Giancarlo Abete: «Noi dilettanti, serbatoio del sistema valoriale»

Ferrara per tre giorni è la capitale del calcio dilettantistico, con l'evento "Quarto Tempo". Il presidente della Lega Nazionale Dilettanti del calcio: così diamo a tutti l'opportunità di giocare
October 24, 2025
Giancarlo Abete: «Noi dilettanti, serbatoio del sistema valoriale»
Giancarlo Abete / da Linkedin
Dire Abete, è sinonimo di sempre verde. E il nome di Giancarlo Abete, dirigente di lungo corso, classe 1950, è in effetti un evergreen del calcio italiano, universo in cui ha agito a tutto campo, a partire dal 1989. Inizi da capo del Settore Tecnico della Figc, poi della Lega di Serie C, quindi vicepresidente della Federcalcio, di cui assunse la carica di presidente nel settennale che va dal 2007 al 2014. E ora, dal 2021, presiede la Lega Nazionale più popolata del calcio italiano, quella dei Dilettanti, che conta 1 milione e 100mila tesserati (45mila sono le calciatrici) tra dilettanti e settore giovanile. Un movimento animato da 11mila società sportive, 64mila squadre, più di 41mila allenatori e poco meno di 250mila dirigenti. Numeri che incidono per circa 2,8 miliardi di euro sul Pil italiano, il 24% dell’impatto complessivo nazionale. A livello di occupazione del settore, le cifre parlano di un contributo pari al 37%. «Nei dilettanti con il decreto 36 del primo luglio 2023, che ha limitato e abolito il vincolo e attuato contratto di lavoro, abbiamo 45mila contratti autonomi, in tutto il calcio professionistico i contratti sono 8mila», spiega con orgoglio il Presidente della LND che sottolinea: «Il calcio dilettantistico va visto come strumento di crescita sociale, di inclusione e benessere, come sancito anche dall’Art 33 della Costituzione. Quindi a noi, prima di tutto interessa tutelare il “sistema valoriale”». Concetti cardine che il presidente Abete ribadirà ampiamente nella sua relazione finale di “LND Quarto Tempo. L’innovazione del calcio dilettantistico”, la tre giorni di Ferrara capitale del calcio dilettantistico (evento che si è tenuto dal 23 al 25 ottobre).
Presidente Abete, qual è lo spirito di questa seconda edizione di “Quarto tempo”?
«Lo spirito è quello dell’inizio del mio mandato in cui appena arrivato ho creato un dipartimento sociale presente in tutti e 20 i comitati territoriali. Noi siamo il calcio che rappresenta il territorio di 7.896 comuni dove si disputano 580mila partite l’anno. “Quarto Tempo” vuol dire coniugare la componente agonistica e competitiva all’unisono con l’attività sociale che garantisce il calcio e lo sport che è tutelato dall’Art. 33 della Costituzione in cui si parla di benessere psicofisico e di socialità mediante lo sport».
Ma oltre all’aspetto “valoriale” nel calcio moderno prima che la pratica sportiva balza all’occhio lo scenario industriale. Anche nei dilettanti è così?
«Chi investe nel calcio dilettantistico e giovanile sa che il massimo che può ottenere a livello finanziario è perderci il meno possibile. Quando sento parlare del calcio italiano come “industria di Stato”, da imprenditore del settore editoriale mi viene da sorridere. Primo perché per me il calcio è essenzialmente un fenomeno sociale e sportivo e poi se vogliamo scendere sul campo strettamente economicistico allora si sappia che tra le prime 500 aziende italiane non figura neppure una sola società calcistica, neanche quelle quotate in Borsa.  Il gruppo del mio compianto amico Leonardo Del Vecchio, Essilor-Luxottica, fattura 27 miliardi di euro, il calcio italiano come produzione globale, più gli indotti televisivi (1 miliardo di euro), si attesta tra i 10-15 miliardi al massimo».
