostenibile. Un primo passo, cui dovrà però seguire anche una ricostruzione sociale. Altrimenti c’è il rischio che tutto rimanga come prima, e che i giovani restino a guardare.

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