La cucina italiana ha il “bollino” dell'Unesco

Arriva il riconoscimento della tradizione culinaria italiana come "patrimonio culturale immateriale" dell'umanità. Può dare una spinta al made in Italy. Ma con cautela
December 10, 2025
La cucina italiana ha il “bollino” dell'Unesco
Dal Prosecco superiore di Valdobbiadene ai pizzaioli napoletani. La cucina italiana, da Nord a Sud, è intessuta di ricette, prodotti e saperi che non sono solo una dote culturale. Ma anche, e forse soprattutto, economica. Coldiretti stima in 707 miliardi di euro il valore della filiera agroalimentare allargata mentre l’istituto Ismea calcola che è l’Italia a detenere il record di prodotti Dop, Igp e Stg (Specialità tradizionali garantite) in Europa: 331 marchi che valgono da soli 9,64 miliardi di euro alla produzione.
Stamani questa eredità è stata riconosciuta come patrimonio culturale immateriale da parte di Unesco, che ha espresso il suo parere positivo a Nuova Delhi con il voto della maggioranza dei delegati di 24 Stati riuniti in India. «La comunità internazionale sostiene in questo modo che la cucina italiana è cultura. Una cultura che è coacervo di patrimoni culinari diversi: quello arabo, normanno, francese, spagnolo e persino americano». Così commenta il riconoscimento alla cucina italiana il professor Pier Luigi Petrillo, direttore dell’università Unitelma Sapienza di Roma e professore di Cultural heritage and food alla università Luiss, che ha redatto il dossier presentato dal ministero della Cultura per la candidatura all’agenzia Onu. Ma il docente mette in guardia da un eccessivo ottimismo sull’impatto economico del marchio Onu: «È molto difficile ad oggi poter quantificare l’effetto del riconoscimento Unesco sulla filiera agroalimentare, anche perché i prodotti italiani non hanno bisogno dell’Onu per essere attrattivi»..
Un giovane pizzaiolo: la pizza è uno dei cibi italiani più apprezzati nel mondo
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Quasi ovunque in Italia, in realtà, l’approvazione Unesco ha già prodotto un impatto economico positivo: l’isola siciliana di Pantelleria, ad esempio, dall’entrata nel 2014 tra i patrimoni culturali per la coltivazione della vite ad alberello, ha fatto registrare un +9,7% di turismo ogni anno, un +75% di turismo fuori stagione e un +500% della forza lavoro nell’agriturismo negli ultimi dieci anni. Lo stesso è successo a Napoli, dove dall’arrivo del marchio Onu all’arte dei “pizzaiuoli” i corsi professionali sono cresciuti del 283% e le scuole accreditate, tutte all’estero, del 420%. Per le colline del Prosecco superiore di Conegliano e Valdobbiadene, riconosciute dall’Unesco nel 2019, la crescita è stata del 45,4% nelle strutture turistiche. A monitorare la crescita economica dei patrimoni Unesco italiani è lo studio “Impatto economico dei riconoscimenti Unesco”, avviato nel 2023 dalla cattedra Unesco dell’università Unitelma Sapienza di Roma, diretta dallo stesso Petrillo. Ma stavolta, secondo il docente, si tratta di un riconoscimento diverso: «Non è stato insignito un singolo prodotto o un’arte, ma un’intera cultura alimentare che, nei decenni, si è comportata come una spugna imbevuta di numerose altre tradizioni». Non per questo, però, il marchio Onu non sarà in grado di generare un positivo «effetto a cascata sui ristoranti italiani, in Italia e all’estero», chiosa il professore.
Del resto, i luoghi riconosciuti dall’Onu oggi sono molto più attrattivi dei siti non Unesco, come misura la stessa ricerca Unitelma. Nel biennio 2023-24, i siti culturali non Unesco hanno fatto registrare mediamente una riduzione del 3,26% di arrivi contro un aumento del 7,39% di quelli Unesco. Anche tra le presenze, la distanza è grande: +2,5% nei siti privi di riconoscimento e +14,9% nei siti Unesco.