Il calcio italiano in questo momento storico sembra dibattersi tra la necessità della responsabilità educativa e la corsa ossessiva alla ricerca del talento perduto. Qual è il vostro ruolo?
«Sul versante educativo, dal 1° luglio 2025, davanti a possibili episodi di violenza, e su 580mila partite annue il rischio oggettivo c’è, abbiamo ricevuto l’istituto della giustizia riparativa che prevede un processo di rieducazione a fronte del giovane calciatore a cui viene inferta una squalifica di 8 giornate. Inibire per due anni un ragazzo di 18 anni che ha usato violenza contro un giovane arbitro deve prevedere un programma di rieducazione che non può che avvenire in una sezione Aia, solo lì può comprendere l’errore fatto e confrontarsi con il suo pari età direttore di gara. Sulla ricerca del talento, la LND ha delle strutture dedicate e le stesse rappresentative del Club Italia presenti in tutte le fasce d’età e in tutti i comitati regionali. La selezione e la ricerca sul territorio ha portato a un aumento dei dilettanti che fanno il salto nel professionismo e quindi può anche diventare azzurrabile. Ma rispetto alla Nazionale campione del mondo di Marcello Lippi i numeri si sono invertiti radicalmente: dal 67% dei convocabili di vent’anni fa siamo passati al 33% e il 67% è la quota stranieri che gioca nel nostro campionato di Serie A».
Però la LND è un po’ l’oasi degli stranieri.
«Abbiamo 75mila tesserati che non hanno cittadinanza italiana. E questi spesso vanno a comporre squadre interamente composte da ragazzi africani, sudamericani o altre etnie residenti da tempo in Italia.  La nostra prerogativa è quella di dare l’opportunità di giocare a tutti. Dai bambini fino agli ottantenni, come Lamberto Boranga (classe 1942, che è tornato a fare il portiere alla Trevana, Prima categoria umbra). Tanti miei coetanei praticano una delle nostre discipline tutelate, il Walking Football: il calcio camminato. Sarà anche poco agonistico perché è lento ed evita il contatto, ma posso assicurare che chi ha provato oltre a divertirsi ne ha tratto giovamento per la sua salute psicofisica».
Qui siamo già nel comparto della Lega LND per il sociale.
«Collaboriamo con la Divisione calcio paralimpico e sperimentale della Figc che ormai è presente con tornei e formazioni in tutte e 20 le regioni italiane. In Friuli siamo partiti con il progetto pilota “Futs All”, cioè il Futsal o calcio a 5 che mette in campo nella stessa squadra normodotati e disabili. A Ferrara oltre ai due nuovi progetti sull’educazione stradale e sull’educazione alimentare pensato con la Coldiretti, presenteremo anche i risultati degli eSports, il calcio virtuale che abbiamo introdotto nei luoghi in cui non si fa il “calcio reale” come all’Incontro la Comunità di recupero dalle dipendenze fondata da don Pierino Gelmini ad Amelia, tra i piccoli pazienti oncologici del Gaslini di Genova. Il calcio giocato invece lo abbiamo fatto entrare nelle carceri con il progetto “Palla al piede”: la società del penitenziario di Padova che milita in Terza categoria per anni ha vinto il Premio disciplina e nel Futsal ci aspettiamo lo  stesso risultato anche dalla formazione dei detenuti del carcere di Lanciano».
Questo è il calcio e lo sport che amava papa Francesco, quello degli amateur, quelli che giocano per amore dello sport quindi per diletto.
«È la nostra filosofia e quella che anche cattolicamente ieri seguivo da ex presidente dell’Unione Cristiana Imprenditori e oggi da dirigente sportivo. Papa Francesco lo incontrai da presidente Figc quando lo omaggiammo con la partita Italia-Argentina. Nella chiosa finale del mio discorso nella Sala Clementina ricordai con orgoglio i miei undici anni da studente nel collegio dei Gesuiti e l’importanza storica di un primo Papa gesuita come lui. Papa Francesco mi sorrise e dandomi la benedizione mi disse: “Anche lei ha contratto questo virus”».

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