Cosa c'è nel bilancio Ue e perché continua a dividere
Von der Leyen ha presentato il piano da 2mila miliardi, ma non ha convinto Commissari (compreso l’italiano Fitto), Stati ed Europarlamento. Nel mirino le modalità di erogazione dei fondi e i tagli

Un bilancio settennale da poco meno di 2.000 miliardi di euro con drastici aumenti in spese per la difesa, per la gestione delle migrazioni, la competitività, ma anche tagli sul fronte di coesione e agricoltura. E soprattutto una profonda riforma che introduce 27 piani nazionali per l’accesso ai fondi Ue sul modello dei Pnrr. È la sostanza della bozza di Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2028-2034 presentato ieri dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che sta già attirando durissime proteste dal Parlamento Europeo e altre istituzioni Ue, da vari Stati membri, da organizzazioni di categoria. L’inizio, insomma, di un difficilissimo percorso in vista dell’approvazione che dovrà avvenire entro fine 2027 all’unanimità degli Stati membri e con la maggioranza assoluta di Strasburgo.
Tensione nel collegiodei commissari
Il piano imposto da Von der Leyen è anche molto controverso tra i commissari, nei giorni passati si è assistito alla levata di scudi (che in parte ha avuto successo) del vicepresidente per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto per la preservazione di un ruolo centrale delle Regioni. Nonché dell’omologa responsabile per il Sociale e l’occupazione, la socialdemocratica rumena Roxana Minzatu, sul fronte della spesa sociale. Il testo, ha detto ieri Fitto, «sarà oggetto di un confronto con il Parlamento e con il Consiglio (gli Stati membri ndr), che certamente migliorerà la nostra proposta». Altri commissari hanno avuto obiezioni su altri aspetti, ad esempio sul fronte delle risorse proprie. Certo è che, raccontano, ieri i commissari hanno ricevuto da Von der Leyen le cifre finali solo cinque minuti prima della riunione del collegio, con non poche irritazioni. Non a caso l’attesa audizione del commissario al Bilancio Piotr Serafin davanti alla Commissione bilancio del Parlamento Europeo ha subito un ritardo di quasi due ore.
Per Von der Leyen inizia un percorso a ostacoli
«Sono duemila miliardi per una nuova era – ha dichiarato Von der Leyen –, un bilancio che corrisponde alle ambizioni dell’Europa, e affronta le sfide dell’Europa, rafforza la nostra indipendenza». Il bilancio proposto, aggiunge, è «più strategico, più flessibile e più trasparente». I circa 2.000 miliardi corrispondono all’1,26% del reddito annuo Ue, mentre quello attuale (2021-2027) vedeva una quota dell’1,13%. In realtà però la cifra complessiva comprende i 168 miliardi di euro necessari a partire dal 2028 per iniziare a ripagare i prestiti comuni Ue per il Recovery. Se si sottraggono questi fondi, si scende a 1,15%. Questo spiega perché sommando i vari capitoli di spesa si arriva in realtà a 1.816 miliardi di euro. Solo aggiungendo i rimborsi per il Recovery si arriva a 1.984 miliardi di euro. Per i due relatori del Parlamento Europeo, il popolare rumeno Siegfried Muresan e la socialdemocratica portoghese Carla Tavares, «si tratta in realtà di un congelamento degli investimenti e della spesa in termini reali». Al contrario, si è già fatta sentire l’Olanda, per la quale è già troppo. La Commissione assicura che i contributi degli Stati membri resteranno «stabili».
Le scelte: meno coesione e agricoltura, più difesa
Guardando alla struttura, la Commissione prevede tre grandi categorie di spesa (ce n’è una quarta, che riguarda le spese amministrative Ue, pari al 6% del totale). La prima, la più cospicua, pari a 865 miliardi di euro, include i 27 nuovi «Piani nazionali e regionali di partenariato» al posto degli attuali 540 capitoli di spesa. Una sorta di Pnrr con condizioni e tappe per accedere ai fondi Ue, che accorpano coesione e agricoltura. Punto, questo, profondamente inviso al Parlamento Europeo, che parla di «rinazionalizzazione del bilancio Ue». Scettici anche molti Stati membri tra cui l’Italia. I fondi agricoli scendono a 300 miliardi di euro dagli attuali 387. Ieri erano a Bruxelles agricoltori infuriati a dimostrare nei pressi della Commissione. Anche i fondi di coesione per le Regioni più povere scendono da 300 miliardi a 218 miliardi. Tanto che la presidente del Comitato delle Regioni Kata Tütto parla di «un piano mostruoso per ingoiare la politica di coesione e spezzarne la spina dorsale nazionalizzando e centralizzando». I piani nazionali includono anche la gestione della migrazione, per la quale le risorse vengono triplicate per arrivare a 34 miliardi di euro. La Commissione inoltre propone un fondo CatalystEU da 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri che vogliano investire di più negli obiettivi Ue. La seconda categoria riguarda la competitività (per un totale di 589,6 miliardi di euro). Qui è prevista la creazione di un Fondo per la competitività di 410 miliardi di euro. Che include un elemento importante: 131 miliardi sono destinati alla difesa, quintuplicando le attuali risorse in materia. Previsto anche, nel quadro dei fondi per la Facility Connecting Europe (trasporti ed energia), 17 miliardi per la mobilità militare, oltre dieci volte gli attuali 1,5 miliardi euro. Ci sono inoltre 400 miliardi (in parte però con prestiti) per situazioni di crisi. La terza categoria riguarda GlobalEurope (215,2 miliardi di euro) per il programma Global Gateway destinato a Paesi terzi in via di sviluppo, aiuti umanitari, partenariati strategici e allargamento.
Sigarette e “patrimoniale” sulle big company
C’è infine, la spinosa questione delle risorse proprie, e cioè le fonti di finanziamento del bilancio. A quelle attuali (dazi, Iva, imposte sulla tassa sulla plastica non riciclata più ovviamente i contributi nazionali) la Commissione propone di aggiungerne altre cinque: incassi dagli scambi di quote di emissione (Ets), per 9,6 miliardi l’anno; gettito dal «dazio climatico» (Cbam) sui prodotti da Paesi terzi inquinanti (1,4 miliardi l’anno); imposte su rifiuti elettronici non raccolti (15 miliardi l’anno); un’accisa extra per sigarette e prodotti del tabacco (11,2 miliardi l’anno); e infine un pagamento forfettario per le società con oltre 100 milioni di euro l’anno di fatturato (6,8 miliardi di euro l’anno). Complessivamente, sarebbero oltre 300 miliardi per l’intero settennato. Molti Stati membri sono contrari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