Una donna prepara gli spaghetti alla chitarra, una delle eccellenze alimentari italiane
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Ma per quanto riguarda la filiera alimentare, secondo gli esperti, il marchio delle Nazioni unite «non produce effetti da solo»: «È un’occasione di aggregazione culturale da non sprecare – commenta Mauro Rosati, direttore  Fondazione Qualivita  per la valorizzazione dei prodotti Dop e Igp – ma serve una strategia coordinata tra Governo, Regioni e altri Enti. Dobbiamo progettare azioni di lungo periodo, educando i giovani all’agroalimentare e riavvicinandoli a consumare i prodotti italiani».
Il modello, per il direttore di Qualivita, è la cucina francese, già insignita dello stesso riconoscimento nel 2010: «Hanno sviluppato una campagna lunga due o tre anni in grado di individuare i propri obiettivi in Paesi esteri, attirati dai loro prodotti nazionali. Anche noi non dovremmo far cadere questo riconoscimento nel vuoto». A queste condizioni, la filiera agroalimentare italiana potrà resistere anche alla minaccia dei dazi: «La nostra cucina – ragiona Rosati – è assolutamente in grado di superare le resistenze delle tariffe doganali, che negli ultimi 8 anni sono state 55mila. Ma serve una comunicazione che vada oltre la celebrazione dell’Italia».
Nelle intenzioni dei promotori della candidatura, però, il riconoscimento Unesco è anche l’occasione per accendere una luce sulla condizione delle persone che vivono in condizioni di povertà alimentare, circa il 10% della popolazione italiana. «Cittadini che trovano sostegno nelle cucine popolari – commenta Andrea Segrè , presidente di Casa Artusi e ordinario di Economia circolare all’università di Bologna –. L’Unesco dimostra che la cucina italiana non è un monumento da contemplare, ma un gesto sociale che si rinnova ogni giorno perché incarna uno dei valori più profondi del nostro patrimonio: non sprecare».
I commenti dei politici
«La cucina italiana è il nostro ambasciatore più formidabile. Accompagna il turismo, arricchisce l'offerta culturale italiana e annuncia in tutto il mondo il desiderio di essere presente nei tanti luoghi e tra le persone che rendono l'Italia una comunità. E oggi voglio ringraziare tutti gli italiani nel mondo, perché è anche un'opportunità per loro». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio in occasione della riunione del comitato Unesco in corso in India sull'iscrizione di beni non tangibili patrimonio dell'umanità, che ha visto il riconoscimento della cucina italiana.
«La cucina italiana è patrimonio dell’umanità. Oggi l’Italia ha vinto ed è una festa che appartiene a tutti perché parla delle nostre radici, della nostra creatività e della nostra capacità di trasformare la tradizione in valore universale». Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida. «Questo riconoscimento celebra la forza della nostra cultura che è identità nazionale, orgoglio e visione - prosegue Lollobrigida -. La cucina Italiana è il racconto di tutti noi, di un popolo che ha custodito i propri saperi e li ha trasformati in eccellenza, generazione dopo generazione. È la festa delle famiglie che tramandano sapori antichi, degli agricoltori che custodiscono la terra, dei produttori che lavorano con passione, dei ristoratori che portano nel mondo il valore autentico dell’Italia. A loro e a chi ha lavorato con dedizione a questa candidatura va il mio più profondo ringraziamento. Questo riconoscimento è motivo di orgoglio ma anche di consapevolezza dell’ulteriore valorizzazione di cui godranno i nostri prodotti, i nostri territori, le nostre filiere. Sarà anche uno strumento in più per contrastare chi cerca di approfittare del valore che tutto il mondo riconosce al made in Italy e rappresenterà nuove opportunità per creare posti di lavoro, ricchezza sui territori e proseguire nel solco di questa tradizione che l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell’Umanità».
«Esprimo la più profonda soddisfazione per il raggiungimento di un obiettivo storico: la cucina italiana è stata insignita del titolo di patrimonio Immateriale dell'Umanità dall'Unesco». Lo ha dichiarato la ministra del Turismo Daniela Santanchè. «Si tratta, infatti, del riconoscimento mondiale di un modello culturale che è parte integrante della nostra identità nazionale e, allo stesso tempo, un asset strategico di grande rilevanza per il tessuto economico italiano. Il successo delle nostre eccellenze culinarie risiede in un apparato vincente e inossidabile in cui tutti gli elementi operano in sinergia. Il suo cuore è la convivialità e il valore sociale, che lega famiglie e comunità e che si unisce indissolubilmente alla ricchezza dei nostri territori, promuovendo la tutela dei prodotti locali», ha concluso la ministra.

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