Fondi a rischio, progetti fermi: perché i "ghetti" sono un caso

Fai-Cisl: meno di 20 milioni sui 200 previsti dal Pnrr per liberare i lavoratori dalle baraccopoli. Flai Cgil: sui braccianti stranieri è un fallimento eclatante. Soltanto 11 i piani approvati sui 37 presentati dai Comuni, escluse le situazioni di maggior emergenza
November 8, 2025
Fondi a rischio, progetti fermi: perché i "ghetti" sono un caso
Risorse a rischio e progetti a rilento. Per liberare gli “schiavi” dai ghetti, la strada resta in salita. La voce dei sindacati agricoli si unisce ormai, da Nord a Sud, per chiedere chiarezza sui fondi stanziati dall’esecutivo al fine di superare gli insediamenti abusivi in cui vivono migliaia di braccianti. L’ultimo grido si è alzato questa mattina da Acerra, alla tavola rotonda organizzata in occasione della 75esima Giornata del Ringraziamento. È toccato alla segretaria nazionale della Fai-Cisl, Raffaella Buonaguro, puntare il dito contro il mancato uso dei 200 milioni stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per gli alloggi dei braccianti. «Servono per liberare i lavoratori dalle baraccopoli, invece sono meno di 20 milioni le risorse finora impegnate su progetti considerati idonei». Il riferimento è ai progetti presentati dai Comuni per mettere in sicurezza le zone interessate dalle baraccopoli dei migranti, garantendo contemporaneamente il diritto alla casa dei lavoratori stranieri, spesso irregolari. Oltre alla Fai-Cisl, nei giorni scorsi, anche Flai Cgil era intervenuta nel dibattito, ricordando che «nel Pnrr erano previsti 200 milioni di euro e la struttura commissariale nominata per la realizzazione di questa misura ha confermato che partiranno solamente 11 progetti, anziché i 37 inizialmente previsti, per un ammontare di poco più del 10% dei finanziamenti stanziati». Per Matteo Bellegoni, capo dipartimento legalità e immigrazione Flai Cgil, «ci troviamo purtroppo di fronte ad un eclatante fallimento che non possiamo accettare».
Ma com’è realmente la situazione, numeri e progetti alla mano? Lo scorso 23 luglio, il commissario straordinario per il superamento dei ghetti, Maurizio Falco, aveva comunicato lo sblocco di 12 progetti, poco meno di un terzo rispetto a quelli presentati, per circa 26 milioni di euro e appena 700 persone coinvolte. Uno dei Comuni coinvolti peraltro aveva poi rinunciato ai finanziamenti perché la comunità locale si era poi detta contraria. Tra i beneficiari c’erano soprattutto i piccoli insediamenti abusivi, da Castel Volturno a Saluzzo. Esclusi invece i “ghetti” della Capitanata pugliese e quello calabrese di San Ferdinando. Il governo, per bocca del ministro del Lavoro, Marina Calderone, aveva fatto sapere in estate che, visto il rischio consistente di non riuscire a spendere entro il termine previsto di giugno 2026 i fondi garantiti dal Pnrr, esisteva un’ipotesi allo studio di utilizzare le risorse come incentivi alle imprese agricole affinché potessero realizzare delle strutture di accoglienza per gli stessi braccianti.
«La struttura commissariale – aveva però spiegato dieci giorni fa il capo dipartimento della Flai – ci aveva illustrato la proposta di dirottare una parte dei fondi del Pnrr non utilizzati a progetti abitativi che avrebbero potuto realizzare i datori di lavoro direttamente in azienda, ma ci è stato comunicato che la Commissione europea ritiene non percorribile questa ipotesi». Per Fai-Cisl, invece, «al tavolo con il governo, siamo riusciti a portare diverse proposte e oggi alcune sono in via di realizzazione, ma un tema cruciale rimane quello dei migranti che diventano irregolari e rimangono sul territorio sfruttati come manodopera. Dobbiamo dare loro strumenti di emersione e regolarizzazione» ha ribadito la segretaria Buonaguro, che ha ricordato Hope, una giovane nigeriana morta nel febbraio 2020 in un rogo a Borgo Mezzanone.

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